Magazine Cultura
Nella premessa di Fabio Giovannini si svelano le linee guida del saggio; è utile leggerla integralmente per comprendere il senso di quest'opera dedicata a quella che viene definita epoca della necrocultura (che si riflette profondamente anche nell'arte) per condidivere il punto di partenza adottato dell'autore: la trasformazione della società e della cultura contemporanea, dell'immaginario e dell'estetica della morte che entrano in una nuova fase virtuale del loro millenario percorso, tramite la disponibilità di nuove tecnologie e media. Ma il sottofondo che fa da moltiplicatore di questa nuovo rapporto con la morte e con il macabro è la crisi della società contemporanea. La necrocultura allunga le proprie nere radici come metafora delle incertezze del mondo moderno, vive e si moltiplica con la linfa del rinnovato e diffuso interesse per lo sconosciuto. Da questo scenario Fabio Giovannini sviluppa la sua analisi dell'immaginario e della nuova estetica della morte, i suoi eterogenei sviluppi e diramazioni, che condivideremo nello specifico grazie alla pubblicazione di alcuni estratti. Giovannini teorizza la vittoria del lato oscuro sulla quotidianità, e noi che leggiamo quest'opera dopo 14 anni dalla sua pubblicazione scopriamo che i semi analizzati dall'autore al microscopio, e le prime giovani piante, robuste e aggressive, oggi si sono sviluppate ancora molto, mutando le proprie cellule; l'arte moderna, in questo nuovo percorso dell'immaginario umano, è ora tra le assolute protagoniste. Necrocultura di Fabio Giovannini (Castelvecchi 1998) Premessa Il corpo penzolante di un uomo smembrato in dozzine di parti separate, sospeso a fili di nylon come un pupazzo. La figura di un uomo tagliato in due metà verticali. Il cadavere in piedi di una donna inconta di cinque mesi. Un corpo squoiato che siede pensoso a un tavolo. [Jordan Bonfante, The anatomy of Death, "Time", 15 dicembre 1997] Non è una sequenza tratta dall'ultimo film dell'orrore, o un brano di un romanzo splatter. Così la rivista "Time" descrive una mostra del 1997, organizzata a Mannheim da Gunther von Hagens. Una mostra con fini scientifici, ma altamente spettacolare, in cui sono stati esposti veri cadaveri mummificati con il processo della "plastination" (i corpi sono immersi in acetone a -25°, per eliminare acqua e gas; poi riempiti di plastica fluida, quindi resi rigidi da calore e raggi ultravioletti). Con la "plastination" le salme restano per sempre immortalate in una condizione antisettica, perfettamente identiche a quando erano in vita, e possono essere persino sezionate. Una mostra che ha fatto discutere, creato polemiche, provocato disgusto e scandalo, ma che appare come l'esempio più emblematico di un'epoca: l'epoca della necrocultura. Il termine "necro", un prefisso di origine greca per indicare ciò che è morto, cioò che è defunto, o comunque in relazione con la morte, irrompe nella cultura contemporanea, più forte di ogni rimozione. Il macabro e la morte, la decomposizione e il cadavere - spesso in chiave erotica - sono presenti in misura crescente proprio nell'epoca in cui, nei paesi sviluppati, il contatto degli individui con la morte concreta si fa sempre più virtuale, mediato dalla televisione e attraverso le immagini. Si moltiplicano gli artisti che "mettono in scena" la morte, si diffonde un gusto necrofilo che percorre tutti i mass media. E la necrocultura è propagata anche da un veicolo privilegiato: la musica rock, da sempre avvolta in un imperituro culto della morte, fatto di atmosfere oscure, di richiami alla malattia e al peccato. Oggi, infine, si dilata un filone neogotico pervasivo, mentra anche i filosofi dedicano riflessioni ai temi dell'ultimo limite, della fine (magari per teorizzare come il postmoderno, la morte della letteratura, dell'arte, delle ideologie, ecc). Si indagano intelletualmente le zone d'ombra, l'oscurità attrae più della luce. I disorientamenti di fronte a questo nuovo millennio acuiscono il senso della finitezza dell'incognito, riattualizzando l'Apocalisse, e suscitano quindi un interesse senza precedenti per la morte. "Il ritorno della morte corrisponde sempre a una crisi della società. E quella che stiamo attraversando oggi è veramente una crisi senza precedenti" afferma lo storico francese Michael Vovelle (in un colloquio con Fabio Gambaro apparso su "L'Espresso", 20 marzo 1997). In un fase epocale in cui la caducità è la precarietà investono le forme di vita e parallelamente il pensiero, inevitabilmente si afferma una cultura che parla "il linguaggio del morente". Le sempre più rapide innovazioni nel costume, nelle idee, nella società, cambiano il "senso" della morte. E aprono la strada all'affermarsi della necrocultura. Tramite un susseguirsi di associazioni a catena tra figure e segni della malinconia e della nostalgia, della decadenza e dell'erotismo, si possono indicare vere e proprie categorie dell'immaginario riferito alla morte. Il funerario, il cimiteriale, il macabro. E il gusto per l'eccesso, per lo smembramento, per l'oltraggio. Il lato oscuro diventa estetica popolare: è questo il passaggio epocale. Non più una tendenza per pochi, per maniaci, per affiliati, per minoranze esigue, ma il nutrimento per milioni di persone, un gusto diffuso, il milieu di un'epoca. Le pagine che seguono, allora, si propongono di analizzare questa "odierna estetica della morte", fornendo una prima mappa del fenomeno. Alla fine del libro, scopriremo insieme che il macabro, oggi, si configura come ultima reazione al buonismo, al politically correct. E la necrofilia diviene metafora dei nostri tempi. Ecco alcuni brevi estratti di Necrocultura, riguardanti il cinema, la letteratura, l'arte, la fotografia, ma rappresentano solo una piccola parte dei tanti temi trattati da Fabio Giovannini. Per comprendere la complessità e completezza del saggio, questi sono i capitoli che Necrocultura propone, ognuno dei quali sviluppato in tanti paragrafi specializzati: Necrofilie, Immaginari necrofili, Musiche mortali, il funerario e il cimiteriale, Miscellanea macabra, L'arte della morte, Immagini di Morte, Necrocinema, La morte in tv, La morte cibernetica, Verso una cultura del postumo e dell'inanimato. Ma ora leggiamo alcuni paragrafi che ho selezionato. Necrocultura di Fabio Giovannini (Castelvecchi 1998) Il caso Nekromantik Alla fine degli anni ottanta diventa un vero e proprio mito il tedesco Jorh Buttgereit, grazie a un mediometraggio che colpisce allo stomaco anche i più allenati spettatori di spaller movie. Dopo un tirocinio fatto di cortometraggi horror e di commedie per la tv, Buttgereit approda a una sorta di miscela tra cinema sperimentale, horror estremo e humour nero con Nekromantic (1987). La necrofilia è mostrata con una crudezza totale, eppure questo realismo macabro non sfugge a una sguardo ironico. Girato in 16mm con inserti in Super 8, il film narra la storia d'amore di Robert e Betty, uniti dalla necrofilia. Amano il macabro, fanno il bagno nel sangue, poi riescono a coronare il loro sogno erotico quando Rob porta a casa un cadavere in decomposizione. Entrambi fanno l'amore con la salma, ma con l'arrivo del terzo incomodo l'idillio tra Rob e Betty si infrange. Abbandonato dalla sua partner, l'uomo cerca altre compagnie: finirà per uccidere una prostituta in un cimitero e un becchino. Disperato e angosciato, si pianta un coltello nello stomaco, e il suo pene eiacula sangue. La rivista di Chas Balun "Deep Red", un'autorità nel settore del cinema splatter, grida al miracolo, e presto il film diventa leggendario in tutti i circoli underground.(...) Necrocultura di Fabio Giovannini (Castelvecchi 1998) Putredini russe Di fronte alle teorizzazioni necrorealistiche, non stupisce, allora, che in Russia sia diventato bestseller un libro come Chroniki Charonia, Enciklopedia Smerti (Mosca, Moskovoskij Rabocij, 1993), cioè Cronache di Caronte, Enciclopedia della morte, di Aleksandr Lavrin, un giovane bibliotecario autori anche di poesie e racconti, oltre che di una biografia di Andrej Tarkowsij. Più di cinquecento pagine fitte di dati, schede e informazioni sulla morte. Si comincia con le statistiche dei decessi nel mondo, si prosegue con l'analisi degli assassini più famosi, le uccisioni rituali, i suicidi, l'elenco delle varie forme di pena di morte, sino agli aneddoti sulla morte di personaggi famosi, in ordine alfabetico. Vengono catalogate le "ultime ore" di poeti, politici, cantanti, e così via. "I grandi morti sono molto di più dei grandi vivi, e, a occhi e croce, i morti sono più dei vivi" spiega Lavrin. Ma questa necro-ossessione in Russia pervade tutti i gangli della società post-sovietica. A Ekaterinburg le famiglie mafiose investono delle fortune in tombe, funerali e imbalsamazioni per le tante vittime delle guerre delle bande. La città è attraversata da cortei di automobili con autista e vetri scuri, che si snodano per chilometri e conducono ai luoghi dell'estremo rito: la messa, i banchetti a base di vodka e champagne, il bacio del cadavere per sancire la fedeltà al clan. E questa ritualità si rinnova nei pranzi annuali al cimitero in ricordo di singoli capibanda defunti. Il cimitero di Shirokorechenskoe è ormai un sacrario per padrini e guardie del corpo. Spiccano sempre più numerose le lastre mortuarie verticali in malachite, alte fino a tre metri, con il ritratto del defunto (costo 5.000 dollari) (...) Necrocultura di Fabio Giovannini (Castelvecchi 1998) Horror art Tra le tante definizioni che sono state inventate per queste tendenze necroestremiste dell'arte, si è diffusa quella di "horror art". E in questa definizione può rientrare a pieno titolo quella sorta di laboratorio del necromane che è lo studio di Damien Hirst, giovane artista di Bristol giunto alle vette del successo grazie al collezionista Charles Saatchi: teche, vetrine, bozzali. Lui stesso fece scalpore per una foto in cui era ritratto sorridente accanto a un cadavere. Dopo il suo successo con l'etichetta "Freeze" alla fine degli anni ottanta, tra il 1990 e il 1995 Hirst si specializza in installazioni a base di cadaveri di animali: pecore, micche, scrofe tagliate a metà per esporne le interiora, e persino un ormai celebre squalo in formaldeide (titolo: "L'impossibilità fisica della morte nella mente di qualcuno che è vivo"). Con A Thousand Years, poi, propone la testa putrida di una mucca, rinchiusa in un container di vetro e coperta di mosche e farfalle che se ne nutrono: se gli insetti si allontanano dalla carcassa, finiscono fulminati da una griglia elettrica. Ma nell'arte odierna non compaiono solo mammiferi morti, ma anche insetti. E' il caso di Jan Fabre, artista e drammaturgo, che ha esposto delle figure umane ricoperte di scarafaggi e ha realizzato delle insects sculptures, utilizzando le corazze lucenti degli insetti. E in alcune occasioni ha alterato gli stessi corpi degli insetti, inserendo oggetti o creando degli esseri ibridi con parti diverse di differenti esemplari (...) Necrocultura di Fabio Giovannini (Castelvecchi 1998) Oltre il documento: foto macabre ed estreme Di recente, la fotografia che "documenta" la morte vera si è arricchita del gusto per la morte artificiale e simulata che diventa attraente. Nel novembre 1994 l'edizione tedesca dela rivista "Vogue" ha pubblicato un servizio fotografico dove la modella in tacchi a spillo appare come vittima di incidenti stradali, accasciata sul volante di una macchina sfondata. La vittima seducente appare riversa per terra su una strada lucida di pioggia accanto ad un taxi che si è schiantato contro un idrante. Un rivolo di sangue le scende dalle labbra chiuse per sempre, la giacca nera corta in vita si è aperta lasciando vedere un bellissimo seno avvolto in un reggiseno rigorosamente nero. Gli occhi sono chiusi e il braccio inerte, mentre la didascalia insegna come con così poco avvenga la "metamorfosi di un tailleur quasi troppo perbene in un capo di abbigliamento eccitante" Da parte sua Richard Avedon ha realizzato, nel 1997, un servizio fotografico di 26 pagine per il "New Yorker" imperniato su una modella che danza e interagisce con uno scheletro vestito. Nella foto "d'arte", però, la morte arriva meno patinata, più sporca oppure più sconvolgente, riaffiorando con il profilarsi di un universo estremo in fotografia. Un universo caratterizzato da tre elementi ricorrenti: la mostruosità (i freaks), l'erotismo, la morte. La bellezza viene ritrovata in ciò che comunemente è considerato brutto, raccapricciante, disturbante. (...) Fabio Giovannini: (Genova 1958) è saggista e giornalista, è stato collaboratore de Il Manifesto e Liberazione. Si è occupato, come studioso, di immaginario fantastico, gotico e noir. Tra le sue opere di saggistica: Mostri - protagonisti dell'immaginario del Novecento da Frankenstein a Godzilla, da Dracula ai cyborg (Castelvecchi 1999), Necrocultura (Castelvecchi 1998) Il libro dei Vampiri (Dedalo, 1985 e 1997) Cyperpunk e Splatterpunk (Datanews 1992), La morte rossa, I marxisti e la morte (Dedalo 1984)
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