Nell’ottobre del 1991 ci lasciava una delle più importanti scrittrici del secondo Novecento Italiano, Natalia Ginzburg, romanziera, autrice teatrale e saggista. Nata a Palermo nel 1916 e vissuta fin dall’infanzia a Torino, dove la famiglia si era trasferita, pubblicò il suo primo racconto, I bambini, a diciassette anni sulla rivista Solaria. Natalia Levi (questo il cognome della famiglia di origine ebrea) era l’ultima dei figli di Leone Levi, medico e insigne docente universitario, e di Lidia Tanzi, nella casa dei quali si radunavano intellettuali, scrittori e politici antifascisti. La giovane respira fin dall’adolescenza un’atmosfera di impegno culturale, segue privatamente le classi elementari, frequenta il liceo ma, iscrittasi all’Università, non arriverà mai a laurearsi. Nel 1938 sposa Leone Ginzburg, docente universitario di origine russa e geniale autore di saggi e traduzioni. A causa del suo antifascismo egli viene inviato al confino in Abruzzo dove lo raggiunge la moglie Natalia con i due figli, Carlo e Andrea, ai quali si aggiungerà dopo poco tempo l’ultima nata, Alessandra. E’ là che la Ginzburg scrive il suo primo romanzo, La strada che va in città, che però firma con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte e che Giulio Einaudi pubblicherà nel 1942. Nel 1944, dopo vari arresti e rilasci, Leone Ginzburg muore a Regina Coeli sotto le torture fasciste. Tornata a Torino Ginzburg lavora per la casa editrice Einaudi dove incontra e segue nei suoi primi passi Italo Calvino; nel 1947 pubblica il suo secondo romanzo, E’ stato così, al quale viene assegnato il premio “Tempo”. Nel 1950 sposa il saggista e studioso di letteratura inglese Gabriele Baldini, direttore dell’istituto Italiano di Cultura di Londra, dal quale avrà due figli, Susanna, nata nel 1954 con un grave handicap, e Antonio, nato il 6 gennaio del ’59 e morto appena un anno dopo. A Londra scrive Le voci della sera. Con il romanzo Lessico famigliare, forse fra i suoi il più ricordato, vince l’edizione del 1963 del premio Strega. Una storia di famiglia, come lei stessa precisa nell’avvertenza che precede la narrazione, e non un’autobiografia, perché non è di se stessa che l’autrice racconta, ma delle persone che costituiscono l’ambito familiare, padre, madre, fratelli, e di quelle che attorno a quest’ambito gravitano: personaggi del mondo della cultura, della vita politica e sociale, di quella letteraria e universitaria, un universo umano che si raccorda tanto con la Storia quanto con la vita individuale e privata di quelli che lo costituiscono. Lessico famigliare ricostruisce le vicende dei Levi in un arco di tempo che va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta raccontate attraverso la riproduzione del linguaggio che si parlava nella famiglia. Quello dell’iroso padre Giuseppe, burbero ma amoroso, della madre Lidia, ilare canterina, dei litigiosi fratelli. I motti, i modi di dire che si ripetono sempre uguali nella routine quotidiana evocano momenti ed esperienze, in un continuo gioco di richiami, e costituiscono un cifrario che permette ai componenti del nucleo familiare di riconoscersi. “Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso” – annota l’autrice nell’avvertenza -“Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia”.
Nel 1969 Natalia Ginzburg rimane ancora una volta vedova. Durante gli anni ’70 inizia ad interessarsi attivamente di politica militando nelle file della sinistra indipendente, è anche un momento di fertile produzione letteraria, ai romanzi, ai saggi e agli articoli si aggiungono i testi teatrali, fra i quali Ti ho sposato per allegria, che viene rappresentato con rilevante successo. Nel 1983 pubblica La famiglia Manzoni, ricostruzione storico-familiare della stirpe appartenente allo scrittore Alessandro Manzoni, e contemporaneamente viene eletta al Parlamento come indipendente nelle liste del PCI. La scrittura della Ginzburg si distanzia dalla generazione degli “impegnati”, essendo quello che scrive frutto della memoria e della fantasia che per istinto, e non per pratica programmata, si aggancia alla letteratura. La sua cosiddetta “semplicità”, il suo riferirsi all’esistenza con sguardo sereno, nonostante le dolorose vicissitudini vissute, che produsse in Pavese una reazione di incredulità e di critica, è la risposta ad una letteratura manipolata e sperimentalistica, è l’analisi puntuale e discreta delle multiformi facce dell’esistenza e si connota per l’ironia, l’umanità ed il confronto con il vissuto. Natalia Ginzburg muore fra il 6 e il 7 ottobre del 1991, al suo funerale, che per scelta dei figli è officiato con il rito cattolico, partecipa commosso il mondo della letteratura, dell’arte e del cinema.
anna maria bonfiglio
Opere
LA STRADA CHE VA IN CITTÀ, 1942 come Alessandra Tornimparti
È STATO COSI, 1947
VALENTINO, 1951
TUTTI NOSTRI IERI, 1952
LA MADRE, 1957
SAGITTARIO, 1957
LE VOCI DELLA SERA, 1961
LE PICCOLE VIRTÚ, 1962
LESSICO FAMIGLIARE, 1963
TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA, 1966
FRAGOLE E PANNA, 1966
LA SEGRETARIA, 1967
L’INSERZIONE, 1968
MAI DEVI DOMANDARMI, 1970
PAESE DI MARE, 1972
CARO MICHELE, 1973
PAESE DI MARE, E ALTRE COMMEDIE, 1973
VITA IMMAGINARIA, 1974
FAMIGLIA, 1977
BORGHESIA, 1977
LA FAMIGLIA MANZONI, 1983
LA CITTÀ E LA CASA, 1984
L’INTERVISTA, 1988
SERENA CRUZ, O LA VERA GIUSTICA, 1990
É DIFFICILE PARLARE DI SÉ, 1999 – a cura di Cesare Garboli e Lisa Ginzburg