Il modo di dire, o meglio la locuzione “Navigare necesse est, vivere non est necesse” secondo Plutarco è l’incitazione che Pompeo dava ai suoi marinai perché si imbarcassero nonostante il cattivo tempo. Nel Medio Evo divenne invece il motto della Lega Anseatica per giustificare il suo monopolio nei commerci marittimi nell’Europa del Nord, nella retorica dannunziana divenne simbolo di vita eroica, mentre Mussolini nel 1920 la fece sua in articolo che scrisse sul Popolo d’Italia. In tempi più recenti la massima è stata ripresa dallo scrittore Fernando Pessoa e anche dal cantautore Caetano Veloso.
A noi invece interessa perché è il titolo del libro del giovane, trentasei anni, archeologo bolognese Baldassarre Giardina, che parla della storia dei fari. Giardina ha avuto l’onore di vedere il suo studio sui fari nel mondo antico pubblicato nella prestigiosa collana dei British Archaeological Reports (BAR) promossa dall'Università di Oxford con il titolo “Navigare necesse este. Lighthoses from Antiquity to the Middle Ages. History, architecture, iconograpy and archeological remains”. La controcopertina invece ha il titolo in italiano: “Navigare necesse est, il Faro tra mondo antico e Medio Evo”. Il libro presenta e illustra i fari esistenti nell'antichità, un panorama che si estendeva dal Mediterraneo sino alle coste dell'Atlantico e dell'Europa del nord in uno scenario inaspettatamente denso di navigazioni tra popoli e città diverse. Ogni faro è descritto in una scheda particolareggiata, tutte in italiano, con un ricco corredo di illustrazioni.
Poseidone e Isis Pharia con il modello del faro di Alessandria


Il faro nei disegni dei viaggiatori arabi
Giardina estende la sua ricerca anche alle vicende successive dei fari, mostrandoci cosa sono diventati in età medievale e quelli dei quali è ancora possibile rinvenire i ruderi; come ugualmente ci rivela i cosiddetti “falsi fari”, cioè le installazioni ritenute tali, che hanno invece tutt’altra origine.






