NBAers alle Olimpiadi

Creato il 17 agosto 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Il torneo di basket alle Olimpiadi 2012 di Londra può essere anche visto come un meraviglioso “ponte” cestistico fra due stagioni NBA, per i fans aiuta a curare l’astinenza di pallacanestro americana (ma ora bisognerà tenere duro per altri due mesi e mezzo…) mentre per i giocatori è utile per tenersi in forma, affrontare nuove sfide e per fare riscaldamento in vista dei training camp delle rispettive franchigie. Ma non solo. Sono molti i casi in cui dei giocatori hanno avuto il miglior anno della propria carriera successivamente ad una partecipazione olimpica, sfruttandone la scia: Charles Barkley ad esempio, dopo essere stato il leading scorer del Dream Team (Olimpiadi di Barcellona, 1992) con 19 punti a partita, vinse l’MVP award ed arrivò alle Finals del 1992/1993, tenendo medie di 25.6 punti e 12.2 rimbalzi in quella stagione. Alle Olimpiadi del 2000 di Sidney invece, dopo aver sorpassato in volo un uomo di 220 cm ed avergli schiacciato in testa, Vince Carter ebbe la sua miglior stagione in carriera per punti (27.6), palle rubate (1.5) e percentuale da tre punti (41%), giocando per i Toronto Raptors. Tim Duncan vinse il suo secondo anello nella stagione 2004/2005 (con medie di 23.6 punti e 12.2 rimbalzi nei playoff) dopo la disastrosa spedizione di Atene 2004, terminata con un bronzo per Team USA. Ancora più numerosi sono gli esempi post-Olimpiadi del 2008 a Pechino, dopo le cui Dwight Howard, Carmelo Anthony, Chris Paul e Kobe Bryant ebbero tutti degli anni fantastici. Insomma dato che la paura che le Olimpiadi possano stancare i giocatori sembra essere infondata, possiamo andare a vedere le performance di quest’anno a Londra dei vari NBAers sparsi per le 12 squadre partecipanti al torneo, ben 41 giocatori.

Se le prestazioni dei 12 NBAers di Team USA sono già state valutate, adesso possiamo vedere come si sono comportati gli altri finalisti che giocano in america: la Spagna schierava 5 giocatori NBA contando anche Victor Claver, fresco di firma con i Portland Trail Blazers dopo essere stato draftato nel 2009. Di lui, purtoppo per i tifosi dell’Oregon, si è visto ben poco, essendo l’ultimo per ordine di beccata nel roster spagnolo: il 23enne Claver ha infatti giocato solo 25 minuti in tutto il torneo segnando solo un canestro su otto tentativi. Ben altro apporto è arrivato dagli altri quattro NBAers, cioè Calderon, Ibaka ed i fratelli Gasol. Pau e Marc sono stati i leader della squadra, come prevedibile dato anche l’infortunio di Navarro che lo ha limitato in gran parte del torneo: per Pau 19 punti, 7.6 rimbalzi e 3 assist di media tirando con il 57%, mentre per Marc 12.6 punti, 5 rimbalzi tirando con il 52% ma spesso incorrendo in qualche problemuccio di falli, come nella sanguinosa finale. Calderon si è limitato al suo compitino (7 punti, 2.5 assist), distribuendo la palla alle altre bocche di fuoco spagnole ma venendo fuori nei momenti che contavano come in semifinale contro la Russia. Ibaka invece ha giocato molto poco, 15 minuti di media, contribuendo comunque con 8 punti, 4.4 rimbalzi e poco più di 1 stoppata a partita che, viste nell’ottica dei 15 minuti, sono cifre importanti. Chissà che proprio Ibaka e Pau Gasol non si ritrovino quest’anno in finale di conference…

Le altre due semifinaliste, Argentina e Russia, contano un totale di 7 giocatori (4 e 3 rispettivamente) NBA, contando i freschi arrivi di Shved (Minnesota), Prigioni (New York) e il ritorno di Kirilenko, anch’esso in Minnesota). La golden generation degli Argentini è arrivata con ogni probabilità al termine e sebbene non siano riusciti a salire sul podio, i vari Ginobili (19.4 punti, 5.4 rimbalzi, 4 assist), Scola (18 punti, 4.6 rimbalzi, 2.8 assist), Prigioni (4.2 punti, 6.5 assist) ed il più giovane Delfino (15.2 punti, 3.8 rimbalzi) meritano un grosso applauso. La Russia invece è stata spesso e volentieri un two-man show, con i due freschi Timberwolves a dominare: Kirilenko ha mostrato ancora una volta il suo gioco totale (17.5 punti, 7.5 rimbalzi, 1.9 rubate, 1.8 stoppate) mentre Shved ha mostrato lampi di classe cristallina (11.4 punti, 6 assist) in vista del suo anno da rookie. Mozgov si è limitato al minimo sindacale (10 punti, 3.5 rimbalzi, 62 fg%).

George Hill + Adam Morrison = Alexey Shved

Per l’Australia abbiamo già parlato di Patty Mills ed è notizia recente che diverse squadre NBA sarebbero interessate a Joe Ingles, swingman classe 1987 del FC Barcelona, autore di un gran torneo olimpico chiuso con 15 punti, 5 rimbalzi e 4 assist di media.

Il Brasile aveva ben 4 giocatori NBA, cioè Leandrinho Barbosa (16 punti di media) ed i tre big men Splitter (11 punti, 5 rimbalzi), Varejao (7 punti, 7 rimbalzi) e Nene (7 punti, 8 rimbalzi, 57 fg%), quest’ultimo a mio avviso troppo poco utilizzato in attacco.

La Francia contava ben 6 giocatori NBA, più di tutti, grazie alla recente acquisizione di Nando de Colo (7 punti, 3 rimbalzi) da parte degli Spurs; il leader è stato come sempre Tony Parker (16 punti, 3 assist), per l’occasione occhialuto dopo l’infortunio all’occhio rimediato a causa di una rissa fra i cantanti Drake e Chris Brown, ma Nicolas Batum (15.5 punti, 6 rimbalzi, 1.5 stoppate) ha dimostrato di essere un vicino secondo nel pecking order ed essere uno dei più importanti giovani in rampa di lancio nel panorama mondiale ed in prospettiva NBA. Boris Diaw ha fatto come al solito un po’ di tutto (8 punti, 6 rimbalzi, 4 assist) da buon point-forward qual è, mentre Turiaf (3 punti, 5 rimbalzi) e Kevin Seraphin (6 punti, 3 rimbalzi) hanno avuto minuti più limitati. Attenzione però a quest’ultimo, protagonista di un ottimo finale di stagione NBA qualche mese fa: se riuscisse a trovare spazio dietro a Nene nei Washington Wizards potrebbe svilupparsi in uno dei giovani centri puri più interessanti della lega.

La Tunisia è stata l’unica squadra a non avere giocatori NBA nel proprio roster, mentre le altre nazionali rimanenti hanno “contribuito” con uno o due giocatori: per la Cina Yi Jianlian è stato il leader indiscusso per minuti (33 a partita), punti (15) e rimbalzi (10), non riuscendo però a risparmiare una magra figura alla sua nazione, eliminata dopo aver perso tutte le 5 partite della fase a gironi. Similmente per la Nigeria Al-Farouq Aminu, ala piccola dei New Orleans Hornets, ha contribuito come ha potuto (8 punti, 6 rimbalzi, 3 assist, 2 rubate), riuscendo a vincere almeno la partita contro la Tunisia (ma soffrendo: 60-56 il finale). Infine Gran Bretagna e Lituania hanno avuto l’apporto di due NBAers a testa, cioè due veterani (Deng e Kleiza) e due rookies (Freeland e Valanciunas). Deng (16 punti, 6.6 rimbalzi, 4.6 assist) e Freeland (14.6 punti, 6.6 rimbalzi) sono stati i leader della squadra della regina e sono entrambi attesi da un’importante prova: Deng dovrà essere con ogni probabilità il leader offensivo dei Chicago Bulls per diversi mesi, fino al ritorno di Rose, mentre Freeland sarà atteso dalla sua prima stagione NBA con una squadra giovane ed ambiziosa come i Portland Trail Blazers. Infine per la Lituania Linas Kleiza (14 punti, 6 rimbalzi) ha condotto i compagni per minuti a partita (27), mentre il suo giovane compagno (di nazionale e di squadra NBA) Valanciunas si è dimostrato ancora acerbo per questi palcoscenici, trovando poco più di una decina di minuti a partita (4 punti e 4 rimbalzi in quel lasso). Se siete tifosi dei Raptors però, non disperate: il suo gioco di corsa ed energia si traduce molto bene nel gioco NBA, probabilmente meglio di quanto sia per il gioco FIBA, per cui la sua transizione potrebbe essere più fluida di quanto ci si aspetti, un po’ come successo per Ricky Rubio un anno fa.

In NBA potrebbe succedere molto più spesso…


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