" Che cos'è il Natale? E' tenerezza per il passato, coraggio per il presente, speranza per il futuro. E' il fervido auspicio che ogni tazza possa strabordare di benedizioni eterne, e che ogni strada possa portare alla pace. " - (Agnes M. Pahro).
Questa è una storia di paese sentita raccontare dai nonni quando, piccolini, seduti intorno al camino, si aspettava mezzanotte per posare il Bambinello nel Presepe.Natale 1944 c'era la guerra, erano i mesi più duri e l'inverno più freddo che la gente ricordi, forse per via degli stenti oramai arrivati al limite di sopportazione. Felice Contarini, proprietario di una casa colonica in via Cardinala a Conselice, nascosta tra i frutteti che si adagiano ai piedi dell'argine del torrente Sillaro, decise, nonostante tutto, che si doveva festeggiare il Santo Giorno e diede disposizioni alla "sdòra" di dar fondo alle riserve di farina e uova e di "tirare il collo" alla gallina più grassa rimasta nel pollaio.
In quei mesi Contarini dava ospitalità a quattro soldati tedeschi della Weermacht che dormivano in casa e avevano messo su un'officina nel suo magazzino per riparare mezzi meccanici e carri armati. La famiglia di Felice si era affezionata ai quattro giovani, erano poco più che ragazzi, e in particolar modo a quello di loro più aperto e gioviale, il Caporal Maggiore Fritz Gollek, originario di Halver, una cittadina fra Dortmund e Colonia. Con lui i figli provavano a scambiare qualche parola e lui si sforzava di imparare l'italiano, a volte riuscivano, anche in quei tristi giorni, a ridere di gusto delle loro pronunce sbagliate.
Così in quel Natale del tutto particolare, il contadino riunì intorno alla sua tavola imbandita a festa, oltre ai suoi cinque figli, anche i quattro soldati suoi ospiti. Si rendeva ben conto che per quei ragazzi la nostalgia di casa era forte e in quel freddo giorno di dicembre, capì, la sentivano ancora di più. Il tempo di un pranzo e dimenticarono, brindando tutti insieme, la realtà della guerra, i bombardamenti degli alleati che si avvicinavano e ognuno a modo suo provò a pronunciare qualche parola di ringraziamento.
Pochi giorni dopo i quattro soldati furono costretti a proseguire per quella che oramai era una triste e dura ritirata. Fritz Gollek venne fatto prigioniero e rinchiuso per 3 anni in un campo di prigionia in Jugoslavia. Quando riuscì a tornare in patria,povero e senza lavoro, trovò la sua terra distrutta, ma con molti sacrifici, continuando il suo mestiere di meccanico, trovò un lavoro e mise su famiglia.
Ricordando l'affetto con cui era stato accolto a casa Contarini, appena gli fu possibile, nel 1950, in moto con un amico, tornò a trovare, là nella bassa pianura, quella che lui reputava la sua famiglia italiana, in quella casa che lo aveva ospitato e dove aveva trascorso, nella calda intimità contadina, un Natale indimenticabile. La vita fu severa col Caporal Maggiore Fritz Gollek, non potè avere i figli tanto desiderati e, rimasto vedovo nel 1995, insieme a una grande solitudine, continuò a coltivare i ricordi di una vita intera.
"Non vi è nulla di più triste che svegliarsi la mattina di Natale e scoprire di non essere un bambino" - (Erma Bombeck)
Così il pensiero ricorrente della famiglia numerosa e chiassosa che lo aveva accolto in quella ospitale terra di Romagna, gli creò uno struggente desiderio di tornare in Italia un'ultima volta. Un giorno di settembre del 2001, alla veneranda età di 84 anni, si rimise al volante della sua auto e percorse tutti i km del lungo nastro d'asfalto che separano Halver da Conselice. Fu accolto come un fratello dai figli del signor Felice, oramai defunto, trascorse, in compagnia di quella gente che aveva nel cuore, una settimana davvero serena, in una moderna villa di cemento armato, rammaricandosi soltanto di non aver trovato in piedi la vecchia casa colonica, che solo la sua nostalgia ricordava calda e accogliente.
I sentimenti di pace, di amore, di condivisione che il Natale ispira hanno vinto sulla guerra, sulla fame, sulle restrizioni, e persone lontane, di diversa lingua, si sono sentiti fratelli per tutta la vita.