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Nazionale, ma di chi?

Creato il 23 giugno 2014 da Albertocapece

Adidas-Brazuca-2014-World-Cup-Ball-650x433Il giorno della partita con il Costarica, facendo il giro dei notiziari e delle all news, come si chiamano i canali che disinformano lungo tutte le 24 ore, c’erano bizzeffe di servizi che mostravano i tifosi assiepati davanti ai maxischermi del mondiali e diventano mogi, frustrati nel desiderio di festa, man mano che la sconfitta si profilava. La cosa grottesca era che con supremo sforzo registico nessuno di questi reportages mostrava i protagonisti, ossia i maxischermi per paura che anche per un solo secondo venisse turbato il mondo dei contratti televisivi, delle esclusive, degli sponsor e insomma di tutte le modernissime deiezioni del mercato. Davvero triste e insensato.

Ma allora davvero possiamo pensare a quegli undici uomini in blu che sudano sul campo come a una nazionale italiana ( e il discorso vale anche per tutte le altre squadre, ovviamente)  e non piuttosto come a un ensemble messo in piedi con i rimasugli di forza naturale o artificiale rimasti dopo i campionati nazionali e le varie coppe, per fare business, come all’elemento di un ennesimo gigantesco affare privato nel quale l’aggettivo italiano serve solo come richiamo per le allodole? E per mettere in moto un meccanismo di acchiappo commerciale con tanto di sconti e di scommesse dal supermercato sotto casa all’iper ai margini delle tangenziali?

L’unica cosa che cambia davvero rispetto alle squadre di club e ai vari tornei nei quali sono ingaggiate è che in questo caso si possono proporre cose sulla base di un mercato molto più grande e soprattutto senza timore di suscitare l’ostilità di altre “fedi” calcistiche. Per di più fingendo di colorarsi di azzurro le “promozioni” hanno tutto l’interesse a tifare contro visto che con la sconfitta si potranno non onorare i mirabolanti sconti e riffe promesse in caso di vittoria per attirare i clienti . Quindi il business globale tra diritti televisivi, sponsorizzazioni, gadget, scommesse, è gigantesco, trascina e travolge ogni cosa. Così mentre i Paesi dove si svolgono i campionati,  come è accaduto in Brasile devono depistare miliardi dalle spese sociali per l’organizzazione dell’evento secondo i criteri imposti dai gangster della Fifa, altrettanto accade anche altrove, sia pure con un meccanismo differente, con il rastrellamento di soldi facendo bisca mondiale, strappando vendite a rate che poi le finanziarie cederanno per costruirne prodotti d’investimento, cercando di sostenere un consumo sostanzialmente a debito. Insomma una grande scrematura di soldi che avviene grazie ai vecchi simboli nazionali, ma che nella sua natura è del tutto apolide.

No, le nazionali non esistono più, fanno parte di un gioco senza patria che ha come bandiera il denaro. E  tanto a giudicare dalle cifre stratosferiche e dai veleni che corrono proprio in questi giorni per aggiudicarsi il campionato di serie A. in tv. Per di più il tutto ha già in sé, come il morso di certi serpenti, anche il suo anestetico, le sostanze oppiacee del gioco sportivo, del divertimento, del tifo, della distrazione. Insomma quei circenses che sono sempre stati uno strumento del potere. Mai le nazionali sono state così private.


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