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Da Costantino Posa

         &nb...   Gli OCCHI di un BAMBINO.
Cosa posso dire di me? Tutti mi vedono piccolo. Tutti dicono che sono piccolino. Vi assicuro, c’è una cosa, quasi un segreto che nessuno sa. Quando sono venuto al mondo, quasi due anni fa, non ho strillato più di tanto. A me sembrava di essere già stato dalle mie parti. Mi sembrava di conoscere ogni angolo della mia casa. Il computer di mio padre. La voce della mamma. Il russare del nonno paterno. E poi mi diverto tanto a far credere a tutti di essere ancora piccolino. Tutti mi coccolano, mi riempiono di baci, mi sorridono. Le uniche cose che un po’ mi danno fastidio sono alcune lettere dell’alfabeto della lingua dei miei. Un esempio: la lettera R (erre) non riesco proprio a tirarla fuori. E poi quell’altra storia della pipì. La mamma dice sempre di dirlo che ogni tanto mi scappa. Io sono sempre attento a quello che mi suggerisce la mamma. Ogni qualvolta sento di dover andare al bagno, cerco prima di scendere da quel trono stretto dove a tavola mi mettono per mangiare e quando finalmente riesco a dirlo, sempre è troppo tardi. Penso di averla già fatta addosso. E poi è così bello quando la mamma mi prende in braccio, mi parla, mi pulisce per bene e mi spalma quella bella pomata bianca. Una sensazione di freschezza, solo che poco dopo tanta bella aria di montagna mi porta a farla di nuovo. Comunque mi faccio tante risate. Tutti dicono è ancora piccolino, imparerà. Mentre io che mi sento già grande penso di essere ormai già consapevole, la faccio così bene, per me è normale. Incurante dei commenti assumo sempre un’aria disinvolta. Alcune volte penso, ognuno di noi è venuto al mondo con un compito ben preciso. Il mio probabilmente è quello di farmela ogni tanto addosso. Quando vedo gli altri bimbi con tanto di pannolone così goffo e ingombrante, mi accorgo di essere molto più avanti. Ho preteso di andarmene in giro senza tutto quel peso. Devo solo stare un po’ più attento a dirlo prima che mi scappa, è solo questione di un po’ di tempo. E poi ci sono tante altre cose importanti a cui prestare attenzione, per esempio: Ieri mentre la mamma giocava a carte con gli zii, improvvisamente è saltata in piedi dalla sua sedia, solo per aver visto un grosso topo sulla palma di fronte. Un casino della malora, tutti che correvano a destra e a manca. Quello zio di mio padre con il tubo dell’acqua in mano. Acqua dappertutto, partita interrotta, il topo impaurito e bagnato che scappava sui tetti. Penso che potevano benissimo continuare a giocare. Quel povero Gigio si era messo lì solo per vedere giocare a carte, si sarà spaventato da morire. Certe volte quelli più grandi di me fanno cose che io non mi sognerei mai di fare. Il mio motto è: “ Vivi e lascia vivere “. C’è un’altra cosa che detesto; ho notato in questi giorni al mare che il frigo è pieno di tante bontà, ma appena chiedo di assaggiarne un po’, mi sento dire che contiene burro. E’ possibile che tutto viene fatto con il burro e se i miei sanno che il burro mi fa male, perché non prendono cose che non contengono quel rompi burro? Lasciamo stare, appena mi reggerò meglio in piedi, vedrò cosa fare per mettere ordine a tante cose. Ho tante idee per la testa, anche se alcune non so proprio cosa siano. Tra tutti i componenti della mia famiglia, c’è uno che seguo con molta attenzione. È il fratello di mio padre, l’unico ad avere la moto. Quando lo vedo arrivare mi sembra un cavaliere d’altri tempi. Calmo, sicuro, con quel bel casco multicolore in testa, non come ha fatto una volta il fratello della mia nonna. Ho saputo che una volta è partito con il cavalletto abbassato, è caduto alla prima curva. Lo hanno dovuto trainare legato con una corda, come si fa con un somaro. Non parliamo poi del fratello, è stato l’unico al mondo, con la moglie seduta dietro, a partire con la moto e percorrere soltanto venti centimetri. La moto impennata come un cavallo un po’ bizzarro e lui e la moglie, col culo a terra. Sono sicuro, a me no succederà mai di fare figuracce come gli zii. Io guardo e imparo ogni movimento. Ogni tanto mi alleno con la panca della mia cuginetta. Faccio finta che è una moto, mi ci metto sopra e sicuro come lo zio, la faccio partire e anche se non ho ancora il mio casco personale, immagino di essere anch’io sulla via per il mare. Vedo già le ragazze che si girano a guardarmi. Mi piace essere seguito e additato come un bel motociclista, solo che ogni tanto mi distraggo e perso l’equilibrio casco giù sul cotto della veranda. Devo rivedere alcuni particolari, non mi va di fare figuracce.

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