di Claudia Boddi
Prima che il cuore esploda, che il cervello diventi una pappa molle, che le prestazioni sessuali perdano vigore senza alcuna speranza di ripresa, che lo stomaco marcisca, prima che tutti gli effetti della cocaina si facciano sentire, la sua assunzione fa divertire di più, lavorare di più, comunicare di più e con più sicurezza di sé. È più facile flirtare, parlare, essere simpatici e sentirsi apprezzati. È la droga performativa, con LEI puoi riuscire a fare qualsiasi cosa. In un’epoca in cui l’assenza di limiti è il must assoluto, ricorrere alla polvere bianca significa aderirvi perfettamente.
Più comunichi, più sei felice, più produci, più sei di successo, più commercializzi i sentimenti, più te la godi. Sempre di più. Chiamano il tuo nome e tu ti volti un attimo prima che finiscano di pronunciarlo, squilla il telefono e tu lo senti prima degli altri, sbatte una finestra e te ne accorgi per primo. È la noradrelina che amplifica e accende tutto. Che aumenta lo stato di vigilanza e allerta. Ma noi non funzioniamo solo con i “più”. E non siamo fatti per arrivare sempre prima che i nostri neurotrasmettitori finiscano di fare il loro lavoro. Arriva un momento in cui l’accelerazione inizia a placarsi, l’eccitazione lascia spazio alla tranquillità e i livelli di guardia rientrano nei loro valori medi. È qui che il bisogno di lei diventa impellente: impossibile abituarsi a prestazioni di basso profilo, che hanno a che fare con la normalità, a reazioni non immediate, a vivere una vita non elevata al cubo.
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Non esiste mercato al mondo che renda più di quello della cocaina. Il narcotraffico non osserva le leggi economiche del libero scambio: con la coca, più investi, più riscuoti, e non c’è nessun impiego di denaro più redditizio di quello. Questo il tragico principio alla base dell’incremento del traffico internazionale di droga, dei milioni di morti ammazzati e torturati, delle file di figli orfani abusati e di mogli vedove perseguitate. La cocaina è l’unico bene commerciabile che non teme l’inflazione dei mercati o la scarsità delle risorse. È un bene “anticiclico”, si dice tecnicamente. Ci sono molti paesi nel mondo che vivono senza ospedali, web, cibo o acqua corrente, ma non senza coca. Dati statistici dell’Onu riportano che nel 2009, in Africa, ne sono state consumate ventuno tonnellate, in Asia quattordici, in Oceania due. In America Latina e Caraibi, più di centouno. I costi per piazzarla sono bassissimi, il margine di profitto, altissimo. La cocaina si vende più dell’oro e i ricavi possono superare quelli del petrolio. L’oro ha bisogno di mediazioni, di passaggi in raffinerie, pozzi e oleodotti. La neve è l’unico bene che permette invece l’accumulazione originaria.
Chi punta sulla cocaina, narcotrafficanti e mafie di tutto il mondo, in brevissimo tempo riesce a raccogliere ricchezze che le grandi holding immagazzinano in decenni di attività, investimenti e speculazioni finanziarie. Non c’è mediazione con la coca, non ci sono né sindacati, né piani industriali, niente disposizioni statali impugnabili in tribunale. La cocaina, la risposta immediata al bisogno di liquidità impellente. La sua economia cresce a dismisura e l’orrore che porta con sé arriva ovunque.
“Da zero a mille. […] Anche quando la legge rintraccia la radice criminale e cerca di estirparla, resta difficile che riesca a trovare tutte le imprese legali, gli investimenti immobiliari e i conti in banca che sono stati acquisiti grazie alla tensione straordinaria ottenuta dalla polvere bianca”
(Roberto Saviano, Zero zero zero)
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