17 marzo 2013 Lascia un commento
La Galleria Civica cittadina in questi anni ci ha abituati bene ma avere una mostra interamente dedicata ad uno dei padri nobili della videoarte, e’ stato un colpo felice e ben riuscito.
Paik, coreano classe 1932, emigrato in Giappone, poi USA ma piu’ propriamente cittadino del mondo quindi anche italiano.
Si puo’ aggiungere che il suo rapporto con l’Italia fu privilegiato. Rapporto di lavoro, d’amicizia, profonda stima ed affetto e per questa ragione abbiamo ancora oggi tanti collezionisti che hanno conservato con passione molte delle opere che compongono la mostra. Trattasi infatti di una raccolta di materiale raccolto da collezioni esclusivamente italiane in un periodo di tempo che si concentra in prevalenza tra la fine degli anni ’60 sino all’inizio del 1990.
Essere musicista e l’esperienza Fluxus determinano i tratti piu’ riconoscibili della sua carriera d’artista alle quali va aggiunta la straordinaria intuizione che ebbe per primo di utilizzare il video come portante di tutta la sua arte e delle sue performance.
Pensare a Paik significa ricondursi a figure chiuse e ricorrenti, idea Zen della circolarita’ dell’esistere e nell’accezione tecnologica, un feedback che alimenta all’infinito l’informazione in ingresso, paralleli tra carne (nuova carne?) e tecnologia, immagine e anima, appaio quindi esisto nella messa in pratica del pensiero mcluhaniano.
Il tempo e spazio conservano un Paik una loro dimensione ben precisa mescolandosi semmai coi nuovi media, ridefinendosi e riallineandosi ai mezzi che la tecnologia dell’epoca permetteva.
In questa ottica alcuni tra i suoi lavori piu’ celebri come l’arrivo di Paolo VI a New York nel 1965 o la diretta satellitare di "Good Morning, Mr. Orwell" del 1984, precedono scenari oggi comuni ma al tempo rivoluzionari.
L’arte di Paik, e’ concettuale con molte declinazioni che iniziano nelle installazioni e proseguono coi robot, fenomenali quelli presenti in mostra, sempre nel continuo interscambio tra carne e macchina, talvolta un ready-made ad-personam ad espandere l’idea che tra la materia e la sua controparte visiva, c’e’ soltanto un sottile universo di luci e colori non meno consistente del nostro, solo diversamente dislocato.
La mostra dedica un ampio spazio alla sua decennale collaborazione con la violoncellista Charlotte Moorman, anima artisticamente gemella con la quale firmera’ celebri performance, dividendo musica e passioni comuni, nonche’ il gusto rivoluzionario dell’inventare l’arte in tempo reale, offrendosi ad essa come primo strumento.
Le riflessioni -mai l’etimo fu tanto preciso- sarebbero tante ma Paik sa farsi piacere ad ogni livello, anche fermandosi volendo, all’estetica giocosa e colorata di bachelite, plastica e colori "primari" da cinescopio, illuminati dal chiarore fluorescente di un cosmo televisivo che sin dal principio, vive di forza propria, come Paik ben sapeva.
Cercare di definire Paik e’ limitativo cosi’ come puo’ esserlo comprimere i suoi lavori in una singola mostra ma questo e’ il Paik italiano e mostrare i lavori che la nostra patria gli ha ispirato e concesso di realizzare, nobilita l’artista e orgogliosamente noi tutti.
La mostra restera’ aperta sino al 2 Giugno 2013, quindi c’e’ ancora molto tempo per non lasciarsela sfuggire e per me l’occasione di rivederla ancora una volta.
Nam June Paik in Italia – Galleria civica di Modena
Nam June Paik Studios
Nam June Paik su UBUWeb
Charlotte Moorman su UBUWeb