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Nausicaa della Valle del vento – Hayao Miyazaki, 1984

Creato il 05 ottobre 2015 da Paolo_ottomano @cinemastino

L’ecologia è probabilmente più di moda ora di quanto non lo fosse nel 1984, anno di uscita di Nausicaa della Valle del vento. Ed è già uno dei motivi per cui varrebbe la pena di (ri)vedere al buio, su uno schermo gigante e su una poltrona comoda il primo film di Hayao Miyazaki, che ha fondato la collaborazione col musicista Joe Hisaishi – parte non separabile dalla poetica del regista – e ispirato la nascita dello Studio Ghibli.

Anno di utopie commerciali, il 1984 – ricordate lo spot che annunciava il primo Macintosh? – e letterarie: chissà se Orwell avrebbe sorriso o storto il naso a vedersi citato così. Anche Nausicaa, allora, s’inserisce in questa tradizione e racconta una favola ecologista ambientata nel consueto – il primo esempio, in realtà – universo di Miyazaki. Nonostante le differenze apparentemente macroscopiche che segnano le sue storie successive, infatti, esistono delle costanti visive e narrative – oltre alla già citata colonna musicale, sempre un passo avanti all’ordinario e uno indietro rispetto al melenso. I protagonisti, spesso eroine, sono anime con le quali è facile entrare in empatia perché attraversano una fase delicata della loro crescita come l’adolescenza, piena di contraddizioni e (piccole?) sofferenze che tutti noi, ognuno a suo modo, abbiamo attraversato. La strategia felice del regista consiste nell’elevare questi sentimenti alla massima potenza, spostandoli a) su un piano di scelte etiche fondamentali (in che modo Nausicaa, regina della Valle del vento, riuscirà a salvare il suo popolo, cosa dovrà sacrificare?); b) in un mondo a metà tra il fantasy e la fantascienza, che da quel momento in poi è sempre stato lo sfondo prediletto della squadra di lavoro di Miyazaki. Ecco allora che la vita e la morte entrano con discrezione in gioco, accompagnate da divertissement grafici, e si rendono comprensibili a un pubblico di tutte le età (quasi), mettendo d’accordo gli estimatori della mitologia occidentale e nipponica – qui, per la verità, meno presente che altrove. Difficile infatti non scorgere Omero – ma chi non si ispira all’Odissea? -, oppure non vedere Nausicaa come un poema epico-cavalleresco spruzzato di tecnologia e futuro. Il pregio maggiore di questa narrazione, però, è nel rifiuto del manicheismo: i cattivi hanno anch’essi un cuore e una razionalità, i buoni non sanno sempre cosa sia più giusto fare. Proprio da qui deriva la forza e la persistenza di quello che ci possono insegnare: dalla difficoltà di compiere scelte tanto importanti.


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