Riassunto della prima e della seconda parte: il Magnifico e Potentissimo Capo Supremo mi ordina di dedicare la mia esistenza ad uno speciale su pellicole con trame relativamente importanti ai fini delle emozioni. Quindi, procedendo con crescente intensità in fatto di nonsense e irrazionalismo, ho iniziato con Gozu di Takashi Miike e procedendo poi con The Holy Mountain di Alejandro Jodorowsky. Ma la parte più difficile arriva ora. Quando i giochi si fanno duri, inizia la terza e ultima parte.
No, non ce la posso fare. Ma no, proprio no. Cioè, io ho paura. Che vi devo dire, eh. Insomma, guardate la locandina e ditemi se non è già abbastanza inquietante. Al pensiero di guardare un film muto in un bianco e nero pessimo nel quale i personaggi sono solo mascherati orribilmente, il tutto con zero colonna sonora. A meno che per “Colonna Sonora” non intendiate il cinguettio degli uccellini e il fruscio del vento tra gli alberi per una fottutissima ora e venti minuti circa. Che poi non è che salta fuori nulla all’improvviso ricorrendo al fantastico, ma demenziale allo stesso tempo, metodo “Bubusettete”. No, non succede proprio niente. Cioè, non proprio niente. Qualcosa succede in un’ora e venti. Eh, ma che succede in questa ora e venti?
Bella domanda. Prima di tutto mettete la mano destra sul computer e ripetete dopo di me:
La mano sul computer, ho detto.
“Giuro solennemente di leggere interamente questa pseudo recensione e, solamente in un secondo momento, recarmi su Wikipedia per leggere la presunta spiegazione che viene fornita per questo film”. Forza, giurate. Ecco, bravi.
Ora che siamo pronti, possiamo cominciare a parlare dell’ultima strambissima pellicola di questo ciclo: Begotten. Begotten è un film del 1990 ma potrebbe essere anche stato realizzato ieri come quarant’anni fa che potrebbe essere uguale. Perchè non ci sono effetti speciali, non ci sono dialoghi, a tratti le immagini sono confuse e quindi si rischia di non capirci assolutamente nulla per intere sequenze più di quanto non ci si capisca nulla già con l’intero film. Sì, perchè questo film è, diciamo, piuttosto complesso da guardare e soprattutto da capire. Certo, su internet c’è chi si riferisce a questo film come un’opera d’arte d’avanguardia, c’è chi pensa che sia un pezzo di irrealismo su video con il solo compito di provocare reazioni emotive nello spettatore e c’è chi pensa che sia un enorme metaforone che però, non essendo spiegato da nessunissima parte, lascia un po’ il tempo che trova. Io personalmente non c’ho capito un cazzo. D’accordo, ho esagerato. Qualcosa l’ho capito. Insomma, una storiella c’è. Parte anche benino. Il problema è lo svolgimento da metà in poi che, come detto in precedenza, a causa di immagini confuse si rischia di capirci poco. E’ come camminare in un larghissimo e popolatissimo viale in piena città quando ad un tratto ti ritrovi in un labirinto deserto in piena campagna. Quindi, oltre ad esserti perso, hai anche quel senso di smarrimento. Come se aveste preso l’ultimissimo Call of Duty ma è solo in lingua cinese. Vi state perdendo con tutte queste similitudini? Bene, allora siete entrati in pieno clima Begotten.
La trama. C’è una casa abbandonata in mezzo ad una foresta. Dentro di essa troviamo un simpaticissimo individuo che ha tutto l’aspetto di voler prendere una palla e giocare con noi a calcio.
D’accordo, non proprio. Cerchiamo di capire qualcosa, allora: è una persona, e fin quì ci siamo. E’ vestito con un lenzuolo, ha una maschera, gli sanguina la pancia e, grazie ai titoli di coda più chiarificatrici della storia del cinema, capiamo che questo personaggio si chiama God Killing Himself. Ora, prima che cominciate a capire qual’è il nome e qual’è il cognome, capiamo che è un Dio che si sta ammazzando. Perciò, per i primi 5 minuti di questa pellicola, troviamo questo personaggio che si taglia la pancia e cola da tutte le parti del sangue e dell’altra roba densa di cui non siamo all’altezza di conoscere la composizione. Fatto sta, che dopo 5 intensissimi minuti pieni di azione, colpi di scena e musica trionfale, il Dio muore. No, il film non è finito. Siamo ancora alla parte chiara e cristallina, adesso. Figuratevi dopo. Il Dio è morto ma… boh.. ehm.. partorisce (?) una donna. Anche lei è vestita uguale ed ha una maschera.
La donna (ovvero quella figura a sinistra del Dio morto in sedia a rotelle) è Madre Natura. La quale, per i successivi 5 minuti, comincia a girare in tondo reggendosi il seno. Forse per incredulità, forse per carpirne le misure per andare a fare shopping, forse perchè è il simbolo della fertilità. Io sono per le prime due. Poi, a causa del probabile giramento di testa considerando che ha girato in tondo su sé stessa per minuti e minuti, decide di fermarsi e di passare il tempo come riesce. Quindi, state molto attenti perchè non lo ripeterò due volte, si feconda con il seme del Dio morto. Alé. Sono piuttosto convinto che il Vaticano non l’abbia visto questo film. Alla fine, Madre Natura, soddisfatta e incinta, esce dalla casa abbandonata e comincia a camminare nel bosco perchè, lo sappiamo tutti, di un Dio morto non ce ne si fa nulla. E qui termina la parte comprensibile.
Madre Natura è incinta e sono passati circa 15 minuti. Gli effetti collaterali cominciano a manifestarsi sul corpo dello spettatore ma il primo che esce allo scoperto è una incontrollabile voglia omicida per tutti gli uccelli che osano cinguettare davanti alla mia finestra. Cip ci-BANG! Pio pi-PAM! Perchè, d’accordo che la colonna sonora composta solo da elementi naturali è una trovata originale a anche simpatica per i primi due minuti, ma dopo un quarto d’ora di “pio pio pio pio pio” sempre con la stessa identica frequenza, stanca un momentino.
La grandissima e spiritosissima Madre Natura partorisce. E partorisce un uomo deforme con parecchi problemi che, sempre grazie ai titoli di coda, lo identifichiamo con il nome di Figlio della Terra. Un hippie, insomma. Va bene, non proprio un hippie. Va beh, Madre partorisce e lascia il proprio figlio per terra e se ne va. Madre Natura ci vediamo tra mezz’oretta. Rimaniamo quindi con solo il povero Figlioletto che continua a dimenarsi e a non fare altro per alcuni minuti mentre la telecamera indugia su particolari con riprese artistiche che si rivelano per la maggior parte incomprensibili grazie allo stupendo filtro in bianco e nero super saturato. Poi arrivano i Tusken da Guerre Stellari.
Arrivano degli uomini incappucciati che, per comodità ma anche per qualche somiglianza di abitudine, chiamerò Tusken. I Tusken, per quelli più smemorati, sono i predoni del deserto che sparano ai PodRacers, la gara nella quale corre Anakin Skywalker, durante l’Episodio I. E anche quì non è che fanno cose tanto diverse. I Tusken prendono il Figlio deforme, lo legano e lo portano a casa (?) loro. Lì lo lavano, lo vestono e poi, visto che la noia è dura da combattere, cominciano a randellarlo di mazzate per una ventina di minuti. Pio pio p-RATATATATA! Ma, dopo che ormai il figlio è stato pestato per bene, torna Madre Natura, la quale manda via per un momento i predoni Tusken e decide di fare una passeggiata con il proprio primogenito. Trascinandolo con una corda legata al suo collo. Beh, mi sembra normale.
Ma i Tusken sono ovunque, si sa. Perciò i due vengono nuovamente assaliti da altri uomini incappucciati che ricominciano a dare delle mazzate al povero figliolo mentre la madre, tranquilla come non mai, guarda il panorama attorno a sé. Non scherzo, succede proprio così, eh. La conseguenza logica di quasi quaranta minuti di mazzate ininterrotte è che il Figlio muore. Però i Tusken che abitavano nella zona avevano appena cominciato a divertirsi. Come avrebbero potuto fare per continuare allegramente la propria giornata? “Idea!” disse un giovane predone “C’è Madre Natura! Riempiamo di mazzate anche lei!”. “Bravo, ragazzo. Tu sì che farai strada” gli rispose il padre pieno di orgoglio. E quindi la folla si sposta a bastonare anche la simpatica mamma. E, secondo voi, che fine fa?
Esatto, muore anche lei. I predoni scompaiono dalla pellicola e, grazie alla morte del Figlio della Terra e di Madre Natura nascono dei fiori in tutto il bosco. Dissolvenza in nero. Titoli di coda. Cip c-KABOOOM!
Bene. No, bel film davvero, eh. Si si. Cioè a me è piaciuto. Abbastanza, dai. A dire il vero mi aspettavo un pelo meglio. Mi aspettavo di capire un po’ di più quello che succedeva ma pazienza. Bah, io… io non so cosa dire. Insomma, è una pellicola che bisogna vedere in prima persona per rendersi ben conto di cosa sto parlando. Non rende se una persona ve la racconta. “E allora che cazzo ce l’hai raccontata a fare?” Ottima domanda ma passerei alla conclusione.
Ma che devo concludere a fare? Cioè che dovrei scrivere? Finalmente siamo giunti alla fine di questa rubrichina dalla enooooorme durata causa ingorgo in autostrada meteoriti invasione di cavallette scarsa voglia dello pseudo recensore. Ma non ditelo al mio capo, eh. Insomma, prima di buttarmi a capofitto in un’altra rubrichina a puntate ci penserò due volte. Ok, tre volte. D’accordo, facciamo quattro. Perfetto, cinque e non se ne parla più. Fatto sta che il nostro simpaticissimo piccolo viaggio nel cinema weird è momentaneamente terminato. La stagione uno finisce quì e ora vediamo se la rete ci rinnova. Grazie per averci seguito e a presto. Forse. Forse no.
PS: Ora potete andare a leggere su Wikipedia. Divertitevi.