a cura di Iannozzi Giuseppe aka King Lear
Oggi, 4 gennaio 2012, Giorgio Napolitano in visita a Napoli: “Quella volta discussi perfino con Giorgio Amendola… Lui, infatti, era convinto che la classe operaia dovesse affrontare i sacrifici necessari senza chiedere nessuna contropartita. A me, invece, sembrava giusto che si chiedesse, in cambio, l’avvio di una stagione di riforme, almeno in materia di politica industriale e sociale: e infatti nel 1978 fu avviata una grande riforma, quella sanitaria. Oggi siamo di nuovo in condizioni di enorme difficoltà, e dobbiamo dire che c’è qualche responsabilità davvero collettiva… Quello che mi auguro, è che il movimento dei lavoratori dia di nuovo prova di saper guardare agli interessi generali e non stia sulla difensiva: a quel tempo lo fece…”. E ancora: “Ci sono cose che cambiano e dunque cose che non si possono più difendere. Bisogna capirlo, e capirlo per tempo. Quando non ci si riuscì, si subirono sconfitte storiche, come negli Anni 50 alla Fiat. E io le sconfitte non le dimentico…”.
Giorgio Napolitano ha mai conosciuto la realtà della classe operaia? Interrogativo che oggi più di ieri dovrebbe minare almeno un po’ la fiducia che troppi italiani, a capo chino, rimettono in re Giorgio illudendosi che sia esso il Salvatore, il braccio libertario che ridarà fiato a un paese in coma profondo, forse irreversibile.
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