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Musica consolatrice

Da Paolo Statuti

La musa Polimnia

La musa Polimnia

 

   Jerzy Waldorff-Preyss (1910-1999) (v. nel mio blog il suo testo “Arturo Toscanini”) termina il suo libro “Ósme sekrety Polihymnii” (Gli ottavi segreti di Polimnia) con un capitoletto intitolato “Musica consolatrice”. Lo propongo nella mia traduzione ai lettori del mio blog amanti della musica.

 

   Musica consolatrice

   Prima di terminare questo libro, dobbiamo porci una domanda molto importante: possiamo dire di sapere già tutto sulla musica? Oh no! Essa è come un oceano, sul quale la nave della nostra conoscenza è appena una minuscola barchetta tra le onde che scorrono attraverso i secoli. Ho voluto soltanto costruire per voi una barchetta sufficiente a farvi entrare nel più bello degli oceani. Ora continuate a navigare da soli.

   La navigazione non è una cosa semplice. Essa richiede cuore e coraggio per far fronte ai venti e superare notti angosciose, prima che all’alba appaiano all’orizzonte isole di una nuova smagliante bellezza. Per questo vorrei ancora mettere nelle vostre mani una bussola, affinché non andiate alla deriva e non vi scoraggiate.

   Cosa era e cosa è la musica? Come orientarsi tra i suoi molteplici tesori? Cosa aspettarsi da essa?

   Quando si concluse il medioevo e l’umanità stanca di severi precetti cominciò  a cercare altre strade verso il futuro – gli artisti e i filosofi risalirono agli antichi modelli. Rinacquero il pensiero e la bellezza dell’antichità. L’uomo e i suoi problemi tornarono in primo piano, e si avvertì la necessità di trasformare “i cupi fanatici del medioevo” in illuminati rappresentanti dell’umanesimo. La fase intermedia doveva essere la moderazione dei costumi – una nuova estetica, nuovi canti e danze. Dunque la musica durante il rinascimento svolse il ruolo di arte moderatrice e nobilitante i costumi..

   Spostiamoci nel tempo e nello spazio. Siamo due secoli dopo, in Germania.

   Non subito l’umanesimo doveva dare gli attesi risultati; il progresso incontra strade spinose. Intanto l’Europa è spietatamente distrutta dalla guerra dei trent’anni. La popolazione della Germania è ridotta a un terzo, regnano le malattie e la fame, quando nella piccola città di Eisenach nasce nel 1685 Jan Sebastian Bach. Trascorse una giovinezza difficile e anche i suoi futuri contatti coi protettori non andarono sempre per il meglio. Quando richiese con troppa insistenza il suo compenso al principe di Weimar, quest’ultimo ordinò…di rinchiuderlo nella segreta. Nel 1746 Federico il Grande di Prussia pubblicò la sua opera “Regole per condurre le guerre”. Una delle sue principali tesi diceva: “Il soldato dovrebbe temere più il suo ufficiale che il nemico”.

   Bach agli inizi della sua vita fu testimone delle terribili conseguenze delle guerre dinastiche asburgiche, mentre alla fine dei suoi giorni poté osservare il nascente imperialismo prussiano. Eventi che non inducevano certo all’ottimismo. Eppure la musica di Bach splendeva di serena e salda fede nell’uomo e nella vittoria della bellezza e del bene sulla bruttezza e sul male.

   Proseguiamo. Bach è già scomparso da mezzo secolo, quando in Francia scoppia la rivoluzione. Il re abdica, il potere – almeno così sembra agli osservatori del tempo – è nelle mani del popolo. In una città francese di provincia uno sconosciuto ufficiale – Rouget de Lisle – sulla scia dell’entusiamo scrive l’unico capolavoro musicale della sua vita – la “Marsigliese”. Questo inno sarà da allora per molti anni il simbolo delle lotte per la libertà, in grado di trascinare le masse alle azioni più eroiche.

   Ma la fede dei rivoluzionari francesi in una imminente era di perfezionamento dell’uomo, doveva deludere allo stesso modo in cui un tempo aveva deluso gli umanisti. Erede della rivuluzione non fu il popolo, ma la borghesia. Essa prese il potere, si scelse il suo re ed egli lanciò il motto: “arricchitevi!”. Seguirono decenni, per i quali l’unico valore diventò il denaro. L’epopea di quei tempi è descritta nella “Commedia umana” di Balzak. Spietati borghesi si scagliavano gli uni contro gli altri, lottando per cariche, prestigio e rendite. I figli avvelenavano i genitori, per avere prima l’eredità. Amore e fedeltà furono messi da parte, con l’oro si comprava e si vendeva tutto.

   Da quei giorni si levò tuttavia una voce più forte dell’ululato di quelli che correvano dietro alla prosperità: la musica di Beethoven. Un bisbetico accigliato ricordava che le lotte dello spirito sono più importanti delle quotazioni in borsa, che lo sviluppo dell’umanità si realizza attraverso la ricerca di nuovi ideali, e non della ricchezza.

   La Polonia era in una situazione particolare. Per più di un secolo era esistita la nazione, ma non lo stato. Divisi in tre parti, vanamente lottavamo per l’unificazione e l’indipendenza. I migliori figli della Polonia finivano in Siberia, riempivano le prigioni degli Asburgo e degli Hohenzollern, e i diplomatici dei tre invasori assicuravano il mondo che in Polonia regnava il silenzio e la calma. Una calma assoluta, dopo la liquidazione delle insurrezioni, un silenzio quasi mortale, se non fosse stato rotto dalla musica. Le polacche e le mazurche di Chopin lottavano senza sosta per l’indipendena polacca.

   Oggi alcuni sono propensi ad affermare che la musica ha fatto il suo tempo e che è formalmente finita. Che non troverà una nuova lingua per parlare alla gente dei nostri tempi. E’ un’affermazione ingenua, come se qualcuno si ostinasse a dire che la donna moderna non può provare e suscitare amore, perché ha smesso di indossare gli abiti con la strascico.

   La musica doveva mutare il suo linguaggio, ogni epoca infatti ha un suo nuovo modo di esprimersi nell’arte. Ma l’influenza della musica sui cuori umani resterà immutata, finché anche un solo cuore umano batterà sulla Terra.

   Separandomi da voi, cari lettori, vorrei trovare un qualche appellativo per la musica, affinché essa vi resti familiare. Il riformatore sociale e religioso tedesco Martin Lutero, la chiamò “musica consolatrice”.

   Penso che, qualunque sia la vostra sorte, sia essa segnata dai successi o dalle sconfitte, sia che siate circondati dagli amici o siate soli, che stiate lottando o riposando, l’avrete sempre al vostro fianco, fedele e immutabile compagna della vita – la musica consolatrice.

   E per congedarci lasciamo ancora per un attimo la parola a Konstanty Ildefons Gałczyński:

 

Stringiamoci alla musica,

la musica è il nostro festino,

amiamo le trombe e gli archi,

l’oboe, il cembalo e il clarino.

 

C’è in casa un candeliere

con una scarlatta candela:

essa serve per i concerti,

al suono essa la luce lega.

 

La gioia come seria danza

scorre intorno pian piano.

E la candela illumina

il volto di Jan Sebastiano.

 

(C) by Paolo Statuti



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