Magazine Rimedi Naturali
Nel 1904 il furetto con una mano sola spargeva lo zolfo dappertutto!
di Antonio Bruno
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Il trattamento con polvere di zolfo si faceva a mano libera, poi si utilizzò la "caffittera", quindi con il soffietto a due mani e ultimamente con la pompa a spalla per solforare.
Tale trattamento veniva fatto tutte le volte che il tempo lo richiedeva, cioè nelle giornate di caldo umido per evitare che la vite si ammalasse di peronospora, e fu introdotto sistematicamente dopo la grave crisi vitivinicola avvenuta dal 1798 al 1801 con il "morbo nero". Nel Salento leccese nel 1904 il Prof. Ferdinando Vallese suggerì l'impiego del solforatore a soffietto “furetto” che funzionava con una sola mano.
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Lo zolfo è uno dei più antichi fungicidi usati nella difesa fitosanitaria. Viene usato contro l'oidio Uncinula necator (forma conidica Oidium tuckeri) che è un fungo che causa una malattia della piante detta oidio (fitopatogeno) della famiglia Erysiphaceae agente eziologico dell'Oidio. L'oidio colpisce la vite, le piante da frutto, le colture orticole, i cereali e la barbabietola da zucchero. Ma lo zolfo risulta anche efficace per altre malattie come la escoriosi della vite, septoriosi, fusariosi e ruggine del frumento. Esplica anche un’azione collaterale insetticida contro neanidi di afidi, tisanotteri e acaricida contro gli eriofidi del pero e della vite.
Lo Zolfo agisce allo stato elementare come vapore sul micelio e sulle spore del fungo parassita. Lo zolfo penetra nella cellula fungina, infatti, grazie alla sua capacità di sciogliersi nei grassi (liposolubilità), è in grado di rompere la membrana cellulare e di determinare la fuoriuscita dell'acqua. Ciò comporta la deficienza idrica e la morte del fungo. La sua azione, inoltre, si esplica a livello della catena respiratoria (citocromo b), dove si sostituisce all'ossigeno come accettore di elettroni; si riduce formando idrogeno solforato e impedendo, in tal modo, la formazione di ATP, con notevole perdita di energia a livello cellulare.
I primi impieghi dello zolfo contro l’oidio nelle serre inglesi risalgono al 1847. In Romagna già nel 1864 Pasqui e Franchini riferiscono che “Non v'ha oramai bottega di droghiere sull'ingresso della quale non si legga vendita di zolfo e di soffietti per l'insolforazione delle viti”
Per spargere le polveri tra cui quelle dello zolfo si usano le cosiddette impolveratrici. I maggiori difetti di queste macchine sono la circostanza che non distribuiscono la polvere in maniera omogenea e le grandi perdite per terra. Molte volte vi è l'impaccamento dello zolfo e conseguentemente l'ingolfamento della macchina, vi è anche la possibilità di autocombustione del prodotto all'interno della macchina.
Nel 1904 la Cattedra Ambulante Provinciale di Terra d'Otranto retta dal Prof. Ferdinando Vallese segnalava a tutti gli agricoltori l'opportunità di utilizzare una nuova solforatrice che veniva chiamata “La celere”. Questo attrezzo aveva le stesse prestazioni di una solforatrice a zaino con il vantaggio di avere un costo sette volte inferiore. Per il funzionamento si utilizzava una sola mano e poteva essere impiegata per lo spargimento sulle coltivazioni da difendere di qualunque tipo di polveri. Siccome bastava una sola mano per farla funzionare, con l'altra si potevano sollevare le foglie in maniera tale da trattare con lo zolfo tutto il fogliame. Naturalmente siccome non vi era bisogno di una particolare manualità per farla funzionare si poteva utilizzare indifferentemente sia la mano destra che quella sinistra e ciò consentiva un più snello impiego per la possibilità di cambiare mano oltre che una minore fatica e conseguentemente una minore stanchezza. In pratica bastava scuotere l'apparecchio per fare uscire lo zolfo e si arrivava a produrre da 200 a 250 getti al minuto, che era un orttimo risultato se confrontato con quello sei soffietti che si utilizzavano ordinariamente nel 1904 che arrivavano difficilmente a 60 getti al minuto.
La solforatrice funzionava con tutte le polveri: Zolfo naturale, sublimato e precipitato; calce, gesso, cenere .
Si aveva una grande potenza di getto perchè il soffietto era disposto in maniera tale da far agire la pressione dell'aria nella direzione che doveva prendere il getto dello zolfo. La regolazione si otteneva girando il coperchio da dove esce lo zolfo, leggerezza per il poco peso ma anche per il perfetto equilibrio che evita il difetto della falsa portata dei soffietti a due mani che erano faticosi da far funzionare.
Per riempire la solforatrice furetto bisognava togliere il coperchio che porta il tubo da dove esce lo zolfo e riempire la solforatrice tenuta verticalmente sino a metà per poi rimettere il coperchio fandolo entrare il più possibile dentro. Bisognava prendere la solforatrice dal manico di legno mettendo la mano davanti all'articolazione o tra l'articolazione e il mantice. Fatto ciò bisognava scuotere due o tre volte per eguagliare lo zolfo per tutta la lunghezza, poi si scuoteva l'impugnatura con dei movimenti alla distanza da tre a quattro volte al secondo e si imprimeva alla solforatrice un bilanciamento continuo. Quelle oscillazioni producevano un'agitazione continua dello zolfo che si trovava proiettato violentemente all'esterno per l'azione dell'aria prodotta dal mantice del soffietto. Bisognava disporre il coperchio per chiudere la solforatrice in maniera che il tubetto da cui esce la polvere si trovasse in alto, in basso o da un lato a seconda la natura delle polveri e della quantità che si voleva dare. Il prezzo del 1904 della solforatrice “furetto” era di Lire 3,00.
Concludo ricordando che lo zolfo in polvere va dato alle piante la mattina presto perchè si deve attaccare alle foglie e ciò è favorito dall'umidità della mattina. Inoltre c'è da ricordare che a temperature troppo alte (sopra ai 30°C) lo zolfo può determinare una intossicazione della pianta (fitotosicità). Comunque le alte temperature sono necessarie per la sublimazione dello zolfo e quindi per il meccanismo di azione di questo principio attivo ed è per questo motivo che sconsiglio i trattamenti di sera.
Ricordo a tutti che la distribuzione dello zolfo va fatta in assenza di vento e con adeguate protezioni specie per gli occhi e il viso.
Bibliografia
L'Agricoltura Salentina del 1904
Luigi Cavadini: L'arte del giardiniere
Maines Fernando: Le macchine per i trattamenti
Pier Paolo D'Attorre,Alberto De Bernardi: Studi sull'agricoltura italiana: società rurale e modernizzazione
G.Pasqui: Notizie Agricole da Forlì 1864 pp 164 – 165
M.Franchini: Notizie Agricole da Sant'Arcangelo di Romagna 1868 pp 329 – 330
TAPPE STORICHE DELLA VITICOLTURA [email protected]
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