C'è un desiderio di paternità in "Nasty Baby", sbandierato a tutto tondo, con immenso entusiasmo, dal protagonista, che poi è anche il regista e lo sceneggiatore, Sebastián Silva. Un desiderio che il suo compagno, interpretato dal silenzioso e titubante Tunde Adebimpe, condivide, ma senza fretta, quella che, al contrario, la loro migliore amica, disponibile a mettere a disposizione l'utero, Kristen Wiig, cerca in tutti i modi di incalzare, per andare incontro anche lei al suo desiderio di maternità.
Una famiglia moderna sarebbero, una famiglia che in molti non approverebbero; e non serve che quei molti siano distanti dagli interessati, perché persino alcuni parenti vicini al trio, non frenano le loro concezioni, sostenendo che le difficoltà sull'inseminazione, ultimamente riscontrate, siano dovute ad uno schema di Dio che poco si specchia con il loro, nuovo di zecca. Eppure Silva su questo tema tende a provocare passivamente, lasciando che sia lo spettatore in solitudine a continuare la polemica, o a tifare che la volontà dei tre protagonisti trovi improvvisamente un muro capace di fermarli definitivamente. Perché in realtà, "Nasty Baby" non è solo una storia sui tempi che cambiano, sul concetto di famiglia, volenti o nolenti, oggi rivisitato e più aperto, ma su quanto ad essere cambiata sia innanzitutto la società, quella con la quale non basta più andare a fare i conti, ma bisogna pure essere in grado di leggere e contrastare in un determinato modo, specie se si ha intenzione di voler crescere al suo interno un figlio innocente in maniera originale. Il vero pericolo, dunque, non sono né i pregiudizi e né i conservatori, ma l'incapacità, piuttosto, nel gestire particolari situazioni non ordinarie, ma comunque avverabili in una quotidianità ciclica e disordinata: come può essere quella in cui si muove un vicino omofobo e fuori di testa, incline a rompere le scatole come, in base all'umore, a sfoderare una sterile aggressività.
Tale vicino diventa per i futuri - chissà - genitori un banco di prova, un argomento su cui abbozzare discorsi, esaminare l'educazione, la rabbia e, magari, misurare pazienza, controllo e maturità: quella che il titubante personaggio di Adebimpe dimostra avere in forma più sviluppata del suo compagno, irascibile, Silva, il quale, a quanto pare, sembra aver rubato molto da quel padre che non ama e di cui rivendica i difetti. Da commedia dolce-amara allora "Nasty Baby" spiazza tutti e cambia registro, buttandosi a capofitto in un ribaltamento che ha il sapore di dramma e di thriller, ma che tuttavia procede con l'esser legato stretto sia alla trama che al ragionamento impostato da Silva, il quale per come lo lascia accadere, trascina e colpisce lo spettatore facendolo sentire parte integrante del problema da risolvere e da affrontare.
Quella leggerezza di cui si vantava, quella responsabilità che sembrava essere sotto controllo infatti ad un certo punto sfuggono, al personaggio di Silva (vero protagonista), aprendo le porte ad un mondo completamente diverso da quello inquadrato prima. Un mondo incline a quello che conosciamo, un mondo in cui il diverso non è tollerato, neppure da chi è diverso a sua volta, un mondo identificato, quindi, per la prima volta, con gli stessi dubbi sollevati dal suo compagno in precedenza.
Lo stesso posto, per intenderci, in cui provare ad ostentare una mancanza di preoccupazione è qualcosa di poco probabile e credibile.
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