I post artistici sono piuttosto rari, qui sul mio blog, ma ogni tanto qualcuno arriva.
Per esempio è capitato a suo tempo per Hieronymus Bosch, principale ispiratore del mio dittico Il Treno di Moebius e La Nave dei Folli (che trovate nella sezione ebook). Da quanto poi è nato il mio secondo Tumblr, Plutonia Lab, non sono mancate alcune gallery artistiche. Oggi, per la consueta rubrica del giovedì sui misteri, le stranezze (etc etc), colgo l’occasione per celebrare uno dei miei pittori preferiti, Giuseppe Arcimboldo.
Già in passato mi è capitato di utilizzare qualche sua opera per “adornare” un post, come per esempio questo, sulla primavera. Ho perfino rubato un suo quadro per utilizzarlo come copertina di un ebook, La Deviazione. Più recentemente, ossia nel nono capitolo della novel a puntate Tomato Moth, ho trasformato le creature di Arcimboldo in golem vegetali.
Credo che lo stile e i dipinti di Arcimboldo siano semplicemente irresistibili per chi, come me, si occupa di quel genere narrativo che viene definito “del fantastico”, o più semplicemente fantastico. Le sue opere più famose, le teste composte, richiamano infatti a creature misteriose, semidivinità pagane e boschive, appartenenti al passato ancestrale della nostra civiltà umana.
Giuseppe Arcimboldo è, tra l’altro, milanese come me. Nato nel 1526, figlio di Biagio, pittore presso la Veneranda Fabbrica del Duomo, con qualche quarto di nobiltà minore. Fu proprio presso la bottega paterna che imparò il mestiere, facendosi un nome grazie ad alcuni pregevoli lavori presso le chiese di Milano, Como e Monza.
Fu tuttavia la sua convocazione a Vienna, al cospetto dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo, che Arcimboldo ebbe modo di dare finalmente sfogo alla sua creatività. Proprio nel suo periodo austriaco produsse le sue opere migliori. Tra di esse ricordiamo le Quattro Stagioni, i Quattro Elementi (Aria, Acqua, Fuoco, Terra), tutte rappresentate in chiave allegorica e con probabili riferimenti alla tradizione alchemica europea.
Questa ricerca dell’esoterico e del meraviglioso nelle forme della natura fu il leitmotiv della produzione di Giuseppe Arcimboldo, non a caso considerato un vero virtuoso dei naturalia. Le sue singolarissime teste composte, dette anche natura morte reversibili, sono i risultati più notevoli della ricerca artistica del pittore.
Tuttavia la creatività dell’Arcimboldo non si limitò soltanto ai dipinti. Venne per esempio coinvolto nella creazione della fantastica Wunderkammer (camera delle meraviglie) di Rodolfo II. Fu anche coreografo della corte viennese per quanto concerneva matrimoni, eventi speciali e altre celebrazioni.
Agli occhi di noi uomini moderni i dipinti di Arcimboldo possono apparire inquietanti e misteriosi. Così li commentò il noto critico francese Roland Barthes:
Le teste di Arcimboldo sono mostruose perché rimandano tutte, quale che sia la grazia del soggetto allegorico, [...] ad un malessere sostanziale: il brulichio. La mischia delle cose viventi [...] disposte in un disordine stipato (prima di giungere alla intelligibilità della figura finale) evoca una vita tutta larvale, un pullulìo di esseri vegetativi, vermi, feti, visceri al limite della vita, non ancora nati eppure già putrescenti.
Vero o falso che sia, senz’altro sono quadri che non lasciano indifferenti, né era nelle intenzioni dell’autore farlo. A me piacciono molto, per ricchezza di dettagli e per un richiamo a un mondo al contempo bucolico e misterioso.
E ora lascio parlare l’artista, attraverso i suoi quadri. Che altro di meglio potrei fare?