Nadia Repetto e Maurizio Wurtz
L’accoppiata Nadia Repetto/Maurizio Wurtz ve l’abbiamo presentata a marzo di quest’anno per raccontarvi il loro eccezionale exploit al Museo di Storia Naturale di Shanghai dove hanno esposti, o meglio appesi, la bellezza di dodici modelli tridimensionali di animali marini, tra cui una balenottera gigante di ben 24 metri.Il palmares di Maurizio è notevole e di tutto rispetto: biologo, professore di Tecniche di Monitoraggio dei Cetacei all’Università di Genova, Conservatore scientifico del Museo Oceanografico di Monaco dal 1995 al 2001, disegnatore e scultore di animali marini e usa qualsiasi strumento. Con la tecnica ad olio ha dipinto il celebre quadro ad olio di 5 metri, raffigurante la barriera corallina, in mostra all’entrata dell’acquario di Monaco a Montecarlo. Altrettanto notevole quello della moglie Nadia, biologa marina, nel campo della divulgazione scientifica con libri e testi multimediali rivolti soprattutto al mondo della scuola.Nel 2001 hanno costituito ARTESCIENZA una società per contribuire alla conoscenza e alla conservazione dell’ambiente naturale. L’ultima loro performance è la partecipazione a settembre al Festival della Comunicazione di Camogli. E cosa hanno combinato è la stessa Nadia a raccontarlo.Camogli: 5 zifio spiaggiati
Cosa poteva fare Artescienza ad un Festival della Comunicazione? Semplice, cercare di comunicare la scienza attraverso l’arte o viceversa.A Camogli dal 10 al 13 settembre si è tenuto il secondo appuntamento con il Festival della Comunicazione, un grande richiamo di pubblico per ascoltare oltre 126 tra giornalisti, scrittori e intellettuali che si sono confrontati con la parola d’ordine: “Il linguaggio”.A gennaio, con un buon anticipo, abbiamo avuto un’idea folle, realizzare un’installazione, costruendo 10 modelli di un cetaceo, da posizionare sulla spiaggia per simulare uno spiaggiamento di massa e sul loro corpo scrivere frasi e concetti presi in prestito dalla scienza e dalla letteratura. I modelli dovevano essere costruiti in vetroresina, leggeri, indistruttibili e indifferenti le diverse condizioni metereologiche.Scheletro in fil di ferro
L’idea era di stimolare lo stupore e le emozioni del pubblico, non solo attraverso la lettura dei messaggi, ma anche facendolo interagire in modo che le reazioni delle persone diventassero parte dell’installazione stessa.Ma i materiali costano.Così abbiamo lanciato un Crowdfunding, “Words from the sea” ottenendo oltre mille “mi piace”, ma nessun sostegno economico. Abbiamo così scoperto che questa forma di autofinanziamento in Italia è ancora poco conosciuta e i più non sanno neppure cosa significhi e cosa comporti. Senza risorse non ci siamo persi d’animo… se i modelli non potevano essere realizzati in vetroresina allora li avremmo saranno costruiti meno e con materiali più economici:1000 metri di fil di ferro, 20 litri di colla da parati, 50 kg di carta da giornale, 8 kg di carta da pacchi, 5 kg di pittura, 10 rotoli di nastro adesivo,20 pennelli e 600 ore di lavoro.Al termine solo 5 dei 10 animali previsti sono stati portati a Camogli. Volutamente la forma degli animali è stata realizzata non in modo dettagliato, ma con una precisione tale da poter identificare la specie, lo zifio.La scelta è stata dettata dal fatto chequesto cetaceo è frequente nelle acque del mar Ligure, è sufficientemente “ingombrante” da destare curiosità, ma non troppo, più di un delfino e meno di una balenottera, per poter essere trasportato con facilità.Le sue dimensioni, 5 metri di lunghezza, sono tali da fornire una superficie sufficiente per scrivere numerosi messaggi.Una metafora, quindi, un’occasione per parlare del mare, del Mediterraneo, ma anche per esplorare il linguaggio scientifico e quello dell’arte attraverso le forma degli animali, i temi trattati e la forma della scrittura, nel tentativo di creare un’unità estetica.Umberto Eco nell’introdurre il festival ha detto “Oggi la gente è stanca della banalità, ha voglia di cose difficili, cerca la complessità”.
La scelta delle frasi e delle parole è stata frutto di una ricerca accurata; ora la poesia di Garcia Lorca e le parole di Rainer Maria Rilke che ci dice “Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso”, ora l’ironia di Antonio Tabucchi che descrive come le balene vedono gli uomini o quella di Gianni Rebora che invoca una dichiarazione dei redditi per i pesci poveri.Mediterraneo, ambiente violato dalla cementificazione, Mediterraneo dove è stata concepita l’Europa come dice Pedrag Matvejevic.
La superficie di un modello è stata ricoperta di impronte di mani, mani grandi da adulto, mani piccole di bimbo per ricordare che i delfini e le balene migrano in un mare senza confini e senza muri,mentre bambini, donne e uomini, in fuga dalle guerre e dalla fame muoiono in Mediterraneo per la nostra incapacità ad abbattere pregiudizi, barrire fisiche e culturali.Interessante è stato osservare la reazione del pubblico, i più si sono soffermati sulle frasi, le hanno copiate, hanno chiesto informazioni, molti giovani artisti hanno colto l’aspetto estetico e formale, altri hanno colto solo l’aspetto forse più scontato, gli animali spiaggiati per loro erano un monito per salvare il Mediterraneo.
I bambini cercavano soprattutto il contatto fisico abbracciando i modelli, mentre alcuni adulti non si sono resi conto della presenza di strutture ingombranti sulla spiaggia e utilizzavano le pinne o la coda per appendere asciugami, borse.Risulta arduo dare una definizione di linguaggio tanto più se si cerca una relazione tra arte e scienza, stranamente si continua a trattare queste due produzioni dell’intelletto umano in modo separato e antitetico.Riconoscendo alla scienza la sua origine nella creatività e nella fantasia di cui è capace l’intelligenza umana, risulta molto più affascinante soprattutto perché così si riconosce all’intelletto una posizione attiva e alle teorie scientifiche unafunzione non dogmatica.
Il giudizio visivo attraverso cui passa una parte importante della conoscenza, quindi non è un contributo successivo alla percezione, ma ingrediente essenziale all’atto stesso del vedere. Prendere coscienza del giudizio visivo, tradurlo e formularlo significa sapere “Che cosa in realtà vediamo”. Nadia Repetto