Nel covo di Habyarimana

Creato il 22 aprile 2011 da Dragor

  Il defunto dittatore del Rwanda Juvénal Habyarimana, il capo dell’Hutu Power, il programmatore del genocidio, l’uomo che dal 1973 al 1994 ha imposto al Rwanda una spietata politica razzista con l’appoggio incondizionato della Francia, della Chiesa e il conseguente stillicidio di massacri di Tutsi culminato con il genocidio del 1994, negli anni Ottanta si è fatto costruire questa splendida dimora. Da 1 settimana il governo rwandese l’ha trasformata in museo e aperta al pubblico. Naturalmente ci sono andato subito.  Purtroppo è proibito fare fotografie. La guida e i 2 militari (che a ogni buon conto ti hanno preso i documenti in ostaggio) ti tallonano per evitare trasgressioni, ma per Dragor ci vuole altro e qualche foto sono riuscita a scattarla ugualmente. 

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   La villa si trova praticamente in campagna, 4 chilometri dopo l’aeroporto.

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   E’ circondata da un immenso giardino che sembra un parco svizzero con piante tropicali. Ci sono piscine, campi di tennis, terrazze e perfino un eliporto.

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   Al pianterreno, nel vasto soggiorno di Habyarimana, c’è un museo dell’antico Rwanda con foto, indumenti e strumenti dei Tutsi a partire dal 1900. Una sublime vendetta: situare un museo Tutsi nella casa del loro nemico giurato.  Nell’enorme dimora c’è una quantità di stanze. Si possono visitare le sontuose camere, una mansarda arredata come un casino di caccia con corna di cervo importate dall’Europa, una cappella (da buon assassino Habyarimana era un baciapile come quell’arpia di sua moglie Agathe) e perfino

                                   IL CESSO DI HABYARIMANA

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   Approfittando del fatto che la guida e i 2 militari erano distratti dalle 2 figlie di mia cognata Immaculée (da me opportunamente istruite), sono riuscito a fotografare il sontuoso bagno, i lavabo con i rubinetti placcati d’oro, la vasca triangolare e soprattutto il cesso seduto sul quale, incattivito dalle emorroidi, il buon Juvénal ha progettato il massacro di un milione di Tutsi.

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  Al limite del giardino c’è il luogo dov’è precipitato il Falcon  50  con a bordo Juvénal Habyarimana (abbattuto da un missile tirato da non si sa bene chi),  l’episodio che ha scatenato il genocidio già progettato dal dittatore. Come ho scritto nel mio post “Rwanda, per non dimenticare”, erano le 17,56 del 6 aprile 1994. in quel momento, da lontano, venne un rumore che fece tremare leggermente i bicchieri e le bottiglie sui tavoli. Un rombo di tuono, un colpo di fucile. Si sarebbe potuto scambiare per l'uno o per l'altro. E quel rumore segno' il confine. Da quel momento il Rwanda non sarebbe piu' stato lo stesso. Era scesa la notte.

  Si sale su una torretta stile lager più alta del muro di cinta e più oltre si vede un buco con intorno i pezzi dell’aereo. Incredibile, per poco non è caduto sulla casa. “La moglie Agathe ha dovuto raccogliere i pezzi di Habyarimana con un cucchiaio”  salmodia la guida .“Forse ne è rimasto qualcuno”, dice speranzosa una figlia di Immaculée, scrutando l’erba. “No, se l’è mangiato il gatto’, la disilludo.

   Purtroppo non ho potuto fare foto perché sulla torretta i 2 militari  mi sorvegliavano a vista. Ma prima o poi riuscirò a farle e potrete vedere tutto. Parola di

Dragor


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