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Natività

Creato il 25 dicembre 2011 da Alboino
Giuseppe è giovane e innamorato intero della sua fidanzata Maria. Lui la chiama Miriàm. Innamorato al punto di credere senza l’ombra del dubbio alla versione inverosimile della gravidanza fuorilegge. Ma la verità è spesso inverosimile e ha bisogno di amore per essere creduta. Credere in amore non è cedere, ma aggiungere ardore. Conferma le nozze e così salva dai sassi della legge la sua Miriàm che per il mondo è donna d’adulterio. A Nazaret lui era un forestiero. Nato a Betlemme, al sud, era emigrato al nord in Galilea, trovando lavoro e sposa. Quante ne avrà dovute sentire dopo la conferma delle nozze. Giuseppe è terra che abbraccia forte le radici della pianta Miriàm e impedisce alla legge di sradicarla. Lui abbraccia le radici e le nutre permettendo a Miriàm di portare frutto. Poi continua a aggiungersi, da padre secondo della creatura nuova. Gli trasmette il mestiere, il nobile artigianato della falegnameria che sa piegare la forza dell’albero dentro la forma utile. Fa più di questo: iscrive il bambino a suo nome nel registro delle generazioni di Israele. Gesù, Ieshu per loro due, sta nell’elenco di Davide, nella linea portante del messia, perché Iosèf discende da linfa diretta di quell’albero. Senza il suo riconoscimento di paternità quella creatura a termini di legge è figlia di nessuno. Matteo scrive in apertura del Nuovo Testamento i nomi delle generazioni da Abramo in poi. Può scrivere per ultimo il nome di Gesù, Ieshu,m perché giusto penultimo è Iosèf. Non sarà ricambiato da quel figlio adottivo, che si dichiarerà figlio di Adàm e poi di un padre in cielo. Lui, padre di servizio, accetta di essere taciuto. La più bella poesia scritta da un figlio a un genitore, quella che chiede il pane quotidiano e la remissione dei debiti e dei torti, è di Gesù, Ieshu, e non è rivolta a lui. Giuseppe dovette farci il callo sopra il cuore, come nelle mani. Iosèf infine aggiunge alla storia del figlio la sua discreta uscita di cronaca e di scena. La natività si vuole che sia affare tra madre e creatura, col padre che figura per metà da comparsa e per l’altra metà da sentinella. Eppure spetta a lui il sogno che determinerà la fuga in Egitto, terra di rifugio. Così salverà per la seconda volta la vita di Miriàm e del suo grembo santo. Un viaggio lungo e freddo, finito sotto il tetto di una stalla, con l’unica soddisfazione di far nascere la creatura al paese suo. Gesù, Ieshu, per nascita è meridionale. Gagliardo eroe è Iosèf, uomo del sud, santo per meriti di paternità non ricevuta in dote di natura, ma conquistata sul campo e lì perduta, all’uscita del figlio dalla casa. Magnifica è l’idea di una raffigurazione notturna del loro terzetto. Fare lume spetta a una candela, luce affettuosa e sufficiente a scippare i colori dalla custodia del buio. E il buio si acquatta dietro la famiglia. Natività

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