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Napolitano pondera, si salvi chi può

Creato il 07 agosto 2013 da Albertocapece

naposolitario il SimplicissimusPer carità, stiamocene zitti, non disturbiamo il manovratore che oltretutto ha notoriamente problemi di udito. E’ il Quirinale che chiede di fare silenzio  sulla vicenda Berlusconi perché «non si eserciti su di lui, attraverso interpretazioni infondate e commenti intempestivi, una intrusione in una fase di esame e riflessione che richiede il massimo di ponderazione e serenità».

Capisco che a una certa età e con questo caldo il dibattito nel Paese possa apparire come una spiacevole intrusione e non come la normale dialettica che si sviluppa nell’opinione pubblica di fronte a un evento atteso e temuto per troppi anni. Se di una cosa ci si dovrebbe dolere è semmai dell’eccesso di strumentalità, di ipocrisia e di vera analfabetismo umano che vi si rivela. Ma mi chiedo: su cosa deve riflettere Napolitano? Cosa deve esaminare? Un certo signore è stato condannato in via definitiva per evasione fiscale. Punto. Il fatto che quel certo signore, peraltro indagato per una serie così variegata di reati da far invidia a certi personaggi da telefilm,  sia a capo di un partito e che possa far cadere un governo peraltro inutile e incline alla menzogna, non toglie un’unghia al principio che la legge è uguale per tutti e che il Paese ha bisogno finalmente di qualcosa di chiaro e di pulito.

Questa sarebbe l’unica ponderazione e l’unica serenità possibile in uno stato di diritto. A meno che questa ponderazione non sia applicata a trovare una qualche scappatoia per il condannato. Perché se si trattasse di questo la serenità invocata non sarebbe altro che un alibi e un pretesto. Invece uno Stato e i suoi cittadini possono essere sereni, anche in un momento drammatico, solo se sanno che il ricatto non paga e che ci sono dei limiti all’arroganza e all’impunità di un potente.

Quindi caro presidente lei deve badare alla nostra serenità e non alla sua personale, nella quale – a titolo personale -non credo affatto. Credo invece che al Colle regni spavento per la possibile vendetta del condannato, per la possibilità che venga sollevata molta polvere nascosta della Repubblica e che circoli angoscia di fronte al progressivo fallimento di una tessitura di palazzo che ora mostra la corda e manda all’aria gli inciuci. Certo capiamo che il Quirinale non può far trapelare di essere il vero Palazzo Chigi dove abita solo una controfigura di comodo: significherebbe ammettere ufficialmente di essere dentro un pasticcio oligarchico e anticostituzionale nel quale presidente della Repubblica e del Consiglio coincidono non di nome ma di fatto.  Una recita di casta, per così dire che però non può continuare oltre certi limiti.

Quindi, presidente, non ponderi e ci lasci sereni, ci tolga quella sgradevole impressione che il silenzio richiesto serva a concentrarsi su un’ ennesima squallida combine di cui la più alta carica dello Stato ambisce ad essere il garante. Anzi di più, il sospetto, l’angoscia che la sua rinuncia al meritato riposo sia nata proprio in funzione di questa garanzia.

Per carità, più lei pondera, più ci spaventiamo.


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