- Anno: 2014
- Durata: 80'
- Distribuzione: Bibi Film
- Genere: Drammatico
- Nazionalita: Italia
- Regia: Eleonora Daco
- Data di uscita: 19-March-2015
La fine e il principio. Eleonora Daco, autrice, regista, attrice, performer, si sofferma su questi due momenti salienti dell’esistenza per dare vita ad un flusso narrativo libero, in cui è l’inconscio a trapelare dalle numerose interviste – performance disseminate durante l’arco degli ottanta minuti di visione. Con domande incalzanti – dalle quali non viene risparmiato neanche lo stesso padre della regista – che ricordano, per certi versi (soprattutto per i più giovani) i Comizi d’Amore di Pasolini, Daco allestisce una dimensione estremamente intima che allo stesso tempo assume un respiro universalizzante, e tutti noi siamo direttamente coinvolti un’inchiesta poetica, in cui ci si interroga sul rapporto che intratteniamo col mondo. E questo flusso orale libero viene scandito dalle incursioni della protagonista (la stessa Daco), che come un folletto si aggira tra i luoghi dell’infanzia (Terracina) e quelli della ‘maturità’ (Roma), a volte in pigiama, altre volte con un scialle che la ricopre come se fosse un’antica vestale, in un andirivieni in cui a ‘emergere’ è proprio questo ‘galleggiare’ a fior di pelle sul mare delle sensazioni. E’ come se Daco esprimesse una perenne incertezza sulla propria/nostra (in)capacità di ‘essere nel mondo’. Abbiamo sufficiente abilità per affrontare gli ostacoli che la vita ci pone? O l’abbiamo avuta? Le domande che si rivolgono a giovani e anziani scandiscono una differenziazione decisiva, perché chi ha la vita di fronte si interroga sulla propria capacità (potenza in senso aristotelico) di affrontarla, mentre chi ha già vissuto deve fare i conti con ciò che ha effettivamente realizzato (e stavolta è l’atto).
Questo dialettica tra potenza e atto è davvero quella linea ‘spartiacque’ in cui si disvela se effettivamente siamo stati o no ‘in grado di fare’ – d’altronde è sempre l’atto, insegna Aristotele, a illuminare retrospettivamente la potenza. E l’autrice sembra soffermarsi proprio in questa zona d’ombra, nell’interstizio tra l’essere o non essere capaci. Un gioco filosofico, quello di Daco, davvero raffinato, e ciò che sembrerebbe estremamente spontaneo, rivela, invece, un’enorme preparazione concettuale; è proprio questa la forza del film: il presentarsi fresco, leggero, spontaneo e, di contro, riuscire ad alludere a questioni decisive, universali, concettualmente cogenti. Durante il film c’è anche spazio per un po’ di comicità che inevitabilmente le varie interviste restituiscono, ma l’insieme non assume mai i tratti del grottesco proprio per quella leggerezza di tocco dell’autrice di cui si diceva prima. Questa è la prima prova cinematografica di Eleonora Daco che dimostra di saper padroneggiare con decisione il materiale girato e dargli la giusta angolazione, anche attraverso un montaggio ispirato. Il film, prodotto da Angelo Barbagallo, per il momento verrà proiettato al Nuovo Cinema Sacher di Nanni Moretti a Roma e all’Anteo di Milano. Una buona occasione per confrontarsi con un cinema ‘altro’.
Luca Biscontini