Ciò che c’è di più intenso e vero, nell’universo musicale, è la sorpresa del nuovo, di un “nuovo” così vicino a noi per sentimenti, sensazioni, emozioni; ma a volte questo “nuovo”, non è poi così esclusivo o “appena sfornato” come, a senso, si potrebbe pensare.
Il viaggio di oggi, seppur brevemente, ci porterà attraverso i sentieri della storia, accavallatisi con quelli della musica e del sentimento popolare. Non intercorre molta differenza tra il blues del Mississippi e il cubano “Son”: come per il “cugino” statunitense veniva portato avanti con passione ed ardore da schiavi cubani, aventi nel sangue il ritmo della Rumba africana, tramandata loro dagli antenati deportati sull’isola dal continente nero. El Son Cubano. Una mescolanza tra la tradizione musicale dei colonizzatori europei ed i ritmi degli schiavi africani.
Sensuale, accattivante, ed accanitamente popolare, trovò la sua origine già nella seconda metà del XIX secolo; ma il principale picco di apprezzamento si poté riscontrare solo negli anni a cavallo tra i ’20 ed i ’30 del XX secolo. Con le varie trasformazioni sociali (boom turistico, importazione di altri generi musicali ecc) fiorite a Cuba a cavallo degli anni ’40 e ’50, per quanto “genere generatore” delle più apprezzate correnti musicali caraibiche (salsa tra tutte), “El Son de Cuba” andò gradualmente dissolvendosi per interesse, tanto da ritrovarsi accantonato e quasi dimenticato, almeno fino alla fine degli anni ’90: la nascita del “progetto” <> fece sì che questo genere tornasse alla ribalta internazionale.
Piccolo excursus: Il “Buena Vista Social Club” era un locale dell’Avana, aperto nel 1932, punto di ritrovo per lavoratori umili e schiavi dell’agricoltura; un locale per neri, soprattutto durante la dittatura di Fulgencio Batista. Con la rivoluzione cubana (’53/’59) e la liberazione dalla dittatura “batistiana” ad opera di Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara, i sentimenti contrastanti del popolo vollero che ci si disfacesse di tutto ciò che avrebbe ricordato il passato buio e di degrado degli anni precedenti. Fu così che il BVSC, locale musicale storico della Cuba povera, nonché simbolo del popolo e della sua musica, chiuse i battenti, e con esso, in modo simbolico, finì nel cassetto dei ricordi anche il genere del Son.
Ma immaginereste mai della musica spoglia di emozioni e sensazioni “basse”, per così dire, povere, comuni? Della musica fredda, senza quel tocco di immaginario popolare, senza quella foglia di semplicità a condire un brano che più di altri possiamo sentir nostro? Il bello sta proprio in questo, nella riscoperta di qualcosa che esiste, che è, ma che da qualcos’altro era stato portato lontano dalla nostra memoria. Un “nuovo” insito in noi. Un “nuovo” non poi così nuovo.
Alla fine degli anni ’90 il produttore discografico internazionale britannico Nick Gold, con la collaborazione del noto chitarrista californiano Ry Cooder, rimise insieme dei membri storici di gruppi di Son cubano, dei musicisti molto attempati, ma che, gioco del destino, avevano conservato intatte tutte le capacità esecutive musicali, quasi fosser stati preservati così lucidi e consapevoli proprio per prender parte al progetto “buena vista social club”. Compay Segundo (1907/2003) ne è un esempio. Il progetto fu rapidamente preso di mira dal regista e produttore cinematografico Wim Wenders, che decise di farne un documentario: in pochissimo tempo avrebbe fatto del gruppo “Afro-Cuban All Stars “ un fenomeno internazionale. Da questa grande reunion, avvenuta dopo anni di buio, ne è nato un album (Buena vista social club), ed un film (omonimo).
Propongo qui di seguito il brano “Chan Chan”, narrante la storia di Juanica e Chan Chan, personaggi dell’immaginario popolare cubano, a modello di una coppia di giovani che si ama e bisticcia, intenta a setacciare la sabbia in riva al mare per trarne materiali per la loro povera casa. Non vi fa pensare un po’ a noi tutti il fatto che Chan Chan sia infastidito da come Juanica, la sua amata, agiti sensualmente il setaccio in presenza d’altri?… Storie di tutti i giorni, piacevolmente intrise di emozioni ricorrenti e mai scontate, di emozioni che tutti conoscono o hanno conosciuto, emozioni cosi semplici e modeste ma senza le quali niente avrebbe un senso. E sembra di sentire gli odori, ed i sapori, e le sensazioni di quella meravigliosa Cuba popolare, immersa nell’umiltà e nella spontaneità che dovrebbe sempre caratterizzarci.
“…Cuando Juanica y Chan Chan en el Mar cernian arena, como sacudìa el ‘jibe’ a Chan Chan le daba pena…”
Buon ascolto.
(Mattia ZoSo D.)