Se parliamo dell'inizio degli anni 90 ci riferiamo quasi della preistoria. Internet era associato a due parole che facevano tremare le ginocchia a chiunque ne conoscesse il significato: modem 56K. Altro che ADSL, altro che fibra, ci volevano 10 minuti buoni per aprire una foto e anche un intero pomeriggio per scaricare un brano mp3 (o meglio midi o wav, perché l'mp3 ancora non c'era). Già qualcuno però parlava di Internet delle cose o degli oggetti come di una realtà visionaria in cui un elettrodomestico sarebbe stato in grado di avvertirci dello stato di conservazione di un prodotto o dell'esigenza di essere riparato o pulito. Fantascienza? No: evoluzione tecnologica. Poi però qualcosa si è indirizzato verso un'altra strada e più che Internet delle cose è diventato Internet industriale degli oggetti nel senso che la rete è entrata nel processo industriale di realizzazione dei vari elettrodomestici e gadget hi-tech.
Alla base della nascita e dell'evoluzione dell' Internet industriale degli oggetti ci sono il cloud, la capillarità della rete e la grande potenza di calcolo dei server attuali che hanno reso possibile una nuova concezione della progettazione industriale e che stanno spingendo l'industria verso una nuova rivoluzione sulla base di efficienza e precisione. Una turbina a gas o una pompa petrolifera possono essere progettate in maniera più accurata raccogliendo informazioni ambientali in zone potenzialmente pericolose.
Un esempio attuale di Internet industriale degli oggetti è il progetto Phillips CityTouch per l'illuminazione stradale in versione smart incentrata sul risparmio energetico e la sicurezza degli automobilisti: si tratta di una rete di lampioni in grado di accendersi da soli in caso di improvviso calo della luce ambientale, di cambiare colore per segnalare particolari tipologie di problemi legati al traffico e di mantenere illuminate zone che necessitano di un controllo maggiore.
La rivoluzione dell' Internet industriale degli oggetti è cominciata dunque.