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Nel cortile

Creato il 21 aprile 2010 da Lucas
a Gianfranco Fini
Nell'accidiosa primavera quando le ferie incombono
la città si svuota.
È dalle Idi di marzo che un vecchio merlo si posa
sul davanzale a beccare chicchi di riso e briciole.
Non utile per lui scendere nel cortile
ingombro di tante macchine casse sacchi racchette.
Alla finestra di fronte un antiquario in vestaglia
e due gattini siamesi. Da un osservatorio
un ragazzino rossiccio che tira ai piccioni col flòbert.
Vasto l'appartamento del grande Oncologo,
sempre deserto e buio. Ma non fu tale una notte,
quando avvampò di luci alla notizia
che il prefato era accolto in parlamento.
Tanti gli stappamenti di sciampagna,
i flash, le risa, gli urli dei gratulanti
che anche la Gina fu destata e corse
tutta eccitata a dirmi: ce l'ha fatta!
Eugenio Montale, Diario del '71 e del '72, Mondadori, Milano.
Tornando a casa stasera ho pensato al mio Eusebio e nel suo lago (non) d'indifferenza ho pescato questi versi.
Montale li scrisse (credo) in occasione della sua elezione a senatore a vita (avvenuta nel 1967). Io chiaramente li riporto con la loro particolare valenza di adesione alla realtà politica odierna (ma proprio odierna!), facendo del mio meglio nel linkare i luoghi giusti.
E poi anche con la gioia di far sopravvivere vocaboli in disuso come prefato e gratulanti.
Infine (e a parte): Montale fu eletto senatore a vita quando ancora la poesia in Italia aveva una valenza politica; perlomeno: tra i politici v'era chi nutriva rispetto e ammirazione verso la poesia, ovvero sapeva leggere versi, coglierli, valorizzarli. Il poeta era uno strumento umano che una vasta comunità di lettori usava per leggere il mondo. Oggi non è più così. La poesia non ha trovato spazio nella moltitudine dei non pensanti che preferisce tenere incollate le cuffie sul nulla. La poesia non ha più il conforto della ripetizione, non ha più potere di diventare meme - e diffondersi. Si diffondono solo grevi canzonette leggere che lasciano tracce di polvere vulcano nel proprio cervello bruciato.

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