Ci siamo, il Torneo NCAA è pronto a partire e la March Madness ha ormai investito tutto il mondo del basket e non, come ad esempio il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che come ogni anno ha voluto fare i propri pronostici (il video è visibile nella nostra home page); bracket che potete fare anche voi sul sito di Espn nel gruppo Basketcaffe.com. Il torneo sarà visibile sui canali Espn America e Sky Sport, che daranno una copertura quasi totale.
Per approfondire com’è andata la stagione e cosa potremo vedere nel Torneo, abbiamo intervistato in esclusiva Andrea Beltrama, giornalista che collabora con Rivista Ufficiale NBA, Gazzetta.it e che studia a Chicago University.
Andrea (che trovate anche su Twitter) in questi giorni è partito con un blog personale: Stanze di vita americana dove parlerà non solo basket ma un po’ di tutta la vita negli States.
E’ stata una stagione molto combattuta, con tante squadre che si sono alternate in testa al ranking: chi ti ha sorpreso di più e chi ti ha in qualche modo deluso?
“Sì, stagione combattuta. In tanti, soprattutto in US, sono sembrati quasi disorientati dalla mancanza di gerarchie precise. Si faceva ogni volta un gran baccano perchè la numero 1 perdeva una settimana dopo essere arrivata in cima. In realtà, secondo me, ci è servito a ricordarci che nel basket non c’è la proprietà transitiva, e che, in buona sostanza, tutti i ranking non vogliono dire assolutamente nulla. Sono feticci costruiti dalle stesse persone – i giornalisti e gli allenatori – che poi li prendono come verità assoluta. Trovo questa dinamica abbastanza divertente.
Sorprese: sicuramente Miami. E’ sempre stata un’università quasi insignificante, snobbata anche dagli abitanti della zona. Figuriamoci a livello nazionale. E invece ha tirato fuori una stagione incredibile, per qualità del gioco e continuità di rendimento. E’ vero che la ACC di quest’anno non è quella di 2-3 anni fa, ma tanto di cappello! Altra squadra: Colorado State. L’ho vista giocare qui a Chicago contro UIC a dicembre, e ti dico che, in tutta onestà, non sapevo chi fossero (a parte il loro lungo Colton Iverson, che ricordavo a Minnesota). E invece sono arrivati al torneo in scioltezza, mostrando una durezza notevole a rimbalzo. Infine Butler: fa ridere parlare di sorpresa, d’accordo, però questi al primo anno in una conference dura (non possiamo paragonare A-10 a Horizon League) se la sono giocata con tutti, prendendosi pure il lusso di stroncare due delle attuali teste di serie (Indiana e Gonzaga). Il tutto con una squadra che è più di sistema che di individualità, mettiamola cosi. Anche se Rotnei Clarke è un talento notevole.
Delusioni: sarebbe facile dire Kentucky, e allora sui Wildcats sospendo il giudizio. Annata di transizione, Calipari un po’ se l’aspettava. E l’infortunio a Noel ha rotto il giochino quando sembravano sulla buona strada. Invece, delusioni vere: Florida State, che dopo il bel torneo del 2011 è rimasta sostanzialmente al palo. Un po’ Maryland, che tra una buona partita e l’altra aveva assolutamente la possibilità di arrivare meglio all’arrivo, cadendo in troppi passaggi a vuoto. Infine DePaul: sono tre anni che non fanno un mezzo passo avanti, nonostante il cambio di coach. Vederli come materasso è davvero assurdo.”
Dei tanti freshmen su cui c’erano grandi aspettative, da Noel a Muhammad, da Sulaimon a Bennet, da Goodwin a Smart, chi ti ha impressionato e chi ti ha deluso?
“E’ difficile che io storca il naso davanti ai giocatori, personalmente. Soprattutto se sono freshman. Non dimentichiamoci che sono 18enni, quindi ancora in pieno sviluppo tecnico, fisico e mentale. Inutile sparare sentenze adesso, sia positive che soprattutto negative. Il bilancio di un giocatore lo fai quando ha 35 anni. Allora si puoi parlare di delusioni, aspettative tradite ecc. Adesso non ha senso, secondo me. Posso dire che Smart ha fatto una stagione pazzesca. Quando un giocatore riesce a portare una squadra a un livello superiore, allora ha fatto davvero qualcosa di importante. E’ da quello che si misura l’impatto più che dalle cifre individuali. Il suo impatto mi ricorda quello che ebbe James Harden al primo anno di Pac 10. Portò una squadra che l’anno prima aveva chiuso 1-17 ad essere in piena bubble per il torneo. Su Muhammad: ha fatto una stagione solida, in un contesto difficile. Giocare a UCLA, per pressione, tentazioni, aspettative, è sempre più complesso che giocare in una New Mexico a caso, per dire. Soprattutto nel contesto turbolento che ha coinvolto i Bruins negli ultimi anni, tra giocatori sospesi, giocatori che lasciano, casini di ogni genere. Lui se l’è cavata molto bene. Qualcuno si aspettava che dominasse in lungo e in largo, ma ripeto, alla luce del contesto, è stato davvero bravo. E forse questa solidità mentale è più promettente di una una stagione da 30 punti a partita.
Su Noel: giudizio rinviato causa infortunio. Diciamo che ha fatto vedere dei grandi lampi, soprattutto nelle ultime partite prima del crack. Ha istinti unici, e una combinazione di tempismo, atletismo e coordinazione che si vedono raramente. Però, come quasi tutti i lunghi, è indietro su tanti aspetti, anche solo rispetto ad altri giocatori NCAA. Cooley di Notre Dame, per dire, ha un decimo delle sue potenzialità, eppure l’ha portato a scuola in maniera palese quando si sono scontrati. Ma, once again, direi che è normale che sia così. Non c’è da storcere il naso, ma solo da aspettare e vedere come cresce. Per un diciottenne giocare contro un ventunenne, adesso, è difficile, a prescidnere dal talento. Tra 10 anni, 28 contro 30 anni farà molta meno differenza.”
A proposito di matricole, come valuti l’annata di Amedeo Della Valle? Ci hai parlato? Le sue impressioni?
“Sono andato a trovarlo per Ohio State vs Indiana e ho avuto modo di parlarci. Ha giocato poco, come era prevedibile. Non è colpa sua. E’ che se sei un freshman e giochi nella Big Ten, fai panchina, a meno che qualcuno non si faccia male. Soprattutto a Ohio State, con un allenatore che tradizionalmente ruota pochissimo i giocatori. E infatti mi sembra che Amedeo stia prendendo le cose nel modo giusto. Allenandosi bene, e vivendo con la massima intensità un’occasione unica, per il basket e per altre cose. Continuo a pensare che la sua scelta di andare in un posto tosto, competitivo, con il livello degli allenamenti molto alto, sia una scelta giusta. Mi ha colpito la sua maturità, il fatto che avesse così chiari i suoi obiettivi e tutti gli aspetti dell’avventura che sta vivendo, da quelli esaltanti a quelli meno esaltanti (tra cui il fare panchina). Il suo assistente allenatore Chris Jent dice che ha un approccio fantastico. Quindi non resta che aspettare e vedere. Io, e pure Amedeo mi sembra di capire, resto fiducioso.”
Il tuo quintetto dei migliori della stagione, e il quintetto dei più adatti ad incidere in Nba.
“Come giustamente hai fatto nella domanda, bisogna distinguere tra rendimento attuale e potenzialità. Incidere in NBA è legato a molti fattori. Molti dipendono dalle effettive qualità del giocatore, altri da questioni più imponderabili. Tipo il sistema in cui finisci, e quanto sei adatto a renderci, da subito. Quintetto migliore della stagione, con inevitabili omissioni: Oladipo, Smart, Porter, McDermott, Olynyk. Sesto uomo: Trey Burke. Quintetto prospetti NBA (a lungo termine): Oladipo, Smart, McLemore, Porter, Zeller. Sesto uomo: Muhammad.”
Passiamo al tabellone del torneo: sei d’accordo con le quattro numero 1 (Gonzaga, Louisville, Kansas, Indiana)?
“Direi di si. O meglio: non mi sento di dissentire con alcuna di queste decisioni. Poi è chiaro che sarebbe stato possibile trovare argomentazioni legittime per fare teste di serie tutti gli attuali n.2 seed, e forse anche qualcuno dei n.3. Quest’anno piu che mai.
Kansas è una macchina di rendimento. Ogni anno è sempre lì, e anche quest’anno, a parte il passaggio a vuoto di metà febbraio, non ha sbagliato nulla.
Gonzaga: meritatissimo. Se non lo prendevano quest’anno, quando mai potevano prenderlo? Vero che la WCC non è una conference di primissimo livello, almeno quest’anno. Ma gli Zags hanno assolutamente dominato. Le ultime due partite con St.Mary’s, che è l’avversario storico, le hanno comandate in maniera schiacciante, come mai successo prima.
Indiana: non bisogna farsi ingannare dalle sconfitte. Hanno giocato in una conference equilibrata, dispendiosa, tosta. Nessuno ha dovuto fronteggiare la quantità di partite impegnative degli Hoosiers. Eppure ne sono usciti bene, piazzando anche colpi – Michigan State e Ohio State in trasferta in particolare, che ho visto di persona – che solo le grandi squadre possono piazzare. Sbracare un po’ nel torneo di conference ci poteva stare.
Louisville: classico n.1 seed strappato “di rincorsa”, finendo forte la stagione, dopo aver vivacchiato fino a metà febbraio. Forse è quella che mi convince meno, soprattutto dal punto di vista offensivo. In attacco giocano in maniera rivedibile, soprattutto a difesa schierata, e hanno mostrato una certa tendenza a non saper attaccare nei finali di partita. Però hanno una difesa talmente assatanata, e talmente capace di spezzarti il fiato e pure la lucidità, che li rende unici. Ecco, forse qualche dubbio sul “numero 1 assoluto”, ma stiamo parlando di niente. Il vantaggio cos’è, che giocano il regional a Indianapolis? Mi ricordo nel 2009, stessa situazione. Io ero a bordocampo al Lucas Oil Stadium, e Louisville, pur con 30mila spettatori a incitare, venne distrutta dagli Spartans. Si gioca sempre e comunque in campo neutro, quindi non vedo sostanziali vantaggi per la n.1 assoluta rispetto alle altre n.1.Tre le altre, direi che Duke mi ricorda moltissimo la squadra che vinse nel 2010. No superstars, ma tanto equilibrio, giocatori che sanno cosa fare, e lunghi disposti a fare i kamikaze su ogni penetrazione avversaria.
E Michigan State, che non si sa bene come arriva sempre al torneo con quel pizzico di oblio che le consente di giocare con meno pressione delle altre.”
Chi rischia di più nei rispettivi Regionals?
“Dici delle n.1? Direi Gonzaga, non tanto per il bracket, ma perchè è meno abituata delle altre a giocare partite contro squadre del suo livello. Ma secondo me ce la fanno ad arrivare in F4. Louisville ha invece la sfide più toste, a livello di potenziali avversari. E infatti secondo me crolla prima. Ma sono elucubrazioni, ovviamente, hanno tutto per arrivare in fondo.”
Chi vedi come possibile Cinderella di questo 2013?
“Dipende da cosa intendi per Cinderella. Il termine si è espanso a dismisura negli ultimi anni. Con il moltiplicarsi delle early entries e la One and Done rule l’età media si è abbassata, ed è più facile che un gruppo solido di seniors possa dare fastidio a squadre più forti sulla carta ma molto meno esperte. Tra le vere outsiders, occhio a Harvard, che ha molta esperienza e più fisicità delle normali squadre di Ivy League, e a Davidson, allenata da Bob McKillop, uno dei migliori coach di tutta la nazione. Non hanno Curry quest’anno, ma hanno un attacco molto fluido, e un tabellone che potrebbe spaccarsi in due, se battono Marquette al primo turno.
Tra le outsiders che però NON sono cenerentole: occhio a Creighton. Non mi stupirei se facessero un bel po’ di strada, anche se arrivare in fondo è impossibile, direi.”
Il tuo pronostico di Final Four, finalissima e vittoria.
“Ti piace fare domande facili eh? Vabbeh, spariamo: è l’anno della Big Ten. F4: Michigan State, Gonzaga, Kansas, Indiana. Finale: Kansas-Michigan State. Vittoria di Kansas 68-66 in una delle finali piu belle di sempre. Se ci becco cosa succede?“