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My(+)Expo - Cronaca di una fila annunciata

Creato il 26 ottobre 2015 da In Central Perk @InCentralPerk
Ore 5.30 di mercoledì 21 ottobre: suona la sveglia.
Con gli occhi ancora pesanti, con la colazione che non ne vuol sapere di andar giù, con il sole che deve ancora sorgere, io e il giovine ci alziamo e partiamo direzione Milano, direzione Expo.
Dentro di noi rimpiangiamo amaramente di non aver approfittato della freschezza primaverile, delle ferie d'agosto, di quell'estate che sembrava non finire, e di esserci tanto per cambiare ridotti agli ultimi giorni per andare dove già sappiamo quello che ci aspetta: FILE.
File interminabili.
Così è già in autostrada, dove il navigatore impostato con meta finale il parcheggio prenotato (16 euri), continua a far avanzare l'orario d'arrivo.
Dalle promesse e speranzose 8.48. scendiamo dall'auto alle 10.05, grazie code (a tratti), grazie ingorgo subito dopo i 10.000 caselli che convergono in sole 3 corsie, grazie navigatore che in realtà quel parcheggio non lo sapevi riconoscere troppo bene.
My(+)Expo - Cronaca di una fila annunciata
Arriviamo comunque già stanchi davanti alla nostra entrata e.... fila.
Ovvio.
Fortunatamente con il vantaggioso (38 euri) pacchetto comprato su Groupalia assieme ai due ingressi c'era anche un coupon saltafila, e se di fila ne abbiamo fatta lo stesso, almeno era 1/6 inferiore rispetto a quella dell'entrata standard.
Senza esitazione cerchiamo subito di individuare i padiglioni più appetibili debitamente segnati sulla mia lista, va da sé che la fila è un po' ovunque, Belgio e Irlanda compresi, che decidiamo di tenere per uno spuntino alcolico nel pomeriggio e preferiamo quindi aspettare un quarto d'ora per vedere i giardini del Bahrein: ovvero aiuole in cui fanno il loro sfoggio fichi, alberi di papaya, palme, limoni e quant'altro.... la nostra serra di fiducia potrebbe far lo stesso, ma almeno ora sappiamo quali sono gli alberi da frutto di questo Regno e ne usciamo dopo 5 minuti senza troppa delusione.
Storditi da una quantità spropositata di gente, di scolaresche, di bambini di 6 anni legati alle corde che chissà cosa ricorderà di questa gita, decidiamo di vedere qualche cluster, scoprendo che nelle misere stanze di questi Stati classificati minori, c'è gran poco da vedere, e se il riso mette tristezza, con la cioccolata ci si consola grazie ai numerosi stand ghiotti di dolcezza!
È nelle spezie che però decidiamo di pranzare, con lo Sri Lanka che ci offre dei non troppo appetitosi involtini, ai gamberi per il giovine, a una non meglio precisata salsa ai legumi per me.
Passando per il caffè -dove decidiamo di evitare di entrare- ammiriamo estasiati le foto di Sebastião Salgado, che anche in mezzo alla confusione, alle grida, alla moltitudine di persone che ti investono senza pietà, sa farti sobbalzare il cuore.
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La Gran Bretagna che volevamo tanto vedere, premiata dagli altri padiglioni come il miglior padiglione dell'Expo, ha una fila di un paio d'ore da fare, decidiamo quindi di fare la furbata ed entrare nell'Ungheria che le sta a fianco, che ha la fila più lunga per prendere il dolce tipico che non per entrare, scoprendo belle foto, una disposizione un po' triste di "cosa abbiamo/cosa sappiamo fare" ma nel bar-terrazza (che aveva finito la birra artigianale che ci volevamo finalmente concedere) possiamo ammirare i giardini un po' incolti inglesi e la struttura metallica che la sovrasta.
Passiamo alla vicina Spagna, dove la lunga coda viene smaltita in fretta: entriamo e quella che è né più né meno che una pubblicità alla dieta mediterranea e all'agricoltura e alla cucina spagnola, ci lascia piacevolmente sorpresi grazie ad installazioni e interattività, colori e genuinità che ce la fa apprezzare.
Stanchi e spossati decidiamo che possiamo tornare all'inizio, a quell'Irlanda e quel Belgio che con i loro fritti e la loro birra possono tirarci su: ma no, il Belgio e le sue frites sono prese d'assalto, meglio allora andare di Guiness (o Harpa, per forse l'unica visitatrice di quella fabbrica che a Dublino abbandonò la sua pinta gratis sul bancone) e riposarci un po'.
Passeggiamo con calma, il Nepal è splendido da fuori, la Corea ha ormai 3 ore fisse di fila, il Giappone 4, l'Azerbaigian è chiuso dalle 11 di mattina con le sue 7 ore di fila, 3 per chi ha la priorità, scartiamo man mano tanti di quei padiglioni che quella nostra voce nella coscienza che dice: "Ve lo avevo detto che dovevate venire quest'estate!" urla come non mai.
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Se c'era una cosa che volevo vedere era però il boschetto austriaco, e così non curanti di una coda che supera il padiglione successivo, ci incanaliamo rimanendo sorpresi: in 20 minuti siamo dentro, da qui la ricerca e l'illusione della coda scorrevole, che ahimé non incontreremo più.
Il boschetto è comunque un bel vedere, un bel respirare, e resistiamo alla tentazione di una sacher, sperando di goderla a dicembre se mai riusciremo ad andare nell'agognata Vienna che sogniamo da almeno 5 anni.
I cuori verdi sloveni che abbiamo visto un po' ovunque, ci spingono a metterci nella fila non troppo lunga ma decisamente lenta affianco: delusione, una pubblicità riuscita ma non troppo efficace dei loro prodotti (sale, miele, acqua termale) che ci lascia spossati.
Visto che Marocco e Cile sembrano eterni, ne visitiamo solo lo shop e il ristorante, e se il dulce de leche sembra non essere troppo appetibile, ci rilassiamo con del the marocchino e un suonatore di sitar.
Sono ormai le 19, le forze iniziano a cedere, l'Olanda ci tenta con il suo non-padiglione ma decidiamo di tornarci per uno spuntino più tardi, godiamo dello spettacolo di accensione dell'Albero della Vita, patriottico, fin troppo, e ci dirigiamo alla Svizzera, consapevoli ormai che potrebbe essere (e sarà) il nostro ultimo padiglione.
La fila è lunga e tutt'altro che scorrevole, dopo 1 ora, entriamo e la tristezza ci assale nel constatare l'egoismo che ci contraddistingue: le quattro torri di sale, mele, caffé e acquua sono vuote o quasi vuote.
A quanto pare non ce n'è per tutti.
E provati dalla visita e dall'attesa, non ce n'è più neanche per noi.
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Le forze mi hanno infatti abbandonata, la vecchiaia si è fatta sentire e posso dire di non essere mai stata così sofferente: schiena, nausea, stanchezza.
Niente cena, non ne sarei riuscita, solo un altro spettacolo dell'Albero della Vita, questa volta magnificamente in blu, che ci lascia estasiati e ci dà la giusta spinta per uscire, per arrivare all'auto, per accendere il navigatore.
Ora di arrivo prevista: 00.09.
Questa volta, finalmente, code non ce ne sono.
L'orario è rispettato, e dopo una doccia ristoratrice crolliamo, cullati da quella voce che ci sussurra ancora: "Ve lo avevo detto che dovevate venire quest'estate!".
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