Magazine Palcoscenico
«La grande differenza è nella scrittura. Più che distinguere musica classica e pop, bisognerebbe dividere la musica in scritta e non scritta. Il sistema notazionale non esiste da sempre ma è vero che mediamente chi fa musica colta la scrive e chi fa musica pop, no. I musicisti rock (anche quelli che sanno leggere la musica) compongono mettendo insieme i suoni in modo “primitivo”, come si faceva cioè prima della scrittura, un modo quasi originario e genuino. Io vivo nel mondo della musica scritta, dove si realizza un pezzo in modo molto più controllato e complesso. I vantaggi sono che ogni volta il pezzo si può ricreare. Ma non tutti si ricordano una cosa, che prima di Schönberg la finestra della sala da concerto era aperta e comunicava con la strada. Per secoli cioè la canzone popolare è entrata nella composizione accademica. Questa finestra è stata chiusa proprio all’inizio del ‘900, perciò di lì a poco è nata la musica pop e oggi la musica scritta e quella non scritta sembrano non avere relazione. La divisione tra musica seria e non seria invece non ha senso». Da: Radiohead versione Reich, Steve Reich intervistato da Federico Capitoni (L’Espresso, N. 35 anno LX, 4 settembre 2014, p. 79).