Yeshi è e diventa a conti fatti il protagonista latente del documentario (dimenticavo: alla narrazione si alternano lui e il padre) che costituendosi in una successione di balzi temporali, e qui i complimenti vanno alla Fox per il suo perseverare, certifica l’invecchiamento di Rinpoche e la parallela maturazione di Yeshi, una crescita situata nell’età anagrafica, perché il ragazzo diventa a sua volta genitore e uomo trovando un buon lavoro, ma anche una crescita che si potrebbe definire spirituale in cui la sua posizione giovanile che prendeva le distanze dal buddismo si ammorbidisce, lentamente. Osservando la salute cagionevole di Rinpoche, Yeshi accetta la propria condizione tradotta inconsciamente (o forse no) in sogni e visioni che gli parlano del tempo, più che del passato del futuro: un tempio, delle colline, un villaggio straniero: il Tibet. Agganciato all’evoluzione di Yeshi in delfino, My Reincarnation tratta indirettamente l’incontro tra due sfere culturali molto lontane, una fusione che si rivela palcoscenico nonché substrato: la differenza che intercorre tra padre e figlio si deve alla propria appartenenza culturale, un padre e un figlio contrapposti da radici geografiche altresì divergenti, l’Italia cattolica e la sua idea di famiglia influiscono molto sullo Yeshi adolescente, eppure connessi da un filo tenace che, c’è da starne certi, non si spezzerà mai.
Yeshi è e diventa a conti fatti il protagonista latente del documentario (dimenticavo: alla narrazione si alternano lui e il padre) che costituendosi in una successione di balzi temporali, e qui i complimenti vanno alla Fox per il suo perseverare, certifica l’invecchiamento di Rinpoche e la parallela maturazione di Yeshi, una crescita situata nell’età anagrafica, perché il ragazzo diventa a sua volta genitore e uomo trovando un buon lavoro, ma anche una crescita che si potrebbe definire spirituale in cui la sua posizione giovanile che prendeva le distanze dal buddismo si ammorbidisce, lentamente. Osservando la salute cagionevole di Rinpoche, Yeshi accetta la propria condizione tradotta inconsciamente (o forse no) in sogni e visioni che gli parlano del tempo, più che del passato del futuro: un tempio, delle colline, un villaggio straniero: il Tibet. Agganciato all’evoluzione di Yeshi in delfino, My Reincarnation tratta indirettamente l’incontro tra due sfere culturali molto lontane, una fusione che si rivela palcoscenico nonché substrato: la differenza che intercorre tra padre e figlio si deve alla propria appartenenza culturale, un padre e un figlio contrapposti da radici geografiche altresì divergenti, l’Italia cattolica e la sua idea di famiglia influiscono molto sullo Yeshi adolescente, eppure connessi da un filo tenace che, c’è da starne certi, non si spezzerà mai.
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