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Nato due volte?

Da Aquilanonvedente

nuovo benessereLi chiamano lungoviventi o lungosopravviventi. O ancora, nati due volte.

In italia, nel 2006, le persone che vivevano dopo una diagnosi di tumore erano oltre 2.200.000 e rappresentavano oltre il 4% della popolazione residente. Si stima che nel 2013 abbiano superato i due milioni e mezzo.

L’incidenza delle malattie tumorali aumenta, vengono scoperte prima e i trattamenti sono più efficaci.

Si considerano guariti i pazienti che raggiungono un’attesa di vita simile a quella delle persone non ammalate, il che avviene in media tra 10 e 15 anni dalla diagnosi. Circa 700.000 italiani, si possono definire guariti.

Si considerano guariti perché da molti anni non sono più evidenti i segni della malattia, ovvero sono in una “condizione cronica”, cioè convivono con il male.

Dal momento della diagnosi e per il resto della vita, un individuo con diagnosi di cancro è un sopravvissuto.

La vita di questi lungosopravviventi non è facile: lo stress spesso permane fino a oltre 10 anni dal trattamento. Vivono come se sulla loro testa pendesse costantemente una spada di Damocle. Il tumore cambia la vita; rende consapevoli del limite.

L’uscita dalla fase acuta della malattia porta i pazienti verso una situazione paradossale: da un certo punto di vista sono guariti e malati allo stesso tempo. Devono confrontarsi con una “nuova normalità” e vi è un rischio di scissione mentale tra chi ero prima della malattia e chi sarò dopo.

Di fronte alle numerose problematiche che influiscono sulla qualità di vita di queste persone, occorre lasciare entrare nella mente una qualsiasi idea di futuro. Per fare questo, è necessario accrescere lo stato di benessere, inteso non soltanto da un punto di vista medico, ma anche sociale, organico e psicologico.

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Alimentazione corretta ed esercizio fisico sono due aspetti fondamentali per migliorare lo stile di vita, di tutti, ma soprattutto dei sopravvissuti.

Superstiti secondari vengono definiti i familiari del paziente, perché il cancro devasta anche la vita familiare.

Ho letto con interesse questo libretto, inframmezzato da una racconto grafico (graphic novel, come dicono i poliglotti) di Sergio Staino, ma, come dire, non mi ci sono riconosciuto completamente.

Riconosco lo stress e il cosiddetto distress, la paura di recidive, la diversa percezione di me stesso, ma al di là di questo vi è un altro aspetto peculiare della mia situazione.

E’ come se io mi sentissi su un piano diverso rispetto al resto della gente (parlo della cosiddetta gente “sana”, ovviamente). Non mi sento né migliore né peggiore degli altri: mi sento diverso.

E’ come se nella mia mente si fosse aperta una porta verso un’altra dimensione, forse verso quel limite che alle persone normali appare di là da venire e che invece a noi appare dietro l’angolo. Anzi, non ci appare dietro l’angolo, ma abbiamo forti sospetti che stia proprio lì, dietro quell’angolo che ci attende fra pochi passi: tireremo dritto oppure svolteremo verso l’ignoto?

Il cancro non rende né migliori né peggiori di altri; sono gli altri che svelano la loro natura. E spesso è una natura poco piacevole.

Nomadi – Io voglio vivere



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