di Riccardo Viganò
Mortier, Pianta prospettica della città di Nardò in Puglia, Amsterdam, 1704
Il terribile terremoto del 20 febbraio 1743 colpì una regione molto vasta, provocando danni ingenti nella penisola salentina e nelle isole Ionie, al largo della Grecia occidentale. Il sisma fu chiaramente avvertito anche a Napoli, in Calabria e nello stretto di Messina. Le città di Nardò e di Francavilla Fontana registrarono i danni più ingenti, ma molti se ne contarono anche in altri centri di Terra d’Otranto. Nella sola Nardò il terremoto provocò centinaia di vittime, il cui numero varia a seconda delle fonti consultate. Centododici secondo il Liber mortuorum della chiesa cattedrale neretina, duecentoventotto morti e quattrocento infortunati gravi secondo il Notaio regio ed apostolico Oronzo Ipazio De Carlo. Squadre di soccorso vennero organizzate dai centri vicini: “La fedelissima città di Lecce mandò carità a detti infermi con il suo maestro di piazza settecento rotula di pane, quattro castrati.
L’eccellentissimo marchese di Galatone ossia il principe di Belmonte con la sua solita pietà giornalmente provvede al necessario ai poveri avendo dato ricovero alle religiose, dette a conservatorio a più e a più persone che erano fuggite in Galatone, dove dimora l’eccellentissimo Duca di Conversano preside, e da dove provvede giornalmente ai bisogni di detta Città.”.Naturalmente i danni alle costruzioni civili, private, pubbliche e religiose, furono ingenti. Sempre secondo il notaio De Carlo, fonte preziosissima dell’evento, il danno subito ammontava “ad un millione, cento, settanta, cinque mila Ducati”.
Tre mesi dopo il sisma, nel maggio dello stesso anno, vennero inviati, su mandato regio e per l’apprezzo dei danni, Nicolantonio dè Angelis di Corigliano e Luca Giovanni Preite di Copertino, entrambi pubblici muratori, diretti dal Magnifico Domenico Plaietano, ufficiale alla regia segreteria della Provincia d’Otranto (ASL sezione notarile, protocollo 66/17 notaio Oronzo Ipazio De Carlo anno 1743 cc. 204 r/v.). Furono costoro a dichiarare sotto giuramento che i danni stimati ammontavano a 426.984 ducati, cui dovevano aggiungersi quelli arrecati alle opere d’arte, tra cui il cappellone in pietra leccese di S. Gregorio. Le dichiarazioni di questi pubblici stimatori si ritrovano annotate nei rogiti notarili (ASL sezione notarile, protocollo 66/17 notaio Oronzo Ipazio De Carlo anno 1743 cc. 204 r/v,205 r.), datate 27 giugno 1743, e si trascrivono in buona parte di seguito:
Die vigesima septima mensis junii, sextae inditionis 1743: in civitate Neritoni…
Costituiti avanti di noi in testimonio pubblico Nicolantonio dè Angelis della terra di Corigliano e Luca Giovanni Preite della terra di Cupertino al presente in questa Città di Nardò, a noi ben noti essi gli spontaneamente, e non per forza, dolo ò inganno alcuno, mà di loro libera volontà attestarono, confessarono e dichiararono, come col presente atto attestano, e con giuramento dichiarano come in esecuzione di Regio ordine ad essi loro, come pubblici Muratori, ed apprezzatori, il giorno a diecinnove Maggio caduto dal Mag: Domenico Plaietano ufficiale alla regia secretaria di questa provincia di Otranto, dipendente di Real dispaccio di S(ua) M(aestà) D(io) G(uardi), in data di nove marzo in data corrente, eseguirono da questa sacra Real udienza à sette di detto mese di Maggio, accordando cinque giorni continui la persona di detto Mag. Plaietano apprezzorono, e valutarono, così il valore intrinseco delle case di detta Città di Nardò, come gli danni à quelle cagionati dall’orrendo Tremuoto accaduta in detta Città a circa le ore venti trè e mezzo del giorno venti di febbraro del corrente anno, e con ciò osservarono, che gli edifici tutti di detta Città e tanto stati notabilmente lesi dal detto terremoto, e che per la maggior parte quelli erano fin dalle fondamenta precipitati, e quelli che erano stati o rimasti in essere, era d’uopo in gran parte anche demolirli e quelli che restar poterono senza demolirsi, alcunché erano instabili, ricercarono grandi spese per accomodarsi.
Ed avendo proceduto all’apprezzo così dalle Chiese, Conventi, Monasteri di donne Monache, come di tutti gli edifici, e case di detta città di Nardò, e fondato giudizio e perizia stimarono il valore intrinseco ed il danno di ciascheduno dè medesimi. Qual danno et distinzione ascende in docati Duecentoventi due mila, trècento venti trè colla divisa che dà benestanti si sofferse il danno in somma di docati sessanta due mila, cinquecento, e duodici. Delle Persone Povere in docati Cinquanta mila, ottocento venti nove, à dette chiese, e conventi in docati cento otto mila, novecento ottanta due, oltre docati ottomila vi necessitano per demolire i parieti che minacciano ruina, a danno dè convicini, e per trasportarvi fuori dalla Città le pietre, e monitioni inutili nati dal precipitio di dette case rovinate. Inclusi in detta somma docati trenta sei mila ottocento che servono per farvi l’infrascritti acconcii di peso, […] et oneri alla Università di detta Città e suoi cittadini, cioè:
pèr le Muraglie, e Torri docati trenta mila 30.000
pèr le case del Governatore, e carceri ducali, docati seimila 6.000
pèr il pubblico Sedile docati ottocento 800
36.800
Che considerabile somma si ricerca d’accomodarsi il cappellone di finissimo intaglio in pietra Leccise del glorioso San Gregorio Armeno principal protettore di detta Città, Come un atro appartamento di case della medesima dove solevano soggiornare i Ministri Regii, che in la medesima Città transitavano: giacchè detti due membri vi possettero da essi attestanti apprezzare per le ruine evidentissime, che minacciavano parimente incumbenza, e di peso dè cittadini alla suddetta città; come il tutto più diffusamente dissero acclararsi dagli atti di detto informo, e dalla di loro giurata n deposizione fatta al detto Mag. Plaietano sotto il venti trè trascorso del suddetto mese di Maggio (sic). Dalla quale parimenti si acclara che essi sono pubblici Apprezzatori, e Muratori, e che anno tutta la piene scienza in somiglianti affari per aver in diversi tempi, e congiuntire fatto diversi fabbrichi di pianta, e aver anche d’ordine di detto illustrissimo tribunale, e di diverse altre corti inferiori della provincia fatto diversi apprezzi. Sic declaverunt, (segue elenco dei testimoni).