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Natale a Uyanzi / Spazio Spiritualità

Creato il 14 dicembre 2014 da Marianna06

 

 

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Uyanzi è l’ultima comunità nata della missione di Heka: 104 cristiani.  Per circa 20 km il percorso lo si può chiamare strada.  Bisogna solo fare la gymkana per evitare i rami spinosi che la tappezzano.  L’ultima ora, tra una pianta e l’altra, bisogna passare dove si può.  Si attraversano fiumiciattoli secchi, ma dal letto profondo.  Per cui durante la stagione delle piogge è impossibile raggiungere Uyanzi. 

 

   Ecco la cappella!  Alcuni pali e un po’ di paglia cha fa da tetto.  Niente mura.  Niente ripari.  In attesa che la gente arrivi…seggo pensoso.  Dico a me stesso: devono essere questi i posti dove piace al Signore rinascere.  Ripetono Betlemme.  Nessuna ostentazione, nessun fasto, solo povertà.  Solo la ricchezza di cuori che gioiscono per la minima cosa bella.  Spiriti aperti: come la loro cappella.  Qui non c’è bisogno di spalancare le porte perché il Cristo entri.  Tutto qui è apertura.  Cappella e cuori.

 

   Confesso che all’omelia mi sento imbarazzato a commentare la festa e le letture.  Sono tempi duri questi a Uyanzi e altrove.  Niente pioggia e poche prospettive che piova presto.  Eppure qui tutto grida: pioggia. Le persone, gli animali che muoiono, la terra.  Temo di non avere espressioni appropriate per la situazione concreta.  Mi faccio coraggio, facendomi aiutare.  Con domande e risposte riusciamo a  far sì che il vangelo della Parola fatta carne sia parola di coraggio e di vita: per me e per loro.

 

   La povertà è visibile in tutto.  Eppure nessuno si avvicina per chiedere. Come, a ragione, capita spesso.  Una donna anziana, invece, mi chiede il piccolo catechismo per insegnarlo ai suoi nipotini.  Non l’ho con me, ma glielo prometto.  I suoi occhi si illuminano.  Prendendomi le due mani tra le sue, callose e sporche, con la lieve genuflessione di rito non cessa di ringraziarmi: asante, asante, asante.  Sono scene che rimangono scolpite per sempre.  Ricordi che si portano nel cuore con gioia e nostalgia.

 

   Uyanzi!  Qui tutto è speranza, poiché qui c’e ben poco.  Abbonda la durezza della vita.  Delle donne che in questo tempo devono andare ad attingere acqua a 3 ore di distanza.  Dei bambini che ogni giorno devono camminare 2 ore per arrivare a scuola.  I molti bambini sono speranza.  Come il Bambino nato Betlemme, che l’apostolo Paolo chiama ‘nostra Speranza.’  La speranza crea il futuro.  La speranza e’ per molti l’unica ricchezza!

     

                          P.Giuseppe Inverardi (IMC) da Bunju (Tanzania)

 

   

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      Nella foto  sopra consegna dell'attestato di diploma  in una scuola secondaria

                             

                                        

 


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