Anno: 2013
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 110’
Genere: Drammatico
Nazionalità: USA
Regia: Alexander Payne
Nuvole ed ombre in movimento, bianco e nero sospeso, atmosfere e personaggi quasi enigmatici: per raccontare la storia del vecchio Woody Grant e di suo figlio David, nel film Nebraska, presentato a Cannes ed ora nelle sale italiane grazie alla distribuzione Lucky Red, il regista e sceneggiatore statunitense Alexander Payne – due Oscar per le sceneggiature di Sideways: in viaggio con Jack e Paradiso amaro – sceglie di abiurare al colore per dare un tocco di misticismo al suo già espressivo linguaggio cinematografico. La tradizionale immagine della provincia americana, evocata dalle fattorie con i trattori nel cortile, dalle distese di campi e dai furgoni on the road, dalle camicie a quadrettoni e dalle salopette di jeans, dai volti scavati degli avventori di bar ed empori semideserti, raggiunge infatti lo spettatore in maniera dilatata, quasi lontana, con un effetto rallenty che scava nei protagonisti e nella narrazione.
“Volevo che lo stile visivo fosse il biglietto da visita del film – afferma Payne – ed il bianco e nero sembrava la scelta giusta. È un formato bellissimo e questa storia sobria e rigorosa si prestava ad uno stile delle immagini semplice, spoglio e disadorno, come la vita dei protagonisti del film”.
Credendo di aver vinto un milione di dollari ad un concorso della Mega Sweepstakes Marketing – in realtà vittima di una delle tante truffe pubblicitarie che ogni giorno ci molestano indefessamente ed in cui spesso incappano persone anziane e sole – il vecchio Woody, dedito alla bottiglia (il suo motto è “bere birra non significa bere”) e colpito da demenza senile, decide di mettersi in viaggio a piedi dal Montana, dove abita, fino al Nebraska, luogo dove ha sede la società che ha emesso il volantino con il suo nome da vincitore, e dove è convinto che gli verrà pagato sull’unghia il suo milione. A nulla valgono le proteste della moglie Kate, una vecchia caustica e brontolona ma ancora affezionata al marito, e del figlio maggiore Ross, un anchorman di successo, che vorrebbe chiudere il padre in ospizio, anche memore dell’egoismo paterno verso i figli. Toccherà a David, il figlio minore, in qualche modo intenerito da questo padre-bambino riottoso, accompagnare in macchina il vecchio, testardo e meno rimbambito del previsto, che già si era messo in marcia verso il Nebraska rifiutando ogni argomentazione logica che lo inducesse a restare.
Uno straordinario Bruce Dern, meritatamente premiato come miglior attore al Festival di Cannes, interpreta il difficile ruolo di Woody, un uomo al termine della vita, ormai privo di freni inibitori e di memoria (anche del ricordo – riportato da un amico – di una brutta sbandata per una donna indiana), che desidera solo comprare un furgone e lasciare qualcosa ai suoi figli ai quali – si rende conto con un guizzo di lucidità – non ha mai dato molto. Il viaggio fino al Nebraska comprende una pausa, organizzata da Kate, che raggiunge padre e figlio per far visita a parenti e conoscenti, offrendo l’occasione al regista di mostrare una carrellata di umanità varia, silenziosa e sgomenta, quando non spaventosa, pronta a lucrare senza scrupoli sulla presunta fortuna di Woody (il milione). La famiglia americana si richiuderà allora in se stessa, difendendo la propria incolumità, e ritrovando allegria ed unione in una rapida ed improbabile fuga. Irritante e commovente, la figura del vecchio Woody Grant resta impressa nella mente, così come quella del figlio Davide (un bravissimo Will Forte), capace di ridare dignità al padre accompagnandolo in un’impresa folle, cercando con lui la dentiera perduta sui binari del treno, accettando il suo caratteraccio e realizzando, infine, il suo sogno di acquistare un furgone nuovo per passare fra gli amici ottuagenari a testa alta. Un film all’insegna della poesia.
Elisabetta Colla