All’arrivo vado a curiosare al banchetto del merchandise, mentre David e Andre, i due amici con il quale son venuto, litigano su chi pagherà il primo giro di birre. Trovo We’re Not in This Alone degli Youth of Today in vinile, che ancora mi mancava, e lo compro, lasciandolo soddisfatto alla guardarobiera, una bella ragazza che mi sorride, chiedendomi che tempo faccia fuori. E’ molto bellina e le rispondo che c’è tempo di merda (come al solito). Inutile, le slave son le mejo!
C’e’ anche uno stand che vende gulasch vegano (ma se è senza carne perché minchia lo chiamano gulasch mi domando e dico??) e pita con qualche salsa non meglio identificata. Memore di quella volta che David, a un festival punk a Varsavia, prese delle robe da uno di questi stand e passò il resto della serata seduto sul cesso, me ne tengo ben lontano. Continuamo a scherzare sulla questione fin quando non sentiamo le prime note provenire dalla sala interna. Sono i The Dog, band hardcore dal suono violentissimo e iper-veloce, che fa i suoi onestissimi 15 minuti di show e se ne va, lasciando spazio alla band successiva, i Castet. Provenienti dalla Slesia, sembrano avere un certo seguito, visto che vedo parecchi avventori cantare i loro pezzi a squarciagola. Il cantante in particolare, esibendo il suo pancino da birretta e il gigantesco tatuaggio sulla schiena inneggiante alla scena hardcore della Slesia, sembra reggere assai bene il palco, cazzeggiando tra un pezzo e l’altro e strappando più di una risata a un pubblico divertito. Una specie di cabarettista, insomma. Il loro suono è piu’ classico, e seppur abbastanza violento e grezzo, si avverte una qualche venatura riconducibile a delle influenze più melodiche quasi accostabili alla scena californiana dei giorni che furono (primi anni ottanta etc). Una buona prova, devo dire.
La caratteristica di questo tipo di concerti è che le band che si esibiscono non possono, per forza di cose, avere dei set giganteschi. Quando i tuoi pezzi durano, esagerando, un minuto e mezzo, e hanno quall’intensità, è ovvio che non puoi stare sul palco per più di 40 minuti, diciamo. Ergo, se la prendono comoda nel preparare il palco per gli headliner., dandoci così il tempo di andare a prendere la settima o ottava birra della serata.
Dopo un set di circa 40 minuti, con tanto di bis in cui viene proposto anche l’inno Chaos dei 4 Skins, restiamo al bar a bere un numero imprecisato di birre fino a quando non si fa una certa e andiamo via riuscendo a prendere l’ultimo autobus per miracolo, risparmiandoci così l’improponibile camminata fino in centro. Evidentemente l’hardcore e il D-Beat non sono molto nelle corde dei polacchi. Ricordo infatti anche una bassissima affluenza al concerto dei GBH un anno prima. Speriamo vada meglio ai Cockney Rejects tra una settimana, visto che almeno i Toy Dolls avevano fatto il pienone. Peccato, però.