Chi mi conosce sa quanto io ami Nashville. E chi ci è stato sa le emozioni che ogni angolo trasmette, dal più piccolo locale con infimo palco per musica dal vivo al mastodontico edificio della Grand Ole Opry House. Tutto dice musica, tradizione, calore, ospitalità e tanta gioia di vivere nonostante la recessione americana generale, la crisi del mercato discografico in particolare e la tentazione di commistioni o compromessi musicali che poco gioverebbero comunque alla musica country.
Vedere la “mia” Nashville sommersa dalle acque del fiume Cumberland durante l’inondazione che ha colpito la capitale del Tennessee durante il primo fine settimana di maggio mi ha reso davvero triste. Ho visto posti a me familiari completamente devastati; ho letto di 30 morti uccisi dal contemporaneo uragano che si è abbattuto su tre stati del sud in quelle ore (20 solo in Tennessee) e avuto notizia di stime per danni di circa un miliardo di dollari solo a Nashville. Ma tutto questo grazie a internet perché in Italia, eccezion fatta per un telegiornale nazionale, la notizia di quella che è stata una delle più costose catastrofi nazionali nella storia recente degli Stati Uniti è stata pressoché ignorata dai media, presi come erano a parlare dello pseudo attacco terroristico a Times Square, della immane tragedia del petrolio in fuoriuscita sul fondale del Golfo del Messico e della nube vulcanica islandese che blocca i voli.
D’altronde anche il popolo di internet sembra abbia preferito informarsi su altro, poiché una statistica sul motore di ricerca Google ha mostrato che le parole “Times Square bomb” in quelle ore sono state digitate ben 8.390 volte, contro le oltre 13.000 di “BP oil spill” (fuoriuscita di olio della BP) e le “sole” 2.430 volte di “Nashville flood” (inondazione di Nashville). Peraltro queste ultime ricerche provenienti da provider del Tennessee. La cosa mi ha comunque lasciato un po’ perplesso. A quanto pare la stessa cosa è successa negli Stati Uniti. Betsy Phillips, una reporter del Nashville Scene, ha scritto: «Era uno schifo durante il corso di quella domenica pomeriggio saltare dalla CNN su Fox News o su MSNBC e non vedere assolutamente alcuno di questi network riportare immagini o fotografie di quanto stava accadendo a Nashville, mentre l’inondazione faceva il suo corso e la nostra gente moriva».
Il silenzio dei media significa l’ignoranza delle persone e l’ignoranza delle persone comporta minori donazioni, aiuti più lenti e difficili, meno pressioni politiche da usare per risolvere i problemi. Forse il rischio della perdita di una considerevole parte del patrimonio musicale americano (e non solo!) non vale la copertura mediatica dei principali network televisivi? Forse che terrorismo e ambiente sono i soli argomenti ritenuti capaci di catalizzare l’attenzione dei telespettatori? Se fosse così, abbiamo perso in partenza la guerra per la salvaguardia del nostro pianeta, già notevolmente compromessa.
Su YouTube, tra diveri filmati riguardanti questa tremenda inondazione, ne ho selezionati 3 che danno una idea abbastanza precisa di quanto è successo. Se volete darci un occhiata vi propongo qui di seguito i link relativi. Tornerò sull’argomento alluvione nei prossimi articoli.
(Nelle tre foto, dall’alto verso il basso: downton Nahville allagata dall’alluvione; il Grand Ole Opry sommerso dall’acqua; una delle numerose e ampie gallerie coperte dell’enorme Opryland Hotel invasa dall’acqua del fiume Cumberland)
Magazine Ecologia e Ambiente
Nashville, l’inondazione che non c’è stata
Creato il 17 maggio 2010 da Godblesscountry @massimoannibalePotrebbero interessarti anche :
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