Ecco, eccezionalmente di pomeriggio, un altro scritto in tema col nostro hastag #unasettimanamagica, inviato da Quirino Riccitelli
E’ già nuovo Natale, ritratto sbiadito di magiche cose là fuori. Eh già, nuovo Natale, ritratto le magiche cose, sbiadite qua dentro. Scarsa una settimana e sarà dunque Natale. Pochi giorni sì, poi anno nuovo. Vita vecchia, ma se a sceglierlo sarò io. Qui da me si mettono su almeno un paio di chili, in quelle due settimane, piene, a seguire. Si mangia a Natale, eccome. E come si mangia a Natale! In provincia di Caserta, poi, non ci riferiamo solo al 25 dicembre, ma a tutto il periodo in cui si consumano: struffoli, “torcinelli”, pandori, panettoni regalati, frutta secca, bisunte fritture di pesce impregnanti, e quant’altro questa rossa festività obblighi a digerire agli esausti succhi gastrici. Senza alcuna tregua si degusta, s’accompagna con Bacco, poi si bivacca a slacciarsi cinture e, stranamente, s’aggiungono, ad esse, punti! La sera della Vigilia inizia presto. Da me non si pranza, si “spizzulea” semplicemente, ovvero si stuzzica giusto qualcosina. Si è, difatti, ben consci del già previsto sforzo serale: perché ci vorrà, sul serio, tanto fegato. Saranno vere e proprie cene matrimoniali, sberle in faccia alla crisi insomma. Non esiste che si risparmi, manco sul perdonare qualche “zampone” ai porci e, senza l’ausilio dell’omonimo piede, si svaligeranno ad libitum frigoriferi stracolmi di prelibatezze. Tra le due parti del suino, a Capodanno, la parte superiore, s’abbina sovente alle lenticchie e… più ne mangi, più avrai fortuna. Macché, saranno decenni che m’ingozzo nel crederci per nulla! Sgamai “Babbo a Natale”; ficcava i regali sotto l’albero a casa vecchia. Lo insultai infervorato quella mattina, perché m’infranse un sogno innocente. Era il grasso 1991. Beccai Mamma, l’anno successivo, a contare le caramelle e i pezzi di carbone sul letto. Capii che non esisteva manco la Befana e piansi, perché quelle lacrime bagnassero la terra dove iniziavo a crescere, forte delle prime delusioni. Col tempo poi, sgamato e scaltro, iniziai ad aiutarli i miei, recapitandogli direttamente il civico dei regali da suggerire per andare “a colpo sicuro”. La storica pubblicità, da filastrocca, ancor enuncia che, teoricamente, “a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai…”. Davvero? Mah… onestamente, per me, “onesta mente” quella bimba. Negli anni s’è persa quella magia di anni ben trascorsi, quel senso di speciale. Scaduto e andato in malora. Ricordo nitida l’eccitazione nel letto d’infanzia, a combattermi l’ansia per i doni da scartare l’indomani. Bastavano i colori incerti del primo mattino, a svegliare di strano quel sonno vergine, mentre fuori e dentro c’era sul serio magia. Non occorreva neve per arricchirla d’altro quell’infanzia lontana. Bella, punto! Non c’è superfluo al perfetto, intatto ai decenni intercorsi nell’integre memorie. Quei desideri ingenui e mai disattesi, perché ci si accontentava di poco; li riportavi sui fogli, con gli errori da cancellare nelle letterine al fantomatico scandinavo. Usavi il condizionale e mettevi pure le alternative. Si, Mamma ci chiedeva di aiutare Babbo Natale, perché, in fondo, aveva da accontentare i bimbi di tutto il Mondo. Era duro il lavoro del vecchio e canuto barbuto, però ne aveva uno anche mia madre; perciò aumentavo le opzioni nella lista e le facilitavo l’acquisto. Senza renne, sia chiaro, la santa donna parcheggiava umilmente i pochi cavalli della “Panda 750” nel retro del vecchio negozio; oggi abbandonato e in disuso. Già chiuso da anni, sottomessosi e prostrato come tant’altri simili, pure se di diverso genere, alla crisi incombente. Non guarda in faccia a nessuno, io archivio la parentesi sui ricordi, o perdo il filo… Ho una concezione del Natale abbastanza critica, eppure non mi dispiace affatto nel complesso. Se da una parte ne condanno l’aspetto consumistico, dall’altra mi viene invece d’ apprezzarne quella densa magia respirata in giro, sfumata sì col passare del tempo, ma dura a morire. Ho sempre un proposito buono, che m’impongo proprio in concomitanza del santo Natale, ma poi, puntualmente, lo fallisco. Esile l'intento mio, d'urlare a voce fioca che “mi manterrò a tavola”. Qui a Piedimonte, tale espressione, indica l’intenzione di contenersi, nel previsto cibarsi con indiscriminata fluenza (a cui prima accennavo). In parte sarò costretto a farlo seriamente, in cerca forse d'un appiglio, utile a risollevare il formicolio ai piedi e il supplemento di carico che le gambe dovranno sopportare. Ingrasserò a breve, mi rassegno ma, per ora, la bilancia non è nemica. Eppure a breve si schiererà contro di me, già lo so!
Breve excursus sulla cronologia del corrente periodo:
Natale t’avvisa a suon di tv. I primi segnali di vita, li dà la rotazione periodica delle pubblicità nel digitale; queste cambiano e iniziano gli stagionali consigli per gli acquisti, riciclati come si farà con certi regali. Stancano quelle canzoncine, galoppano di staffa nell’orecchio. Immutate da decenni, ripetono odiosamente la filastrocca che pretende una chiusura corale. Un ottimista, forse, gliela darebbe la soddisfazione; di certo non io, irritato e disilluso. Il rosso che agghinda il paese, inizia nelle vetrine (da metà novembre in poi). Seguono le luminarie natalizie (inizio dicembre): stelle comete per i vichi e indecifrabili sagome; una in particolare, nel centro del mio paese, riconduce a morfologie pressoché falliche. Ambigui, avanzano i significati oscuri del periodo in atto. Giunge poi il giorno dell’Immacolata Concezione. E' in questa data che si da il via al Natale nelle case! I fedeli spesso lo ignorano, ma la suddetta ricorrenza è da dedicare alla Vergine, non a Gesù. Pure a casa mia, in verità, apriamo l’albero finto, lo riempiamo di palle e luci all’apparenza sfarzose, ma pagate pochi euro dai cinesi. Mia sorella ciascun “otto” dicembre, orizzontale d’una mia infinita memoria, riapre i vecchi scatoloni, stipati nel sottoscala. Dentro ci conserviamo la polverulenta oggettistica, consona a metter su un dignitoso presepe. Lei soffia sopra quel cartone e poi, col solito gesto, scarta alla ricerca di quelle noci incollate, che rappresentano la grotta nel presepe. Dentro non mancherà nessuno, tranne il festeggiato… poi a mezzanotte del Venticinque, porteremo il “Bambinello” tra gli animali, perché solo innanzi al recinto è veramente “praesaepe”. Capodanno starà nel mezzo, e, tra tutti, è il giorno che preferisco. Intenti dignitosi, auspici e il buon proposito di prima. Guai a dimenticarlo! Inizierò a dirmi “da domani”, ma poi, all’indomani comincerò a posticiparmi il tutto per un nuovo anno, visto che chi lo fa a Capodanno, poi, lo fa tutto l’anno. Avrò sensi di colpa assurdi intorno al dieci di gennaio, lo so, allorquando la timidezza tremolerà sul piede, schivo nel salire sul piatto della bilancia, ad appurarmi i chili accumulati. Capirò che, a perderne pochi, c'investo tanta abnegazione, ma ad abnegarne tanti, è fin troppo facile. Non come nella vita, dove a perdere qualcuno è un attimo, ritrovarsi poi, assurdamente difficile, tanto più arduo, quanto più è sciocca la sua stessa causa scatenante. Sarà, in fine, l’Epifania a portarsi via tutte le feste, tranne i chili di troppo che, grazie alla sua calzetta, proprio nelle calzette (e non solo lì), inizieranno a stringere. Il mio Natale è già cominciato a fine novembre, con la solita dieta preventiva: voglio arrivarci in piena forma, al momento d’ingozzarmi senza remore. Avrò appuntamenti a tavola, poi in giro, dove qualcuno, per davvero, lo prenderò in giro. Dovrò stringere mani di circostanza; in piazza ci sarà da scambiarsi parole tanto per, auguri, poi consone indiscrezioni attuali. M’astengo docilmente a certi teatrini, dove s’architettano complesse trame d’assurdità inconcepibili. Figlie orfane del tale "sentito dire da fonte attendibile". Avvenute tutte nei pressi di lingue allenate. Si è tutti più buoni in questi giorni, ma io cerco d’esserlo tutto l’anno. Non ci riesco, miseramente ci provo… almeno saprò d’aver fallito. Cibo in abbondanza non digerisce uno spicchio di contentezza, un regalo non riempie una mancanza e un augurio da scambiarsi non basta a trasferirsi un vero sorriso. Nella cassapanca d'ogni casa, si rispolvererà anche la fedelissima tombola; vecchia e con la “smorfia” di dolore, sul viso della “Pulcinella suonata”; sta ferma sulla scatola, e quel suo sbiadirsi anno dopo anno, ne attesta l’invecchiamento graduale. L’ho intravista sul tavolo stasera, disegnata sopra il cartoncino, con tanto di maschera e mandolino in mano, già pronta a sopportarsi (a stretto giro) la meritata apertura, più la puntuale battuta di papà. Quella sull’ambo già dichiarato, ma con un solo numero estratto in quel giro. Parecchi credenti riempiranno le chiese, perché l’apparenza si sbottona quando ci si alza da tavola con la pancia strapiena; il prete, nella predica, farà riferimento ai poveri nel “Terzo Mondo” e lo stuolo di fedeli conterrà il rutto, così non stonerà d’eccesso quel coro, durante le “pause di riflessione” verso cui spinge il predicatore. Certi dovranno astenersi, altri trattenersi l’attacco di diarrea; altri ancora seguiranno il discorso senza problemi, perché lo cherry scolato in abbondanza gli avrà sgrassato cordialmente le viscere. S’assonneranno cert’altri e, taluni, dormiranno proprio di gusto. In chiesa e in preghiera, c’andranno un po’ di persone. Pure la “superficialotta”, sperando che l’uomo che la soddisfa e vizia, non le offenda il desiderio di possedere un certo profumo costoso in dono. Per nulla simbolico, lei lo pretende. E' indispensabile, ma non serve a coprirle la puzza d’opportunismo. Puzzano certi di coppia apparente, coi botti a breve, poi scoppieranno. Che tristezza ogni fine anno! E in quanti che puntualmente tentano di perdere qualcosa. Molti di questi sono convinti che il botto più forte corrisponda al giudizio sulla loro virilità. Soldi in fumo, nel vero senso della parola. Pregherà in chiesa un po’ chiunque, ma pochi lo faranno con l’intimità del cuore. La riflessione che, molto prima dei doni, porta e poche volte riscuote questo Natale. L’attimo intenso a cui invita il Signore. Pochi sussurreranno una confidenza alla fede. Preghiamo sempre per ottenere qualcosa, mai per confidare i veri sentimenti, le paure, un riparo. L’approccio non è dei migliori. Pregheranno con forza i volitivi; molti di loro, chiederanno lenizione al dolore e assistenza allo sconforto. Vittime vere di vita bastarda, ammalati e carcerati... per tutti è Natale. Questa l’essenza della magia che trasporta. I negozianti in centro, han già fatto la consona gara a chi allestisce la vetrina più bella. Nel frattempo il municipio ha storpiato le vie, come fa quella che si stucca il viso di troppo, quando maschera i difetti e diventa, di questi, una maschera. Scene imbarazzanti nelle chiese dicevo. Nei negozi poi, se presti attenzione, in questi giorni noti le lacrime facili del bimbo deluso da qualcosa. E’ colpa forse del giocattolo non comprato, ma è merito del genitore che non vuole viziarlo troppo. Gli insegna a sopportare un rifiuto e ad accontentarsi nella vita. Sotto l’albero già c’è la sua ricompensa, che annienterà le lacrime odierne. Giravo in auto ieri sera. Notavo certe case. Talune sono pacchiane, al punto di volgarizzarlo di spreco quel Natale. Eppure questo sarebbe povero… almeno così dovrebbe essere! Basta guardarlo senza occhi, sentendolo seriamente il significato della Natività, ma col cuore… non coi portafogli. Stando alla statistica, s’amplificano i litigi nelle case nel corrente festivo, perché dentro ci si incrociano, e scontrano, familiari non abituati a starci più d’una manciata di minuti nei feriali; sarà tutto festivo! Porteremo auguri ai parenti, baceremo amici di vecchia data, vecchi, giovani, quelli persi di vista, i persi della vita e tutti quelli soggetti a “difetti di svista”. Natale imporrà comunque d’indossare sorrisi, che celino qualsivoglia dissapore. E’ una Festa che pretende riscoperta, nuova nascita e un bel sole, a bagnarci l’anima di calore, colorando pure quegli anfratti eclissati dietro le incertezze più intense. Non desidero chissà cosa. Bramo una possibilità, nient’altro… e anch’io pregherò, ma a modo mio. Senza andare in chiesa. Avvertirò forse un brivido di speranza nel countdown che anticipa il nuovo anno. Aspetterò domani, pregherò per il mio domani, lotterò per viverne uno migliore. Vincerò contando sulle mie forze, perché se resto a contarmi le sconfitte non ottengo un bel nulla. Lo guardo con una serenità passeggera quel futuro, già schierato dietro l’angolo, con uno strano ottimismo. Strano si, perché latitante da tempo nei giorni miei. Ne scorgo giusto un esile lineamento per ora. Non appena sarà nitido, fisserò il mio destino, senza mai perderne la rotta. Inizierò costruirlo scegliendo me, e poi l’otterrò, perché io lotterò. Forse non ripagherà le mie aspettative, ma è questo quel mio buon proposito a cui prima accennavo… e ci sta che io possa pure fallire. Per una volta avrei, quantomeno, scelto io il modo giusto di fallire e, soprattutto, per una volta avrò scelto me…>>>.
<<<Sarebbe davvero un vero Natale…
Se solo s’ammettesse di più, e, se solo uno mettesse meno del suo nei fatti altrui;
Se solo s’ungessero coscienze, e, se solo non si pensasse ad ingozzarsi e basta;
Se solo s'odiasse di meno, e, se solo s'amasse al netto delle mere convenienze;
Se solo si distraesse quella frustrazione preda, e, se solo la si frustasse con una decisione già presa;
Se solo s’errasse a sol fin di bene, e, se solo, in fin dei conti, tutti fossero in pari con lo specchio…
Se solo si liberalizzassero sogni a migliorare d'essenza le vite, e senza portarceli dietro, nella “miglior vita”…
Se solo s’annientassero i dubbi, e, se solo l’incertezza fosse nuda, spoglia della verità d’una decisione chiara…
Se solo s’imbarazzassero i veri inadeguati, e, se solo la prevaricazione fosse pena da scontare;
Se solo s’abbuonasse l’errare umano, e, se solo l’orgoglio iniziasse ad allearsi con le riconciliazioni;
Se solo s’arasse col cuore, e, se solo un gesto dal sapore d’eterno, bagnasse, come pioggia, i semi delle coscienze;
Se solo s’avesse memoria, e se questa fosse la medicina che contrasta guerre. Annientate da eterno di pace;
Se solo s’attingesse dall’ esperienza, e, se solo l’inesperienza fosse una dannata prima opportunità;
Se solo s’abbracciassero speranze, e, se solo la verità bocciasse “i ritardi d’ incomprensione”;
Se solo s’adorasse il “prossimo”, e, se solo l’unico identificato, non fosse quello da chiedere alla pensilina;
Se solo s’eludesse quel senso di vacuo e, se solo le giornate avessero un senso autentico. Che l'avessero per ciascuno;
Se solo si divenisse ogn’essere, e, se solo s’aspirasse. Che respirassero tutti di passioni per cui vivere;
Se solo s’abbandonasse il buio di ieri, e, se solo la luce di futuro nascesse da ciò che “era”;
Se solo s’accingesse l’uomo all’essenziale, e, se solo il sentimento dettasse legge, diritti e meriti;
Se solo s’albeggiasse lo spirito, e, se solo quel suo crepuscolo avesse un seguito dannatamente luminoso;
Se solo s’appropriasse alla generosità la stima, e, se solo la stima d’ognuno e reciproca, da essa derivasse;
Se solo s’attribuissero lodi a veri eroi e, se solo si premiassero i prodigi dei “sacrificati costretti”;
Se solo esistesse un Mondo del genere, se solo stesse dove io, or non vedo... dietro l’angolo. Magari è lì, fermo a sbirciarmi il futuro…..