E ci risiamo con i Mondiali, e più Mondiali ti ricordi e più cresci/maturi/invecchi. Non credo che i Mondiali 2006 potranno mai essere rimpiazzati nel mio cuore da nessun altro mondiale passato, presente, futuro. Mondiali schizofrenici, vaganti, scoordinati, come ero io quattro anni fa. Mondiali in cui abbiamo vinto.
Mondiali iniziati a Madrid, appuntamenti a Puerta del Sol con orde di italiani, diretti ai pub stile irish con maxischermi condivisi con gli avversari (australiani, statunitensi, etc) che amabilmente ci sbeffeggiavano. Ricordo birre che andavano e venivano, bandierine disegnate sulle guance, improbabili sincronie di colori, del tipo io mi vesto di verde, tu di bianco e io di rosso... Robe che fai solo quando sei all'estero, dove, dalla distanza, riesci ancora a provare un moto di orgoglio per il tuo Paese.
L'Italia va avanti e poi c'è che intanto tu finisci la tua permanenza a Madrid, hai un matrimonio, un nipotino nasce, torni al tuo paesello e vedi la partita con la Germania e ti riversi nelle piazze a starnazzare come un'oca, poi ritorni a Roma e la finale te la vedi al Circo Massimo e non ci credevi mai che tu potevi vedere una vittoria dei Mondiali, ma soprattutto a come poteva essere bella Roma in festa, tutta la notte. Mentre profumi di suoni e colori della Roma by night, capisci che la tristezza per Madrid ti sta già passando.
E non ci avresti mai creduto che finivi col farti il bagno nella Fontana di Trevi e passare le ore successive in giro per il centro grondante d'acqua e poi tornare a casa la mattina, una casa in cui eri da poco entrata e che in quel momento non potevi sapere quanto l'avresti sentita tua per quell'anno.
E poi passano quattro anni, nel corso dei quali torni a lavoro, vivi nella tua nuova casa, starnazzi felice, ti innamori, ti licenzi, parti per l'Irlanda, trovi casa, trovi supermega lavoro, assisti agli Europei con gli spagnoli, ti licenzi, ritorni in Italia, rivedi Roma e rischi anche di assistere ai festeggiamenti per lo scudetto, continui a vivere in mansarda mentre progetti l'acquisto di una casa che non sai nemmeno quando arriverà. E pensarlo è così stancante, che quasi pensi sia meglio andare in affitto prima di finire stremati sotto le proprie aspettative.
E chissà se anche quest'anno, nel corso dei Mondiali, la tua vita cambierà così in fretta. Hai la sensazione che non succederà nulla e provi un po' di nostalgia per un periodo della tua vita che probabilmente non solo se ne è andato, ma non ti verrà più a trovare. Quello delle sorprese, dell'imprevedibilità e della leggerezza, di salire in macchina, macinare km per tuffarsi di notte in mare, quello del sali, andiamo in stazione, dove andiamo non lo so, poi vediamo.
Quello di una cosa che se non era la libertà, ci assomigliava molto. Quello che, nonostante tutto, è ancora vivo dentro di me, ma a quanto pare solo dentro di me, perchè nessuno mi asseconda più e allora pare sia io a dovermi adattare alla realtà e lo faccio, sì che lo faccio, ma mentre lo faccio, sento che uccido una parte di me.
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