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Napolitano, il cerchiobottista

Creato il 13 marzo 2013 da Albertocapece

bottenapolitano - Il simplicissimusIl peggior premier di tutti i tempi, la peggiore opposizione di sempre, il peggior presidente della storia repubblicana. Gli ultimi sette anni di vita italiana potrebbero essere condensati in queste poche parole che  del resto descrivono un clima profondamente consociativo innestatosi  assai prima, fin dai tempi della Bicamerale: fu proprio per permettere quel tavolo poi rovesciato da Berlusconi che si decise di ignorare l’ineleggibilità del Cavaliere in quanto titolare di concessioni statali.

Così arriviamo all’ultimo incredibile atto di cerchiobottismo di Napolitano che racchiude in sé tutte le ambiguità dell’ultimo ventennio, lo spirito di palazzo e lo spirito di casta, una sorta di condensato del fallimento politico del Paese. Non è certo una sorpresa  visto che la sua elezione non fu il frutto di un compromesso, ma, come dire, quasi l’allegoria  di una convergenza sostanziale sui temi di fondo: l’antico dirigente comunista, divenuto tale dopo una tardiva e sorprendente adesione al Guf , ma poi convertitosi al mercato tanto da trovare in Berlusconi il proprio editore, è divenuto il garante della consociazione. Certo ai cittadini è stato rappresentata una guerra senza quartiere tra il tycoon dei media e il centrosinistra, ma salvo che sull’Ici-Imu e altre cose  minori, ciò che ha fatto l’uno non è mai stato sconfessato dall’altro.

Una situazione drammatica perché entrambi gli schieramenti rappresentavano con questo appoggiarsi l’uno al’altro in forma di scontro, l’incapacità di elaborazione politica del Paese: dopo la caduta del comunismo la sinistra si è limitata a cercare spazi di manovra negli interstizi del pensiero unico, mentre la destra ha dato un propria interpretazione patibolare del liberismo. Ed è così che entrambi si sono dedicati a seguire il main stream che profetizzava  lo scasso dei diritti e la precarizzazione del lavoro, la minimizzazione dello Stato, l’aggressione del welfare già un decennio prima che arrivasse la crisi. Che del resto è la causa diretta o indiretta proprio di questa delirante visione, non il suo effetto.

Non è mai troppo tardi per avere questa illuminazione, specie ora che i catastrofici errori commessi nel passato, il livello di corruzione

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che prende alla gola, l’impoverimento dovuto alla superficiale e acritica adesione al feticcio europeo, hanno finito per mettere a nudo una società diseguale, profondamente ingiusta dove antichi vizi si saldano alle nuove difficoltà e nella quale molto futuro è stato cancellato. Non è certo un caso che l’analisi dei flussi elettorali ci mette di fronte a una separazione della società in chi ha ancora lavoro e qualche garanzia e chi invece non ha né l’uno né l’e altre o teme di perderle: inediti scenari nei quali la divisione passa tra il fronte pensionati – casalinghe e piccoli imprenditori – disoccupati. Anche questa confusione sociale è il frutto avvelenato del ventennio e si riflette sull’elettorato del Cinque stelle che appunto tende a rappresentare l’area di insicurezza e ansia più che quella della protesta propriamente detta.

Altro che dare salvacondotti a Berlusconi, come fa Napolitano che lavora per l’ennesimo governissimo sotto la sua direzione. Si dovrebbe chiudere il sipario su questa commedia divenuta l’intollerabile dramma del Paese e sulla compagnia di giro che l’ha rappresentata.


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