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Musicoterapia e scuola: un lavoro di integrazione

Da Rossellagrenci
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MUSICOTERAPIA E SCUOLA: UN LAVORO DI INTEGRAZIONE

Oggi lascio la parola ad un carissima amica, Elisabetta Albanesi, alla quale ho chiesto di raccontare qualcosa della sua esperienza di musicoterapeuta nelle scuole. A lei la parola:

Proprio perché non sono un’insegnante o un educatore il mio intervento con le scuole è senz’altro un intervento inusuale. Ci si chiederà come mai si parli di terapia a scuola, che per sua definizione è il luogo dell’educazione. Rispondo con la motivazione che ritengo più accattivante: anche questo è il significato della parola INTEGRAZIONE. Intendo parlare dell’integrazione interdisciplinare.

Sono differenti le persone che si occupano dei bambini, differenti le figure professionali e proprio per questo dentro il mio laboratorio incontro insegnanti curriculari, insegnanti di sostegno, educatori e soprattutto i BAMBINI, che a loro volta sono fra loro differenti. Inoltre nell’arco della settimana si susseguono differenti gruppi: ognuno con una propria storia.

Fra tutte queste differenti persone coinvolte che lavorano in sinergia avviene qualcosa di molto simile alla sinfonia (per dirla con termini musicali) eseguita senza il contrabbasso, il flauto o il pianoforte ma con la stessa suddivisione delle parti il cui risultato è espressione di armonia. Per esempio: invito spesso gli insegnanti a riprendere il senso del lavoro, da me avviato nel laboratorio, anche in classe. Ma non ripetendo l’esperienza alla stregua di un’esercitazione, ma traducendolo con il proprio linguaggio e trasferendolo quindi nella propria disciplina di insegnamento: se per esempio dal lavoro è nata la riflessione sul concetto di sequenza musicale perché noto un bambino manifestare difficoltà legate al concetto di tempo e spazio, gli insegnanti potranno collegarlo al programma di storia, o alla successione delle fasi di un problema di matematica, o ancora alla struttura di un testo narrativo. E’ questo il senso di sinfonia altrimenti suoneremmo tutti insieme all’unisono e la “nostra orchestra” suonerebbe in modo piuttosto monotono e poco produttivo.

Ecco perché normalmente parlo di integrazione delle differenze: differenti professioni, differenti persone, differenti esigenze.

E’ molto lontano nel mio modo di lavorare il pensiero che l’integrazione debba muoversi attorno al bambino disabile! Non è quel bambino che deve essere integrato nella classe, ma è la classe stessa non integra senza di lui, se quel bambino non può partecipare! Credo inoltre che gli insegnanti curricolari e l’insegnante di sostegno dovrebbero formare una vera e propria équipe di educatori che si confronta in solido con la classe intera, nella quale viene compreso ogni bambino, a prescindere dalle sue difficoltà.

Poichè la musicoterapia offre la possibilità di utilizzare un linguaggio facilitante perché non verbale, anche i bambini più svantaggiati sotto il profilo cognitivo hanno la possibilità di partecipare allo stesso modo degli altri. Quindi spariscono le differenti capacità ed emergono le differenti persone.

Il ruolo del gruppo-classe nell’integrazione

Mi capita a volte che mi si presentino diverse problematiche: nel gruppo-classe c’è una difficoltà segnalata, di cui mi è stato già detto tutto, ma ce ne sono altre non dichiarate.

Succede spesso che ci siano bambini con una grave patologia ma con un alto livello di comprensione e integrazione e, al contrario, altri senza problemi apparenti, ma capaci di compromettere l’equilibrio del gruppo, data la loro aggressività o il loro spiccato egocentrismo. E allora, piuttosto che sostenere il bambino disabile, è necessario partire dal gruppo per preparare lo sfondo su cui costruire la nostra storia.

Infatti sono convinta che il gruppo sia un forte fattore trainante (è quindi necessario che sia collaborativo) e che il lavoro gruppale sia facilitante per tutti. Dentro il gruppo c’è la possibilità di sperimentare rapporti positivi con i compagni e questo non può che favorire il delicato sviluppo della personalità del bambino.

L’intervento di musicoterapia in ambito scolastico ha un’altra caratteristica che va oltre l’intervento stesso: è anche una sorta di osservatorio per gli insegnanti.

All’interno del laboratorio gli insegnanti hanno la possibilità di osservare gli alunni da un punto di vista per loro insolito. Possono cioè vederli agire, senza essere implicati nella relazione con loro. Li osservano quindi dal di fuori.

Capita a volte che alcuni insegnanti si accorgano di vedere certi bambini “difficili” comportarsi in maniera totalmente diversa da come sono in classe. Oppure capita che le loro supposizioni trovino conferma all’interno del mio lavoro.

Altre necessità emergenti

Tanti altri sono i bisogni dei bambini, molti dei quali vengono osservati ed elaborati nel mio laboratorio. Tante sono le dinamiche dei gruppi. C’è Sara, per esempio che non riesce a tollerare il silenzio che per lei significa il nulla: è una bimba sofferente per la recente separazione dei genitori. C’è Joseph che non considera per nulla le bambine della sua classe: è musulmano e per la sua cultura la donna ricopre un ruolo secondario nella società. C’è poi Shanti che stenta ad integrarsi nel gruppo dato che non conosce ancora la lingua italiana. C’è Matteo che purtroppo è convinto di essere l’unico ad avere il diritto di essere ascoltato in classe: è stato figlio unico per tanti anni e fra poco dovrà dividere i suoi genitori con il fratellino in arrivo. C’è Michela che si muove, parla, pensa e gioca come se fosse un ragazzaccio: ha 10 anni e sta già facendo a cazzotti con la sua identità sessuale. C’è Angela silenziosa e timida che, in un gruppo fin troppo euforico ed estroverso, si sente un pesce fuor d’acqua. C’è Roberto che a causa della sua instabilità psicomotoria attira costantemente l’attenzione dell’adulto manifestando un comportamento infantile e provocatorio. C’è Nicolai che con il linguaggio metaforico cerca di scacciare quei terribili fantasmi che il suo vissuto in orfanotrofio ha lasciato impressi dentro di lui. La parola INTEGRAZIONE, quindi, non significa più soltanto integrazione scolastica, ma anche integrazione sociale, interculturale, integrazione delle diverse personalità e professionalità.

E lavorare integrandosi professionalmente, ciascuno nel rispetto dell’altrui professione, significa contribuire a promuovere una nuova cultura.

Ringrazio ancora Elisabetta per questa preziosa testimonianza!
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