Nebraska
Creato il 22 gennaio 2014 da Veripaccheri
Nebraska
di Alexander Payne
con Will Forte, Stacy Keach, June Squibb, Bruce Dern
Usa, 2013
genere, drammatico
durata, 110'
Non c'è alcun dubbio sul fatto che una delle caratteristiche principali
del cinema di Alexander Payne sia quello di essere "defilato" e poco
propenso a dare nell'occhio. Una constatazione che lungi dall'esaurire
la complessità di una poetica ricca e stratificata contiene il pregio di
modulare lo sguardo dello spettatore rispetto ad una materia sfuggente,
quasi inerte nella sua implacabile evidenza, e affidata nel suo
divenire a piccoli e quasi impercettibili scarti emotivi, simili a
quelli che trapelano con fatica dallo sguardo sospeso e lontano di Woody
Grant, l'anziano protagonista di "Nebraska", ultimo film di Alexander
Payne, presentato in concorso nell'edizione appena conclusa del Festival
di Cannes. Prima di quel volto, su cui il regista tornerà con
insistenza nel corso della storia si impone la visione di un america a
doppia velocità, che Payne ci presenta in campo lungo nella sequenza
d'apertura, con la modernità in continuo divenire sintetizzata dalle
macchine che si succedono indifferenti e sfreccianti lungo la statale
percorsa a passo claudicante dall'anziano signore chiamato a
rappresentare l'altra faccia del paese, quella destinata a rimanere
indietro rispetto al nuovo che avanza.
Per rappresentarla Payne
si affida al sogno di una vincita impossibile, e alla convinzione di
Woody Grant di averla realizzata dopo aver letto il volantino di una
lotteria del Nebraska. Deciso a riscuoterne il premio, Grant si mette in
viaggio in compagnia del figlio David che vorrebbe approfittare
dell'occasione per conoscere meglio l'attempato genitore.
Se la
trama di "Nebraska" ricalca nella struttura on the road precedenti
famosi del cinema americano come quelli di "Una storia vera" (1999) di David Lynch, e "A proposito di Schmidt"
(2002) dello stesso Payne, in cui il motivo del viaggio si trasforma
nel congedo esistenziale di personaggi avanti con gli anni, e allo
stesso tempo diventa la ricognizione sullo stato di salute del paese,
bisogna dire che il bollettino del "capitano" Payne non è dei più
confortanti. Girato in un bianco e nero elegante e pulito, "Nebraska" si
dipana attraverso una serie di quadretti esistenziali e di situazioni
singolari (memorabile la scena in cui Grant insieme al fratello che li
ha raggiunti decidono di saldare l'antico torto patito dal genitore
facendolo però pagare alle persone sbagliate) ambientate ad Hawtorne,
cittadina natale del protagonista, dove, in un'immersione agrodolce e
vagamente maliconica, Woody si ritrova a tu per tu con parenti
dimenticati e amici di gioventù. Una situazione apparentemente idilliaca
che Payne si diverte a sabotare con intarsi invisibili ma efficaci nel
denudare alcuni dei miti della cultura americana: dall'istituzione
familiare, dipinta come un luogo anaffettivo e disturbante - basti
pensare alla petulante consorte di Woody sempre pronta a lamentarsi e a
parlare male degli altri- al sogno americano, depotenziato per il fatto
di sapere che il biglietto vincente esiste solo nella testa del
protagonista, e sbeffeggiato attraverso la fascinazione dei compaesani
di Woody, ignari della verità e disposti a dimenticare le antiche
ruggini pur di condividere le fortune del figliol prodigo, per non dire
della virilità machile, annichilita da rapporti inesistenti (quello di
David, lasciato dalla compagna ad inizio film) o totalmente disastrosi,
come accade al protagonista, sposato ad una donna che forse non ha mai
amato.
La bravura di Payne è quella di mantenersi in equilibrio
tra il riso e il pianto, e di riuscire con tocco lieve e delicato a far
emergere una poetica del quotidiano illuminata dal riscatto di
un'umanità donchisciottesca, mortificata e poi risollevata, come capita a
Woody in una delle ultime sequenze, quando, demoralizzato dalla
consapevolezza della mancata vincita si ritrova poco dopo, rinfrancato e
felice, alla guida della jeep che il figlio gli regala per compensare
lo smacco. Con l'automezzo al posto del cavallo, e Woody nella parte
John Wayne, "Nebraska" fa anche in tempo ad omaggiare il cinema e in
particolare il western, con l'uomo che sfila lungo la via principale di
Hawtorne, sotto lo sguardo ammirato e incredulo dei suoi cittadini.
Interpretato da un Bruce Dern formato actor's studio, impegnato in un
ruolo che sarebbe piaciuto ai registi della sua generazione, "Nebraska" è
un meccanismo perfetto ma non per tutti. L'assenza di glamour degli
attori ma anche dell'argomento, il ritmo pacato e quasi immobile, la
comicità deadpan alla maniera di Jim Jarmusch, e infine
un'ambientazione laterale e periferica sono una miscela poco adatta alla
grande platea. Siamo certi però che imitando le vite dei suoi
personaggi anche quella del film troverà il modo di emanciparsi da
premesse così fosche. Magari durante la notte degli oscar, magari nella
categoria del migliore attore protagonista.
(pubblicato su ondacinema.it)
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