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Nefrhotel - Mi hanno venduto un rene di Giuseppe Cristaldi (Promo Music)

Creato il 06 ottobre 2011 da Stefanodonno


Nefrhotel - Mi hanno venduto un rene di Giuseppe Cristaldi (Promo Music)
Kamal è un ragazzino nepalese,orfano, naufrago nella miseria, eppure appartenente all'alta casta dei Newari,la casta egemone a Kathmandu, culla floreale dell'omertà. È innamorato diBuddha, il cui nome egli pronuncia per allontanare la paura mentre si sciacquanelle pozzanghere o durante le meditazioni del nonno sciamano. Come tutti isuoi coetanei carezza il sogno di una vita, ma a differenza di essi sacrificail corpo per realizzarlo: svende un rene ai trafficanti di organi che operanotra Oriente e Occidente. È una piaga di inaudite proporzioni che contrasta ladiffusa spiritualità orientale, una dualità spirito/macelleria che si ripete intutto lo sfogo di Kamal. È un vomito silente che scorre nel cinismo dei turistisui risciò, nelle mani dei medici collusi con le organizzazioni dedite allamercificazione delle vite, nella violenza e nello schiavismo perpetrati suiminori. Un vomito che rifluisce intorno ai bordi della vergogna e della rabbia,in cui a sopravvivere resta solo il sentimento improvviso della pietà come unareincarnazione nel futuro.
“Dormi dormi piccolo re nonlottare ti terrò con me, è troppo tardi per scappare o per accendere la luce, vieneun drago già lo sento, chiudi gli occhi non c’è tempo…”. Suppura. Mi capite mò?Suppura è come l’incazzatura di un vocabolario divaricato, o come la miaascella quando, presa dal nervoso, appunto, suppura. Perde pus dottò, che mifate quella faccia, perde pus come se sudasse o piangesse, fate voi. Sì, vabbè,sotto l’ombelico pure, sembra quasi il piagnisteo del ventre, specie d’estatequando piego l’addome per la fatica o quando a riposo canto la ninna nanna aqueste quattro ossa bambine. Dottò, non cominciate con questa ritrosìa, questaginnastica dei palmi che se ne vanno indietro come se non sapessero della cicatrice,non eravate voi che con gli stessi palmi facevate la perlustrazione dentroquesto corpo piccolo piccolo come una moneta falsa? Ora venite qui accanto, viprego, sedete su questo stesso legno tarlato, che voglio raccontarvi un sognomanomesso, un sogno abortito, ma con stile, con fantasia quasi, coll’azzurro.L’altro giorno, quandosono arrivati quelli, m’è salitol’ansimo sulle punte dei capelli, perché con le armi non è che ci si possagiocare a shanghai. Un individuo di fronte a un’arma cerca spasmodicamente unostato di colpevolezza, pur non avendolo, un individuo di fronte a un’arma sipredispone come fottuto, reo. Sputavo fiato a manetta, e mentre un fucile micercava le interiora - pure quello mancava! - mi chiedevo quali altre colpeavessi in grembo oltre a quella pecca che voi conoscete dottò. A pensarci colcervello fuori dal cranio, quella maledetta paura me l’avete iniettata voi e lavostra organizzazione, ma vabbè, mi sto zitto, come comandate. Sì, perchécomandate ancora, non cercate di dissuadermi da questa convinzione, voicomandate ancora tutti i girotondi dei miei sogni mozzati, proprio tutti; poteteanche usare lo stetoscopio: la membrana posizionata in una qualsiasi parte diquesto scheletro imbottito risponderà col suono di un dolore arcano, lacerante,un dolore che violenta tutto un albero genealogico, tutta una storia che siriduce alla meditazione, allo spirito, affinché un Dio nasconda per benel’inghippo del traffico. Uno dei tanti qui, posti alla vetrina dei turisti.” massive attack


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