E' una storia che risale ad un secolo fa quando sul territorio di Bolzano esistevano numerose coltivazioni d'aranci e ananas. Sembra incredibile, ma in mezzo alla conca della città altoatesina , maturava la frutta tipica dei climi ben più torridi come in sud Italia e nei più lontani paesi esotici. I documenti conservati negli archivi confutano l'esistenza di queste piantagioni create in serra. Il primo indizio emerge dal Piano paesaggistico del Comune di Bolzano, in cui si cita l'esistenza di aranceti, situati dove ora vengono coltivate le rose del fiorista bolzanino Toni Psenner, dentro il Convento dei Francescani, o quello appartenuto alla famiglia Gugl vicino al ponte Talvera, del barone von Giovanelli a Gries.
Un aranceto esisteva anche nel giardino di Palazzo Campo Franco e in quello di Palazzo Toggenburg. Aranci e ananas che poi venivano addirittura esportati nei territori più settentrionali della monarchia danubiani. Il solo modo per verificare l'esistenza di queste serre era quello rintracciare le piante catastali. L'aiuto ci è stato fornito da Cecilia Baschieri dell'Ufficio Ambiente e da Angela Mura che lavora all'Archivio Storico del Comune di Bolzano. Le loro ricerche hanno consentito di scoprire l'esistenza di disegni e progetti architettonici riproducenti le serre costruite per ospitare gli aranci coltivati in grandi vasi posizionati durante il giorno a seconda di dove entrava il sole dalle vetrate.
Nel piano catastale di Bolzano del 1824 c'è un disegno che riproduce la tenuta Sarentino (oggi Toggenburg) di proprietà di Anna Gräfin von Sarenthein, dove si possono notare le aranciere e le coltivazioni di ananas, un negozio di fiori e una serra per le piante. I giardini privati di Bolzano a partire dal 19esimo secolo si sono dotati di coltivazioni d'agrumi, patrimoni di famiglie benestanti. Le ricerche hanno portato a conoscenza di un'altra mappa dove è leggibile la proprietà dell' Orangerie sita in “Gut Heilmannshof-Bozen St. Justina” datata 1904. Chi conosce bene questa suggestiva pagina di storia è Toni Psenner di professione fiorista che ci accoglie nel suo negozio di via del Vanga a Bolzano.
E' lui a coltivare un immenso roseto all'interno del Convento dei Francescani, edificio religioso risalente al 1700. Un'oasi coltivata a rose che si estende su circa tremila metri quadri. “In questo luogo un secolo fa c'erano le serre degli aranci che s'estendevano fino all'attuale ristorante Cavallino Bianco – ci spiega il floricoltore, appassionato di storia delle coltivazioni e produttore di ben settanta varietà di rose profumate – e un'altra serra dove crescevano i frutti era situata dove c'è adesso via della Rena (nelle vicinanze dell'attuale Hotel Laurin, ndr), ma per saperne di più conviene consultare una pubblicazione storica che racconta bene la tradizione di Bolzano per questo tipo di coltivazioni”.
Il libricino è datato 1922-23: “ Vierzehnter Jahrgang, Kunst und Handelsgärtner. Adress Buch der Stadt Bozen Markgemeinde Gries”, di Anton Psenner (un avo del fiorista). Sfogliandolo si legge che il dottor Pfaff scriveva nella rivista Sciliar del 1922, come il signor Kaufmann Josef Ebner gli avesse raccontato di ricordare ben 53 aranceti ancora esistenti al tempo della sua gioventù a Bolzano. All'inizio del 1900 ve ne erano ancora una ventina, mentre nel 1922 ne restavano solo due: quello del Gugler's Orangerie
Talferbrücke e l'orangerie del barone Pietro Giovanelli. In una stampa risalente a1883 si può notare come all'interno del Convento di Muri – Gries esistevano dei giardini coltivati ad aranceto. In misura inferiore c'erano anche delle serre dove crescevano gli ananas, piante alte 60-70 centimetri che davano i frutti al terzo anno di vita. L'espansione era significativa e si espandeva linearmente sul tutto il territorio di Bolzano e Gries. Nelle serre oltre gli aranci venivano coltivati a alberi di limoni piantati nel terreno e anche su spalliere.
Alberi in vasca erano posizionati d'estate fuori dalle Orangerie. I miglioramenti dei trasporti da sud a nord, l'abrogazione della tassa per l'importazione di frutta tropicale, contribuirono al calo progressivo della produzione locale di arance e ananas. A questo s'aggiunse anche l'infestazione di parassiti che intaccavano gli alberi di arancio e limone, e per combatterla non c'erano mezzi appropriati.
Questa fu una delle cause che portarono alla chiusura delle serre. Durante la prima guerra mondiale a causa del divieto delle importazioni, la coltivazione degli aranci si riprese temporaneamente, ma le difficoltà di conservazione della frutta non permisero un vero rilancio della produzione.
Roberto Rinaldi