Di Ennio Emanuele Piano il 20 ottobre | ore 19 : 17 PM
La vita da dittatore ha i suoi alti ed i suoi bassi (eufemismo). Quando le masse plagiate dalla disinformazione e spaventate (e debitamente tenute nell’ignoranza) ti sostengono contro il loro stesso interesse, è una pacchia. Intorno al trono si ammassano i “fedelissimi”, gli altri regimi dittatoriali ti strizzano l’occhio. Puoi persino arrivare a diventare un idolo delle masse occidentali di estrema destra e sinistra (“non c’è dio all’infuori di Allah, e Gheddafi è il suo profeta”, cantavano vent’anni fa i CCCP), basta solo accusare gli USA di ogni nefandezza e lasciarsi andare a discorsetti antisemiti. Se poi scrivi anche un libro senza titolo, ma con un colore di riferimento (rosso quello di Mao, verde quello del Colonnello), be’, sei più che a posto. Puoi vantare persino il titolo d’intellettuale (meno si capisce quello che c’è scritto dentro, più sembrerai profondo e intelligente: garantito). Questi gli alti. I bassi arrivano quando i sudditi giungono a desiderare di divenire “cittadini” come i maledetti cristiani, ebrei, hindù nei loro Paesi, e come le minoranze musulmane che vi abitano. Allora si fanno preoccupanti le richieste di apertura al “pluralismo politico”, ché il dittatore non può avere opposizione, non funzionerebbe! Il dittatore comincia così a farsi sospettoso, i militari vedendolo indebolito potrebbero tradirlo, l’età avanzata ne fa un bersaglio anche per i figli bramosi di raccoglierne l’eredità. Insomma, la vita non è più semplice come un tempo. Accade così, che preso dalla furia (e dal terrore) il nostro dittatore decida di mostrare a tutti di che “pasta” è fatto. I sudditi osano protestare? Ben venga il pugno di ferro. Strada per strada, quei “ratti” vanno schiacciati.
Il suddetto dittatore non ha nome, perché è ogni dittatore vissuto o vivente. Fortunatamente, oggi possiamo annoverarne uno in più tra i vissuti ed uno in meno tra i viventi. Gheddafi Muammar, capitano giunto al potere con un golpe militare a 27 anni nel lontano 1969, idolo dei nazionalisti serbi, eroe per Borghezio, difendibile antiamericano per il manifesto di Valentino Parlato, è morto, stamattina. Morto non si sa bene perché, scovato da un giovanotto col cappello degli Yankees (il più grande manifesto vivente in favore della globalizzazione) e dalle sgangherate truppe del CNT, con l’aiuto fondamentale della NATO e di Obama (tre dittatori caduti in un anno, chapeau Mr President).
Ora che la guerra guerreggiata è finita si festeggi pure, ne abbiamo ben donde. poi si pensi al futuro della Libia, dei libici. L’occasione è ghiotta per tutti.