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My name, is Michael Lonsdale

Creato il 03 febbraio 2011 da Zaziefromparis
My name, is Michael LonsdaleMi arrendo all’evidenza: ho un debole per gli attori che di nome fanno Michael. Sulla scia dell’entusiasmo per la Master Class di Michael Caine, sono corsa a vedere un altro incontro con il pubblico (questa volta al Théâtre du Rond-Point, sugli Champs Elysées) di un attore straordinario, il franco-britannico Michael Lonsdale.
Non molto famoso in Italia, ma conosciuto ed amato dai Francesi, Lonsdale ha avuto quest’anno la sua consacrazione definitiva, grazie al ruolo di Padre Luc nel film di Xavier Beauvois Des Hommes et des Dieux, inaspettato campione d’incassi in Francia (oltre 3 milioni di spettatori) e catalizzatore di numerosi premi (Grand Prix de la Jurie al Festival di Cannes e ora grande favorito con 11 nominations ai Césars, gli Oscar à la Française, che si terranno a Parigi il prossimo 25 Febbraio).
Prossimo agli 80 anni, aria da gigante buono, lunga barba bianca, l'attore si presenta con la sua camminata lenta e strascicata sul palco del teatro, salutato da una vera e propria ovazione. Tutti i suoi fans si sono dati appuntamento qui. La serata, organizzata da Télérama, prevede una serie di domande da parte di una giornalista, ma la verità è che lui strega il pubblico con lunghi monologhi vivaci, senza alcun bisogno di un aiuto esterno. L’attore ripercorre la sua vita e la sua carriera, parla dell’infanzia vissuta in Marocco, con una madre francese e un padre inglese, parla del suo arrivo a Parigi nel 1947, della sua estrema timidezza e del suo desiderio di diventare un attore. Solo un grande sforzo di volontà gli permette di far sentire forte e chiara la sua voce, anziché bisbigliare come gli sarebbe più congeniale, o di esprimere sentimenti estremi come la rabbia (racconterà che un’insegnante dovrà minacciarlo di buttarlo fuori dal corso perché lui si metta a recitare un testo con violenza).
La carriera di Lonsdale, ricchissima e sterminata, inizia sulle scene negli anni ‘50, con una predilezione per autori come Beckett e Ionesco, e confluirà naturalmente nel cinema, dal quale l’attore è estremamente affascinato. Numerosi sono i grandi registi con i quali si trova a lavorare, sia francesi che internazionali (aiutato dal perfetto bilinguismo): Luis Bunuel, Orson Welles (Lonsdale racconta con stupore della telefonata ricevuta dal regista per proporgli una parte nel Processo tratto da Kafka), Joseph Losey, Louis Malle, Alain Resnais, Jacques Rivette, François Truffaut, Jean Eustache (dove riesce a far credere, grazie alla sua bravura, al bizzarro e sconcio racconto di Une sale histoire). Un rapporto molto importante sarà quello con Marguerite Duras, per la quale Lonsdale recita sia a teatro (L’Amante Anglaise) che al cinema (India Song) e alla quale lo legherà un’amicizia fraterna durata fino alla morte della scrittrice. La notorietà invece arriva con Truffaut, grazie a due ottimi ruoli di composizione (prima in La Mariée était en noir e poi in Baisers Volées) e, piuttosto incredibilmente, con la parte del cattivo in un film di 007, Moonraker, del 1979.
Negli ultimi anni, Lonsdale ha recitato in film di registi famosi e a grosso budget come James Ivory e Steven Spielberg e in film di giovani registi francesi alle prime armi e senza un soldo, dimostrando ancora una volta la sua estrema curiosità e la sua incredibile capacità di adattamento. Des Hommes et des Dieux, tuttavia, gli è sembrato subito qualcosa di speciale. E questo perché, anche se molto discretamente, Lonsdale non fa mistero della sua fede cristiana. Una parte come quella di Padre Luc, lo ammette, gli è sembrata una vera “benedizione” (e speriamo che la giuria dei Césars non si faccia sfuggire l’occasione di assegnargli il premio come miglior attore non protagonista, perché Lonsdale è semplicemente perfetto, nel film: misurato, intenso, commovente senza mai essere patetico, profondo senza mai essere pesante. Da Oscar, altro che da César!).
Lonsdale è cosi anche nella realtà: gentile, elegante, sempre sorridente, con quella capacità di prendersi in giro tipica degli umili e dei veri grandi. Il tempo in sua compagnia passa piacevolmente e velocissimamente.
Quando è il momento delle domande da parte del pubblico, l’attore desidera vedere in faccia tutte le persone che gli stanno parlando e quindi chiede alla gente di sbracciarsi perché lui le possa inquadrare nonostante le luci accecanti del palco. Una signora prende il microfono per fargli una domana. “E’ lei la signora che ho incontrato in autobus?” le chiede Lonsdale (e quanto ci sta simpatico il fatto che sia venuto alla serata in suo onore con i mezzi pubblici?). E la signora, un po’ piccata: “No, non sono io. Preferisce parlare con lei?”. “No, chère madame, continui pure. Io e la signora ci siamo già detti tutto in autobus!”.
 Il pubblico ride ed applaude, è un fascino autentico quello che sprigiona da questo vecchio signore. Qualcuno in pace con il mondo, e si vede, si sente, si percepisce.
"Gli attori non sono capaci di avere una vita normale. Sono persone incapaci di vivere il quotidiano, hanno bisogno di credere che ci sia qualcos’altro, sempre. Qualcuno ha detto che gli attori sono i testimoni dell’invisibile".

Quando Lonsdale si alza e si allontana, quel qualcos'altro, qualsiasi cosa sia, sembra essere a portata di mano.

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