codice di San Luca, La Repubblica
In Italia il crimine organizzato giura, usa pizzinni ed addirittura un alfabeto a sè. Di difficile comprensione il codice utilizzato nella stesura di una narrazione un pò favola un pò leggenda ma molto vero. Il codice di San Luca è stato decifrato da uno staff di esperti che sono riusciti attraverso una attenta analisi a capire la prima lettera del manoscritto per poi arrivare a decifrare l’intero messaggio.
Nel testo ci sarebbe la procedura del giuramento e non solo, così si leggerebbe “Una bella mattina di sabato Santo, allo spuntare e non spuntare del sole, passeggiando sulla riva del mare vitti una barca con tre vecchi marinai, che mi domandarono cosa stavo cercando…”. A decifrare il codice sarebbero stati gli uomini della della mobile romana. ‘ndrangheta tra storia, sangue e tradizione dunque così pare. Il codice è sarebbe poi stato verificato anche con l’ausilio del collaboratore Gianni Cretarola. Così nel testo che sembra quasi provenire da un altro pianeta ci sarebbe scritto: ”Come si riconosce un giovane d’onore? Con una stella d’oro in fronte, una croce da cavaliere sul petto e una palma d’oro in mano. E come mai avete queste belle cose che non si vedono? Perché le porto in carne, pelle e ossa”. Il numero 3 che poi ritorna spesso anche nella storia del crimine organizzato italiano, e sono, come è noto un pò a tutti i 3 fondatori della camorra, Osso, Malosso e Carcagnosso. Il codice non è solo comportamentale ma sembra proprio un antico codex. Nulla di nuovo, invece sul frangente affiliazione insomma che spesso e volentieri santisti e ‘ndranghetisti o presunti tali trovino affiliati in carcere e lìvi facciano i riti è cosa arcinota, così come è nota la gerarchia dell’ndranghet: picciotto, sgarrista, santista, vangelista, quartino, trequartino, padrino e capobastone. Cetrola avrebbe poi narrato il rito di iniziazione, una affiliazione che sembra essere la classica esistente per altro già da diversi anni. Impossibile dimenticare, ad esempio, che persino la Nuova Camorra Organizzata è nata così, tra le pareti di un carcere ed è anche cosa nota agli appassionati del settore che tra le pareti delle “Patri galere”non è difficile affiliarsi al crimine organizzato made in Italy. Il rito raccontato da Cetrola sembra quasi appartenere alle pagine di un libro o perchè no al film ” Il Camorrista” ed ad altri tanti film magari meno noti. “Per il battesimo ci vogliono cinque persone, non di più non di meno ma nella calzoleria ce n’erano solo due, oltre a me. Gli altri erano rappresentati da fazzoletti annodati. Il primo passo è la “formazione del locale”, una sorta di consacrazione che, alla fine del rito, verrà rifatta al contrario: “Se prima questo era un luogo di transito e passaggio da questo momento in poi è un luogo sacro, santo e inviolabile”. Segue l’inevitabile offerta di sangue. In mancanza di un coltello (siamo comunque in galera) il “puntaiolo” impugna un punteruolo da calzolaio. È il novizio che deve pungersi da solo: se non ci riesce al terzo tentativo, l’auspicio è pessimo e bisogna rinviare di sei mesi, ma la mano di Cretarola è ferma e il sangue scorre. Iniziano le formule di rito: “A nome dei nostri tre vecchi antenati, io battezzo il locale e formo società come battezzavano e formavano i nostri tre vecchi antenati, se loro battezzavano con ferri, catene e camicie di forza io battezzo e formo con ferri, catene e camicie di forza, se loro formavano e battezzavano con fiori di rosa e gelsomini in mano io battezzo e formo…”. E via di questo passo. Un rito che si ripeterà per tre volte nel tempo, dopo un’opportuna votazione, a ogni passaggio di grado e di status. In carcere non si trova un santino di San Michele da bruciare, il novizio si limita a bere il sangue e giura “di rispettare le regole sociali, di rinnegare madre, padre, fratelli e sorelle, di esigere e transigere centesimo per centesimo. Qualsiasi azione farai contro le regole sociali sarà a carico tuo e discarico della società”. È nato un nuovo affiliato alla ‘ndrangheta o, per dirla in gergo carceraio, alla pisella, alla pidocchia o alla gramigna. (corsivetto La Repubblica)