30 gennaio 2013 di Redazione
di Riccardo Viganò
Il 4 luglio del 1757, nella città di Nardò, ebbe luogo uno scontro armato, durato due ore, tra una compagnia di soldati dell’esercito borbonico, rappresentato da una compagnia di veterani (1) del Reggimento Svizzero di stanza in Terra d’Otranto (2), e due malviventi, tal Pasquale Caputo e Nicola Maritati, che, tra l’altro, erano parenti. Nello scontro a fuoco prese parte anche la popolazione che, imbracciate le armi, sostenne l’esercito nella cattura dei due criminali rifugiatisi, nel frattempo, in una stalla sita in prossimità del cosiddetto “muro di Santa Lucia” in Nardò.
A cercare di mediare la situazione intervenne tal Oronzo Maritati – padre di Nicola e zio di Pasquale – il quale fu pugnalato e ucciso, proprio nella stalla, per mano degli stessi consanguinei che mal valutavano il suo opporsi agli eventi. Pasquale Caputo fu colpito a morte dalle “scariche” dell’esercito e assieme allo zio di questi trovarono la morte anche due soldati e due sottoufficiali borbonici oltre a un sergente e un caporale degli Svizzeri.
Il Tribunale Regio di Lecce decise, dopo quattro giorni dai fatti, che il corpo del “discolo” Caputo dovesse essere affidato alle cure del “Ministro di Giustizia” di Lecce ovvero al boia. Questi, dopo averlo pubblicamente dissezionato, inviò alcune parti anatomiche del malvivente a Nardò che furono appese sia in piazza e sia vicino alla torre di “san Nicolicchio”, altre, invece, inviate a Lecce ed esposte pubblicamente. Ciò che rimase del corpo di Pasquale Caputo fu sepolto fuori le mura della stessa città di Lecce e precisamente nella chiesa dello Spirito Santo. Il giorno seguente ai fatti, i militari uccisi furono sepolti in Nardò dopo la celebrazione di funerali solenni che la popolazione neretina e il clero tanto vollero da accollarsi sia le spese del funerale e sia quelle di tutte le successive messe di suffragio. Oronzo Maritati, a sua volta, fu tumulato per “amor di Dio” nella cattedrale della città. Dell’altro malvivente, Nicola Maritati, la fonte dalla quale è tratta questa notizia – riportata qui di seguito integralmente – tace del tutto.
Il documento, attestante l’evento descritto, è inserito all’interno del XVIII Libro dei morti (anni 1739-1760) e conservato nell’Archivio della Basilica Cattedrale di Santa Maria Assunta di Nardò. Qui di seguito la trascrizione del testo in esso contenuto:
AD 4 luglio 1757
Ad ore 20 si portò una compagnia di svizzeri per arrestare Pascale Caputo e Nicola Maritato, zio e nipote, che s’erano nascosti in una stalla nel muro di Santa Lucia, come uomini discoli e mal viventi. Questi però non solamente no s’arresero di buona voglia in mano alla giustizia, mà restarono con armi da fuoco, e con tanta forza e atrivimento, che restarono ammazzati un Sergente, un Caporale,e tre soldati; scompigliata la città di tanto rumore, si pose tutta in armi ed Oronzio Maritati, padre dell’uno e zio dell’altro (ill) del suo dominio accorse egli (ill) essergli (a loro) sopra colla lusinga che (alle) sue preghiere si fussero arresi, ma questi da sanguinari ed inumani quali erano, vedendolo (o)pposto al loro mal talento senza perdonare al loro sangue uccisero pugnalate dentro la stessa stalla; Doppo due ore di fuoco dall’una e dall’altra parte alla fine da più scarichi ammazzarono il detto Pasquale, (e) il di lui corpo, (come) decreto da Regio Tribunale di Lecce doppo quattro giorni fu diviso il corpo di Pascale Caputo in più Parti per mano di un Ministro di Giustizia di Lecce. La testa fu posta nell’orologio a mezzo alla piazza , con un braccio appeso alla porta di Lecce chè si và al ponte , un altro braccio alla torre vicino San Nicolicchio (Nardò) e di restante corpo alla chiesa dello Spirito Santo fuori della Città: Gli soldati Gion Friahec Sergente, Wolgang caporale, Michele Iray, Michele Orlach, Giovacchino Fronzi romano, li quali per gratitudine la mattina seguente con molta pompa essendo intervenuto il Reverendissimo Capitolo e Reverendissimi Mansionarii, colla Messa cantata, e molte messe celebrate per l’anima di detti soldati. Il detto Oronzo Maritato fu seppellito nella cattedrale per amor di Dio.
(1) L’utilizzo di soldati “veterani”, come forze dell’ordine da destinare sul territorio per contrastare atti criminosi e pirateria costiera, era diffuso sin dalla nascita del borbonico Regno di Napoli (1734). Persistevano sul territorio salentino, infatti, oltre al Battaglione Svizzero anche il Battaglione degli Invalidi – con Ufficiali e sott’ufficiali – il quale, a sua volta, schierava molti militari stranieri (Spagnoli, Tedeschi, Francesi, Piemontesi,Valloni e Veneti) incapaci di attendere alla normale leva e perciò utilizzati, sino a sopravvenuta more, come torrigiani costieri.
(2) Ciascun reggimento in conformità con i regolamenti borbonici si componeva di uno stato maggiore di 20 ufficiali, uno stato minore di 17 soldati e di due battaglioni, ognuno composto da 24 ufficiali e 684 soldati suddivisi in 4 compagnie fucilieri e 2 compagnie scelte, una di Granatieri e l’altra di Cacciatori. Le reclute svizzere accettavano l’ingaggio nell’Esercito delle Due Sicilie volontariamente per una ferma di 4 anni, alla fine dei quali potevano rinnovare per altri 2 o 4 anni di ferma, oppure congedarsi definitivamente. I soldati che avevano raggiunto i limiti di età, ma ancora abili al servizio militare e intenzionati a proseguire nella loro professione, potevano entrare a far parte di speciali compagnie dette dei “Veterani Svizzeri”.