Baldassarre Giardina con Giulia d’Angelo
Catalogo della mostra
Navigare necesse est, il Faro tra mondo antico e Medio Evo, dall’Università di Oxford al Museo del Mare e della Navigazione Antica di Pyrgi nel prezioso castello di Santa Severa, questa è la strada che il giovane archeologo bolognese Baldassarre Giardina ha percorso, in solitario, da qualche anno a questa parte. Nel 2010 ha avuto l’onore di vedere il suo studio sui fari nel mondo antico pubblicato nella prestigiosa collana dei British Archaeological Reports (BAR) promossa dall'Università di Oxford con il titolo Navigare necesse est. Lighthoses from Antiquity to the Middle Ages. History, architecture, iconograpy and archeological remains.Ora il libro si è trasformato in una mostra itinerante che lo stesso “ardimentoso” giovane ha costruito a sue spese creando ad hoc una società personale che ha chiamato Archemilia. Come è stata a sue spese la ricerca frutto di anni di studi per un argomento che è rimasto indietro negli studi storico-archeologici. Giardina ha affrontato direttamente la ricerca con la raccolta personale delle informazioni, dei dati e dei riscontri scientifici: così che dalla loro somma ha saputo assemblare e interpretare tanti brandelli in un quadro complessivo, mettendone anche in luce aspetti inediti e riuscendo a precisare caratteristiche architettoniche e tipologie, formulando ipotesi sulla forma dei fari, scuole e modelli che si sono evoluti dalla preistoria all’età medievale.
“Un tema così importante, quello dei fari – scrive Flavio Enei direttore del Museo nel catalogo della mostra – non poteva non trovare spazio presso di noi, per dare la possibilità di entrare nella loro storia seguendone la luce che, da millenni, guida gli uomini del mare verso la meta del loro viaggio e la salvezza in porti sicuri.”
La mostra consente di risalire alle origini dell'usanza della segnalazione rivolta dalla costa ai naviganti: un semplice sistema di comunicazione ottica, tramite luce di notte e fumo di giorno che, per quanto di nostra conoscenza, risulta certamente noto almeno dai tempi della guerra di Troia, così come raccontato da Omero.
Dai lontani presupposti di epoca arcaica, attraverso il mondo classico greco e fenicio, l'esposizione giunge, quindi, a trattare in modo puntuale il tema del primo grande Faro del mondo antico, dal quale rutti gli altri in seguito hanno preso il nome: la meravigliosa torre alta ben centimetri costruita nel III secolo a.C. sull'isola di Pharos, nel porto di Alessandria d'Egitto, alla foce del Nilo. Fu costruita per volere del sovrano Tolomeo I grazie alle capacità non comuni dell'architetto Sostrato di Cnido. Un'opera di mirabile altezza ed architettura che, a detta di Plinio il Vecchio, aveva una luce fissa talmente potente che a distanza poteva essere scambiata dai naviganti per quella di una stella.
Gli antichi ci raccontano come molti fari fossero veri e propri punti di riferimento anche per il commercio che vi si svolgeva intorno, con tanto di souvenir venduti ai “turisti” di passaggio: una vita senza dubbio molto intensa, dedicata al loro presidio e funzionamento, alla manutenzione e alle numerose attività indotte. Una visione dei fari molto diversa da quella romantica, che li vede come remote e solitarie sentinelle del mare. La mostra è anche un'occasione per proporre una rassegna dei principali fari presenti nel mar Tirreno e dei resti che ne raccontano la struttura, toccando da vicino anche il sito di Pyrgi, il cui nome antico sembra far riferimento diretto proprio all'esistenza di una o più torri che, fin da epoche remote, dovettero caratterizzare il paesaggio costiero agli occhi dei naviganti. Non è impensabile ritenere che tale toponimo faccia riferimento
anche a vere e proprie torri-faro, esistite subito a ridosso delle spiagge antiche oggi sommerse dal mare. Di grande interesse anche le notizie riguardanti la portata luminosa dei fari, i materiali e le tecniche costruttive riscontrate “sul campo’ nel corso di secoli di ricerche storico-archeologiche. Tra i temi della mostra suscita emozioni profonde la discussione sul valore simbolico che il faro assume nel Mediterraneo antico, così come in quello contemporaneo. La percezione del faro nel mondo pagano e successivamente in epoca cristiana è ben illustrata nelle trasformazioni avvenute nel passaggio epocale che vide la fine del mondo antico e l'inizio dell'alto medioevo.
Infine, la documentazione raccolta consente di concludere il viaggio attraversando il tempo che dalla riscoperta umanistico-rinascimenrale conduce fino ai fari moderni, attraverso i secoli delle grandi navigazioni e delle scoperte geografiche.