Se è vero che la poesia è vita, allora questo è uno dei modi più opportuni per descriverla, senza addobbi e fronzoli, cruda, ruvida, se vogliamo, ma reale. Così, come la scrive Natalia Bondarenko, senza vernice, con le parole del giorno, le stesse parole di sempre ma incrociate secondo la costruzione di una personale poetica.
Già mi affascinava Lee Master nello Spoon river, per quel suo raccontare asciutto, piano, quasi narrativo senza, tuttavia, abbattere la poetica. E mi affascina Sanguineti che trova un oggetto che non correla in quanto non metaforico, bensì reale, e quindi che riporta a se stesso. Oggi, la scrittura della Bondarenko, mi appare come il risultato dello smantellamento totale della sintesi retorica, della scrittura enfatica, divenendo elevazione della parola pura, della parola proveniente da una osservazione del reale catalizzato dall’espressione poetica. La forza che ne viene fuori è devastante e riempitiva: disarma totalmente la vita “lirica” e riempie vuoti trattenuti dall’appartenenza a schemi determinati e determinativi. La sua scrittura la colloca in una posizione di sperimentalista post moderna, lontana dai futurismi majakovskijani e più vicina, forse, alla poetica di Evtusenko o della Szymborska, ma il suo riferimento principale rimane Sanguineti che aggirando le teorie eliottiane inserisce un “parlato” più ampio alla scrittura, a volte più della scrittura stessa. E così la Bondarenko, con la sua forte personalità artistica, seziona il quotidiano senza urgenza ma con riflessioni che rasentano un certo tipo di minimalismo.
L’Antilirismo è il suo nucleo poetico come lei stessa afferma: “Inutile dire che le mie strutture poetiche attingono a piene mani alle radici della lingua russa, ma con ben presente la chiave dell’antilirismo e la ricerca di una semplicità sotto forma di modernità e sperimentalismo. Ciò significa dire qualcosa di già sentito ma vestirlo di un vestito nuovo, dire qualcosa che non dovrebbe mai essere udito, mettere al primo posto un pensiero profano, quotidiano, sublimarlo senza esagerare con il “trucco”, senza imbellettarlo troppo. Insomma non un vagabondare del pensiero ma, perché no, salire su di un piedistallo con tutte le debolezze, le profanerie private e le confidenze che solo una donna sa esprimere“.
Raccontarsi è, per la poetessa, fondamentale, perché è nel racconto leale di noi stessi che ritroviamo l’umanità. Le storie dell’uomo girano attorno a dei luoghi comuni a tutti e conoscerli nella loro interezza può servire a migliorare la conoscenza della vita e a meglio evitare gli errori. Natalia Bondarenko si racconta senza remore e ci insegna a non nasconderci, a dirci agli altri, a credere, senza pregiudizi ad un prossimo che, per quanto difficile, è pur sempre umano e quindi fragile.
Ho scelto alcuni testi dalla raccolta “Confidenze confidenziali” e da “Profanerie private” ed un testo che la Bondarenko ha scritto meno di un mese fa e che mi ha colpito particolarmente ma invito a leggere poesie da “Terre altrui”, raccolta davvero interessante.
Sebastiano A. Patanè
Biografia:
Natalia Bondarenko nasce a Kiev, in Ucraina. Nel 1990 si trasferisce in Italia e attualmente vive a Udine.
Ha scritto sceneggiature per spettacoli universitari, poesie, racconti e romanzi nella sua lingua madre e ha tradotto in italiano opere poetiche e narrative di autori russi e ucraini.
Direttamente in lingua italiana scrive solo da alcuni anni, riscuotendo un notevole successo. È vincitrice del concorso di poesia (edizione Cinque marzo, 2009) e finalista del concorso ‘Parole e Poesia’, 2012. Diploma di merito: 18° Concorso Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di Seppia” (Taggia – IM), 2011.
Suoi lavori sono inseriti nelle antologie di diverse case editrici italiane: Edizioni Delta 3; Edizioni Il Fiorino (Modena); Historica Edizioni; Giulio Perrone Editore (Roma). Sono state pubblicate presso opuscolo letterario “Inutile” N°23 e N°42; rivista internazionale di poesia “Pi-greco”; rivista trimestrale “Psicologia e lavoro” n°157; racconto Pensare ad arte – in italiano e in friulano.
Nel 2010 sono usciti il suo primo libro di poesie in lingua italiana Profanerie private, (Guarnerio Editore, Udine) e L’amore del giglio (Samuele Editore, Pordenone); nel 2012 – Utopie tascabili (Dnipro Edizioni, Ucraina) in lingua ucraina e Terra altrui (Samuele Editore, Pordenone).
Fra le partecipazioni più importanti: “Festa della poesia, 2010”, organizzata da Pordenonelegge dove ha rappresentato il Friuli Venezia Giulia; festa “Le Strade della Poesia” (Guardia Lombardi, 2011) e Trieste International Slam, 2011, Giornata Internazionale della Poesia (Club Unesco di Udine, 2012).
Diciamolo,
non ti sono apparsa nei tuoi sogni
per non rovinarli,
né mi sono sforzata di indovinare
la tua strada per incontrarti,
come non ho scelto la folla
del centro affaccendato
dove sapevo di essere
per entrambi,
diciamolo,
troppo ingombrante,
ma ho scelto la via, per così dire –
ho, scelto la via di mezzo:
un vicolo cieco,
per non sbagliare di nuovo percorso;
diciamolo –
per trovare più facilmente
parcheggio;
o, diciamolo -
in quel istante
non avevo niente altro da fare
che trovarmi con te
sullo stesso lato del marciapiede.
(da“Confidenze confidenziali”)
Ecco com’ero da piccola
quando non volevo osservare
il vetro della porta del nostro soggiorno dall’angolo del castigo
[già allora sapevo di non avere colpe o,
averne soltanto una – di essere troppo piccola.
Nessuno mi voleva ascoltare. Nemmeno la ragione delle ragioni
che mi fece scagliare contro quel vetro
[come è capace scagliarsi un passerotto,
sprovveduto e senza voce,
contro una grande lastra di ghiaccio appena formatasi
sul fiume in una mattina di novembre].
Ecco perché, da grande, taciturna e sottomessa, ti spavento
con quella vecchia cicatrice sulla fronte, quando mi stai sopra
e cerchi di domarmi inutilmente.
(da“Confidenze confidenziali”)
Non so se a tredici anni ero tanto a posto
ma leggevo soltanto Dostoevskij
quando la notte prendeva un insolito andazzo,
cioè, la notte quando non ricordavo mai
le pecore che avevo contato, o quando
il gallo non indovinava mai l’orario, o
quando lo spazzino una mattina ‘sì’ e una ‘no’
si dimenticava di lavorare.
Bevevo il Martini rosso di nascosto da tutti,
mescolavo la birra con la vodka per
ubriacarmi più velocemente. Volevo liberarmi
dell’anima, (penso),
ed alcune mattine la vomitavo. Tenevo
il pianoforte sempre aperto, con il coperchio
smontato e suonavo a orecchio, senza spartiti.
Lo facevo non perché mi piacesse suonare,
ma per chiudere bocca a mia madre. Perché
se no – dicevo parolacce. Perché, se no –
bestemmiavo… a tredici anni.
(da “Confidenze confidenziali”)
Piove oggi,
pioveva anche ieri
cerco di non considerarlo,
ottobre (intendo)
e la sua banale influenza che
nella noncuranza così incosciente,
scarica il suo starnuto maleducato
sulla mia inadeguatezza, braccato
dall’ultima solitudine stagionale
prima di farmi guarire da nulla.
Esco fuori dalla porta di casa
per sfuggire questa sospensione
poco reale e satirica, sorellastra
dell’insonnia, tale
da farmi litigare con le ore piccole.
Sotto la pioggia di oggi,
febbricitante e stizzosa, almeno
ci provo ancora ad essere tua amante.
(da “ Profanerie private ”)
Non mi sono mai piaciuti i ‘triangoli’
neppure i ‘rombi’
figuriamoci i ‘trapezi’,
i ‘pentagoni’ o gli ‘esagoni’
in geometria sono una frana
sono un punto
di domanda.
(da “ Profanerie private ”)
Chissà cosa…
Sai, quella sfilza di tunnel dopo Venezia
sull’autostrada per Milano,
[o per Bologna? O,
al Sud per chi sa dove…]
ha le luci delle rampe messe ben in riga.
Credo, per fare una specie di conta
[degl’anni non vissuti insieme,
dei figli non concepiti,
del mucchio di ‘chissà cosa’...]
però, sai, di questo ‘chissà cosa’
penserò al ritorno.
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