Vale la pena di investire risorse e tempo nella formazione dei detenuti? Vale la pena di costituire cooperative ed associazioni che aiutino i carcerati ad imparare un lavoro? Vale la pena riunirsi con le organizzazione e gli enti sul territorio per ricordare a tutti che la società é composta da tanti attori sociali diversi? Vale la pena chiedere ai direttori delle carceri di “prendersi le rogne” di creare percorsi di riabilitazione flessibili e mirati?
La risposta emersa al convegno tenutosi stamane a Fontanafredda é un chiaro e forte SI! Ne vale la pena per diverse ragioni. Innanzi tutto perché la pena inflitta ai detenuti riguarda la privazione della libertà, non di tutto ciò che comporta lo svolgimento di una vita dignitosa, come il lavoro o gli affetti. Anche da un punto di vista meno caritatevole e più pragmatico, inoltre, tutti questi sforzi portano dei vantaggi tangibili a tutta la società.
Offrire gli strumenti per apprendere una professione a chi proviene da condizioni di difficoltà economica e tensione sociale significa dare a queste persone la possibilità di un reinserimento produttivo nella comunità. Lo dimostrano i dati del carcere di Bollate, dove la percentuale di recidiva é del 16% rispetto al 68% della media nazionale. Avere un reddito permette poi a uomini e donne che tendono a diventare un peso per la famiglia, di riconquistare la loro posizione sociale davanti a mogli, mariti e figli rinsaldando i rapporti e quindi facendo nuovamente gli interessi della società libera.
Durante gli interventi dei vari protagonisti della formazione (Banda Biscotti, Progetto Liberamensa, Cooperativa Lazzaria, Catering di Bollate) sono emerse soddisfazioni e filosofie comuni, problemi relativi ai tagli dei budget ed una necessita crescente di unirsi e di fare rete per attirare lo sguardo degli altri agenti sul territorio, per cercare di abbattere il muro di pregiudizio che divide ancora il mondo del carcere da quello libero e la necessita, soprattutto in Piemonte di utilizzare la comunicazione a vantaggio dei progetti.
Sapori Reclusi, oggi ospite soprattutto grazie alla mostra fotografica di Davide Dutto (disponibile a Fontanafredda fino al 2 luglio), non può che concordare con tutte le conclusioni emerse dal convegno, visto e considerato che riassumono la mission della nostra associazione! Creare link e sinergie tra le realtà già esistenti; parlare di carcere in modo nuovo a chi ne sa poco o nulla, magari attorno ad un pasto informale; fare comunicazione nel senso più libero e creativo del termine e, soprattutto, raccontare storie di uomini, non di carcerati.