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National Gallery
Titolo: National Gallery
Regia, montaggio e suono: Frederick Wiseman
Fotografia: John Davey
Genere: Documentario
Durata: 180 minuti
Uscita nelle nostre sale: 11 marzo 2015
Anno: 2014
Chiudete gli occhi. Immaginate di avere una libreria colma di libri di ogni tipo ed ogni genere. La libreria è in una stanza molto calda, accogliente, a vostra misura. È lì che passate il vostro tempo a leggere. È un po’ il vostro rifugio, al riparo dal mondo esterno e, giorno dopo giorno, avete imparato a conoscere ogni suo anfratto, svelandone ogni piccolo segreto, accarezzando il legno dei mobili durante la lettura o svelando cassetti non visibili all’occhio di uno sconosciuto, ma a voi ben familiari. E lì, su quella libreria, dentro quei libri, ci sono i vostri compagni di avventure. Quella è la vostra libreria, e lì, ad occupare ogni spazio che voi gli avete concesso, le vostre ammirate opere: quelle che amate, quelle che odiate, quelle che son state messe lì nonostante la vostra volontà e quelle che ancora non avete letto. Storie di ogni tipo che in un modo o nell’altro adorate, anche solo perché sono da sempre lì con voi.
Poi sparite per un anno e, tornando al vostro rifugio, scoprite che molte altre cose sono cambiate. Il pavimento non ha più la stessa consistenza, le mura sono state ridipinte. Il luogo è stato aperto al pubblico e ora molte più persone possono entrarci. Quello che a voi sembrava un posto tanto accogliente non lo è più, e così le opere, denaturate dai vostri ricordi, sembrano essere oramai così diverse.
Il regista Frederick Wiseman, che alla settantunesima Mostra Cinematografica di Venezia ha vinto il Leone d’Oro alla Carriera, sembra aver fatto una cosa del genere con il suo ultimissimo documentario. Ha preso un luogo, il National Gallery di Londra, le persone
In maggior rilievo ovviamente troviamo le opere, i dipinti. Riprese morbide e delicate inquadrano alcune delle duemilaquattrocento opere presenti nei vasti corridoi del National Gallery: Turner, Rembrandt, Van Gogh, Rubens, Da Vinci, Caravaggio, Monet, Velàzquez, Vermeer e moltissimi altri. Riprese lente in alcuni casi, e a volte più veloci che non ci danno il tempo di ammirare l’opera quanto vorremmo. Nel documentario viene affrontato più volte un argomento a me nuovo, o che meglio non mi ero mai trovato ad approfondire alla medesima maniera: la pittura, come un film o un libro, racconta delle storie, con la differenza che non ha molto tempo a disposizione per illustrarla. Deve conoscere a fondo ciò che vorrebbe rappresentare e riassumerlo in un solo fotogramma avendo come strumenti le espressioni, i colori, la disposizione dei soggetti e degli oggetti, le forme e i tratti. E la storia che racconta un dipinto può essere il contesto in cui venne realizzato, un mito, o ancora la vita dell’artista. In National Gallery torniamo bambini di fronte ai racconti delle guide del museo. Affascinati dalle parole e dalla visione del quadro ci sembra di stare di fronte ad un camino, all’ascolto di storie che cambiano ogni volta che le riascoltiamo. Wiseman riprende spesso questo concetto mostrando un’arte non in competizione con le altre, ma che piuttosto si presta facilmente ad operazioni di sinestesia formidabili. La potenza della voce, l’accostamento ad una determinata musica, la visione di un ballo dinanzi alle nostre sensazioni commuovono e rendono l’esperienza irripetibile, poiché sempre diversa.
Eppure i dipinti non sono tutto nel National Gallery di Londra. Perché esso possa aprire, mostrare e tenere al sicuro le opere serve un personale, del
Alla stessa maniera assistiamo agli spostamenti e alle sistemazioni scomode per delle opere che finiscono per rimanere in ombra, penalizzate da una luce inadatta o da accostamenti sbagliati. Eppure nulla è così oggettivo, come vorrebbe apparentemente illuderci Wiseman. Quello stesso dipinto spostato che così “diverso” appare agli occhi di qualcuno, risulta perfetto e al posto giusto per qualcun altro.
Prima ancora delle opere infatti ci sono gli sguardi, i punti di vista. Il visitatore che scorge alcuni dipinti e si sofferma su altri, diventa il vero protagonista di National Gallery. Spesso Wiseman finisce per sorvolare alcuni capolavori dell’arte per osservare meglio le espressioni di chi li guarda, inquadrando così nei suoi fotogrammi una miriade di nuovi dipinti e mostrandoci una realtà colma di opere d’arte. Perfino l’ombra di un vaso, all’entrata del museo, ignorata da tutti, che tanto somiglia ad uno dei volti grotteschi dei quadri di Arcimboldo, diventa un fotogramma degno di essere osservato e ri-osservato. E la paura del tempo che passa e del confronto con la realtà attuale, spesso dimostrata da chi più di ogni altro si trova a stretto contatto con il museo, appare infantile di fronte al sorriso rassicurante di Wiseman.
Quelle stesse opere che appaiono così eterne, sono in realtà state restaurate più e più volte, i colori cambiati. Le cornici sono di un legno e di un colore diverso e i luoghi per cui i dipinti vennero realizzati, che in fondo erano parte dell’opera stessa, il più delle volte non esistono più. I quadri sono cambiati, migliaia di volte, senza che ce ne accorgessimo. Eppure continuano a farci sognare, ad essere rappresentativi di un presente oramai così distante dalla loro epoca. Visto più volte nella propria vita inoltre, uno stesso dipinto, può darci sensazioni diverse. La realtà è mutevole come il fiume descritto da Eraclito, e non si ferma mai.
Quel che vuole mostrarci Wiseman, o almeno quello che è riuscito a mostrare a me, è che ad essere realme
National Gallery diviene così a sua volta un’opera d’arte in grado di smascherare la realtà, svelandone un lato molto più romantico. Un ritratto dal “di dentro” che ci dimostra che un semplice luogo può diventare una “creatura viva” con una propria identità, se mostrato in ogni sua sfaccettatura.
~ Grove.