Si avvicina la data del 4 marzo prossimo, quando in Kenya si svolgeranno le nuove elezioni politiche.
Secondo l’unanime parere di numerose organizzazioni e associazioni, che si battono per la difesa dei diritti umani, Uhuru Kenyatta, il figlio del primo presidente del Kenya, non potrebbe e non dovrebbe assolutamente candidarsi alla presidenza.
La motivazione è che è in corso da tempo, presso il Tribunale Penale Internazionale di L’Aja, un procedimento a suo carico per crimini contro l’umanità.
E i fatti imputati si riferiscono alle violenze del dopo-elezioni dell’anno 2008.
In quella circostanza, infatti, ci furono terribili disordini, ben 1300 morti nel Paese e centinaia di sfollati.
L’Alta Corte di Giustizia del Kenya, cui era stata demandata la decisione circa l’eleggibilità o meno di Kenyatta, si è dichiarata oggi incompetente, facendosi scudo pretestuosamente del procedimento a L’Aja.
Kenyatta stesso, inoltre, sostiene che, a prescindere dall’esito della sentenza di L’Aja, egli è comunque candidabile.
Quindi è molto probabile che l’uomo riuscirà nel suo intento, mettendo il bastone tra le ruote al presidente uscente Kibaki e al suo primo ministro Odinga.
L’alleato di Uhuru Kenyatta è William Ruto, anch’egli persona diffidata dalle associazioni umanitarie a candidarsi.
L’appello delle massime autorità religiose keniane è stato ed è un invito alla popolazione alla concordia e alla pace onde non ricadere, istigata da questa o quella fazione politica, nella violenza di un passato neanche troppo lontano nel tempo.
Ma la situazione politica generale in Kenya si presenta, a prescindere, piuttosto complessa.
Esistono, infatti, forti divisioni politiche e molta corruzione interna ai singoli partiti.
C’è poi il pericolo del fondamentalismo islamico, che continua a seminare paura e morte.
E, per gli abitanti della fascia costiera, quelli che vivono in prevalenza dalle entrate di un turismo internazionale di lusso (vedi Malindi), moltissima voglia di secessione(leggi autonomia politica e amministrativa) dal resto del Paese.
Pertanto, in Kenya, nei prossimi giorni a venire, la cosa certa è che niente sarà assolutamente facile.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)